Analfabetismo funzionale - la regressione dell'individuo

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    Forse non tutti sanno che (citando La settimana enigmistica) l ’8 settembre di ogni anno ricorre la Giornata internazionale dell’alfabetizzazione, istituita dall’Unesco nel 1965 per sensibilizzare sull’importanza dell’istruzione finalizzata appunto al saper leggere, scrivere e far di conto, come si diceva una volta. Sono passati parecchi decenni dal ’65, eppure la situazione dell’alfabetizzazione a livello mondiale è ancora critica. E c’è di più: all’analfabetismo classico, frutto del mancato accesso a un qualsiasi sistema di istruzione anche basilare, si aggiungono altri tipi di analfabetismo, come quello di ritorno e quello funzionale. Pensate che sia una cosa da Terzo Mondo? Niente di più falso. Vediamo un po’ perché.
    Alcune definizioni
    Per analfabetismo di ritorno si intende quel fenomeno per cui persone istruite a leggere e scrivere perdono le competenze alfanumeriche a causa della mancanza di esercizio. In soldoni: vai a scuola, impari a leggere e scrivere, ma poi non eserciti queste abilità fino a regredire a uno stadio di pre-istruzione.
    Si parla invece di analfabetismo funzionale quando una persona, pur sapendo leggere, scrivere e fare calcoli semplici, non è tuttavia in grado di utilizzare queste competenze in maniera efficace. La definizione del rapporto Piaac-Ocse, nella fattispecie, afferma che gli analfabeti funzionali non riescono a “comprendere, valutare, usare e farsi coinvolgere con testi scritti per intervenire attivamente nella società [si noti che buona parte di queste persone possono votare – Ndr], per raggiungere i propri obiettivi e per sviluppare le proprie conoscenze e potenzialità”. Gli analfabeti funzionali, in sostanza, non capiscono quello che leggono e hanno difficoltà a crearsi un’opinione personale suffragata da dati concreti. Questo fa chiaramente di loro persone malleabili, duttili alle opinioni altrui, prive di capacità di discernimento tra realtà e propaganda, insomma. Una bella fetta delle operazioni di marketing affonda le radici e sguazza in questo tipo di fenomeno, nostro malgrado.
    La situazione in Italia
    Se a questo punto vi sono venuti i brividi, pensate a questo dato: secondo lo Human Development Report 2009, il livello di analfabetismo di ritorno e funzionale in Italia raggiunge il 47% della popolazione tra i 16 e 65 anni e il trend è in crescita. In Europa, l’Italia è il Paese con il tasso di analfabetismo funzionale più alto, mentre la concentrazione più bassa si trova in Norvegia, dove si attesta attorno al 7,9%. Non tutta la Penisola è toccata ugualmente dal fenomeno: a stare peggio sono soprattutto il Sud e il Nord Ovest. E se il raffronto va oltre i confini europei e si allarga a tutti i Paesi del mondo industrializzato, peggio di noi troviamo soltanto il Messico.
    Nuovi linguaggi, vecchie abitudini
    Ad aggiungersi al novero delle competenze in cui siamo carenti vi è poi la mancata diffusione delle nuove competenze alfabetiche che discendono dal progresso tecnologico. Questo è tanto più vero quanto più aumenta l’età del campione di riferimento. Esiste una correlazione tra il numero di libri presenti in una casa durante lo sviluppo formativo dei futuri analfabeti funzionali? A quanto pare sì. Nel report I low skilled in Italia si sottolinea l’importanza del retroterra familiare: ben il 72,6% dei low skilled proviene da famiglie nelle cui case sono presenti meno di 25 libri. Di contro quasi la metà degli high skilled proviene da contesti familiari culturalmente “ricchi”, che vedono la presenza di più di 100 libri.
    L’analfabetismo funzionale e i giovani
    Se è facile capire perché l’analfabetismo funzionale sia molto diffuso tra i più grandi, stupisce che sia così presente anche tra i giovani. Fra i low skilled il 9,4% ha infatti tra i 16 e i 24 anni, mentre il 14,8% è costituito da giovani di età compresa tra i 25 e i 34 anni, per un totale del 24,2%: una percentuale altissima se si considera che si tratta di persone in età scolare o che comunque hanno interrotto il proprio percorso scolastico da un lasso di tempo relativamente breve. In queste stesse fasce di età si concentra anche la maggior percentuale di high skilled, così che il divario appare ancora più evidente.
    La fascia di età tra i 16 e i 24 anni è inoltre significativamente caratterizzata dall’abbandono scolastico: in Italia i 17,6% dei giovani lascia la scuola senza conseguire il diploma: il 40% di questi si colloca sul gradino più basso delle competenze culturali.
    Riepilogando…
    Se il fenomeno delle persone con basse competenze, i cosiddetti analfabeti funzionali, è correlato a certi fattori quali l’età avanzata, il possesso di un titolo di studio basso, la provenienza da un contesto culturale svantaggiato, di fatto l’analfabetismo funzionale è esteso al di là di queste specifiche nel nostro Paese: 1 italiano su 3 è infatti low skilled, ma ci sono italiani low skilled anche tra i laureati.
    Il sistema scolastico italiano, appare evidente, necessita di una revisione sostanziale. Tuttavia qualsiasi sistema scolastico, da solo, non basta a creare esseri umani consapevoli e dalle adeguate competenze: la famiglia riveste un ruolo altrettanto importante.
    Si parla tanto di analfabetismo funzionale, ma chi ne parla? Di certo chi non ne è affetto. Per molti low skilled arrivare alla fine di questo testo è al di là delle loro capacità (figuriamoci comprenderlo). Dobbiamo allora rassegnarci? Direi di no. Come per le specie in via di estinzione lo sforzo degli high skilled dovrebbe essere volto in una direzione ben precisa: non far finire l’essere umano dalle alte competenze nel cimitero dei Dodo.
     
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