Il letto di Frida

~ Slavenka Drakulić

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    "Il mio tempo non è ancora venuto; alcuni nascono postumi"

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    Titolo: Il letto di Frida
    Autore: Slavenka Drakulic
    Anno: 2011
    Editore: La Tartaruga
    Pagine: 153
    Descrizione:
    Un mattino di luglio Frida Kahlo si sveglia nel suo letto in casa dei genitori. Ha subito da poco la trentaduesima operazione, l'amputazione della gamba destra. Prova ad alzarsi, ma non ci riesce. Il suo corpo è segnato ovunque da cicatrici: sulle gambe, sulle braccia, sulla pancia, sulla schiena. Aveva sei anni quando un mattino si era svegliata con la febbre alta. Poi era arrivato il dolore alla gamba, come se un grosso animale l'avesse morsa e non volesse riaprire le mascelle. I medici dissero che era poliomielite. Frida restò zoppa. Fino a quando, il 17 settembre del 1925, diciottenne, un incidente d'autobus completò l'opera di distruzione del suo corpo. Costretta da allora su un letto a baldacchino tra dolori costanti, cominciò a popolare il suo mondo di fantasmi, a dipingere l'infermità e l'isolamento. La scrittrice Slavenka Drakulic ha saputo raccontare la tormentata esistenza di Frida Kahlo a partire dalla fine, ripercorrendo in un flusso di pensieri l'infanzia, la gioventù, gli anni del matrimonio, l'amore ossessivo per il pittore Diego Rivera, i tradimenti, la continua lotta con il proprio corpo, la forza onirica e visionaria della sua arte, il fuoco, cupo e luminosissimo, in cui visse e si spense una pittrice straordinaria.

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    Conosco solo per fama Frida Kahlo quindi questa biografia è stata una piena immersione nella sua vita. L'esistenza di questa pittrice è contraddistinta da molti tormenti e sofferenze, sia fisici che psicologici, ma la Drakulic riesce ad accompagnarci in questa vita con approfondita sensibilità senza cadere nel patetico, riesce a mostrarci i quadri di Frida come il suo tormentato e fortissimo bisogno di raccontare (ma, forse, sarebbe più adeguato "urlare") il suo dolore, la sua sete insaziabile di vita, la sua necessità di trovare forma per comunicare il dolore che incessante scandiva quasi ogni momento della sua esistenza. Una scrittura coinvolgente che ci conduce alla conoscenza della pittura della Kahlo da molti (tra cui lo stesso Breton) definita surrealista ma che a me (che non indosso vesti da critico artistico) è sembrata, invece, attingere tutta la sua potenza nella concretezza di una vita segnata dal dolore fisico. Impossibile, durante la lettura, non trovarsi a riflettere sui temi del corpo e del dolore. Insomma, un libro davvero interessante e stimolante.
     
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