La ragazza del convenience store

~ Sayaka Murata

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    Titolo: La ragazza del convenience store
    Autore: Sayaka Murata
    Anno: 2018
    Editore: E/O
    Pagine: 176
    Descrizione: La trentaseienne Furukura Keiko è single e molto introversa. È sempre stata una ragazza strana, ragion per cui ha deciso di provare a conformarsi alle aspettative della società e della famiglia abbandonando gli studi per lavorare in un konbini, un piccolo convenience store giapponese aperto 24/7.
    È qui che è impiegata da diciotto anni, con un contratto part-time. I suoi genitori e le poche amiche d’infanzia sono preoccupati per lei e sperano che presto o tardi possa sistemarsi e mettere su famiglia. Keiko, però, sembra incapace di adeguarsi alla norma, si è sempre comportata “in modo diverso”, per usare un eufemismo. Ed è con questo spirito anticonformista che paradossalmente affronta ogni cosa nell’universo circoscritto del konbini, al quale si consacra nella maniera più assoluta. Il suo posto nel mondo lo ha trovato proprio qui, dove tutto accade come se fosse scritto in un manuale ed è sufficiente attenersi alle regole per essere efficiente, la migliore commessa possibile. Finché non incontra Shiraha, un nuovo e strambo collega trentacinquenne in cerca di moglie, il quale è convinto che il mondo si sia fermato all’epoca preistorica…
    Per Keiko potrebbe trattarsi dell’occasione per lasciare il suo amato konbini e creare finalmente una famiglia, soddisfacendo le aspettative dei suoi cari? O il mondo del konbini, con le sue precisissime regole e il suo singolare valore simbolico, avrà la meglio?
     
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    Ma sinceramente proprio no, non si capisce bene dove questo libro voglia andare a parare.
    La scrittura è asciutta, poco piacevole perché quasi meccanica, artefatta nei dialoghi. Non so se questo possa riflettere un problema di traduzione, ma mi sembra che comunque le frasi siano brevi e minime, e personalmente ne dubito.
    Con i giapponesi parto sempre poco convinta perché la portata rivoluzionaria dei contenuti delle loro produzioni è pari a zero anche quando l'opera viene descritta come anticonformista. In questo caso le premesse erano buone, ma vengono toccati molti temi interessanti che, purtroppo, rimangono poco sviluppati, e si termina la lettura con un grosso senso di incompiutezza.
    La protagonista è affetta da una qualche forma di autismo (?) che però ha dei tratti di sociopatia importanti (può risultare un pericolo per la vita altrui, e non se ne accorge nemmeno). La "stranezza" della ragazza viene vista dall'interno, il che è interessante e ci fa percepire in che enorme misura gli altri possano rappresentare un'ingerenza rispetto ai propositi della propria vita, come i commenti e le pressioni sociali dominanti limitino la libertà individuale e ci portino a dover sperimentare delle soluzioni di facciata per bloccare questo continuo flusso di intromissioni moleste sotto forma di domande spesso considerate innocue e di rito. Il fatto che venga messo in discussione il considerare la vita come un'autostrada in cui bisogna fermarsi a determinati autogrill va bene, la cosa curiosa è che la realizzazione personale di Keiko avviene in un luogo di estrema conformità a regole precise (altre regole, ma comunque regole), in un mondo in cui comunque il non conforme è tagliato fuori, sebbene questa conformità rifletta altri standard, comunque non troppo dissimili a quelli esterni (efficienza lavorativa, giovinezza, assenza di tempi per se stessi, etc).
    Se questo rifugio in un castello di cristallo, in cui tutto è immutabile e il tempo non esiste, è molto coerente con le capacità e le aspirazioni della protagonista, e anche molto rassicurante nella sua routine, ciò che comunque convince poco è che l'incontro con chi davvero mette a repentaglio la ripetitività della vita di Keiko, un altro outcast, continua a non sviluppare compiutamente i temi delle trappole sociali in cui i due si trovano invischiati. Lui è uno che non si rende conto di come queste trappole agiscano in maniera differenziale su entrambi i generi, ma sono pur sempre trappoloni (il tema della disparità di genere sembra essere uno dei fulcri, ma viene solo sfiorato), le prese di coscienza vengono spesso abortite dal fatto che a lei non freghi niente di niente, e in questa specie di impasse paradossale il romanzo si incastra. Perché è vero che rappresenta bene l'interiorità di Keiko (assolutamente assente, quindi il niente), ma è pure vero che costruire un romanzo intorno al niente può risultare in uno svuotamento di contenuti (e beh, se rappresenti il niente...). È come se si caricasse di un afflato anticonformista destinato a una specie di resa, nonostante Keiko
    rivendichi sul finale la sua decisione di lavorare a vita nel konbini, ma non sappiamo come va a finire, nasce persino il sospetto che possa essere allontanata dal negozio perché presa da un attacco di mania...

    In pratica si colloca fra il viaggio nell'interiorità di una persona "ai margini" e la denuncia sociale senza essere bene nessuno dei due.

    Insomma, non condivido come al solito come possa essere balzato in cima alle vendite e il grande entusiasmo che ha accompagnato la sua uscita.

    Edited by Lyl3_Z - 22/9/2018, 13:57
     
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