detto anche l'impanicato
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Difficile per me parlare di questo libro. Mi è sembrato di sopportarlo malvolentieri per tutta la lettura, quando finalmente dopo 9/10 del libro ho avuto una scintilla, una specie di illuminazione, e mi sono reso conto di amare questo stronzo di romanzo. Nonostante io detesti le descrizioni ridondanti, e qui molte sono ridondanti, nonostante per buona parte della storia Updike sembri voler fare uno sfoggio da "classifica del miglior autore" di stupende, anzi la parola esatta è perfette, figure retoriche, nonostante (citerò Pincio che sa come dirlo meglio di me: "Può pure darsi che, come sostengono alcuni detrattori, Updike sia tutto medium e niente messaggio, che usi il suo straordinario talento per non parlare di nulla. È tuttavia una critica imprecisa. Almeno nella tetralogia, la presunta mancanza di un messaggio non è fine a se stessa, bensì volta a uno scopo preciso: osservare la mediocrità del nulla"), nonostante non mi vadano proprio a genio i romanzi che basano la propria esistenza sulle pulsioni sessuali dei protagonisti, nonostante l'assenza di un vero e proprio filo allegorico...
Eppure il punto è proprio questo: la perfezione stilistica di Updike, il suo straordinario talento nel mettere insieme un medium di una simile perfezione, immagini (metaforiche) che altrimenti non esisterebbero in natura, è questo il modo perfetto per mettere in risalto la mediocrità dell'esistenza, del nulla come dice Pincio, del vuoto come dice Updike (o il suo traduttore in questo caso, se proprio vogliamo stare attenti alle parole), di dare un senso all'esistenza umana (nel lasciargli finalmente, fuori dai denti, il permesso di non avere un senso), di farci prendere le parti di un mollaccione idiota senza palle come Coniglio, non perché noi che leggiamo siamo strettamente come lui, o ideologicamente a lui affini, ma perché con lui condividiamo lo stesso vuoto dell'esistenza e ciò che ci differenzia da lui, o da chi ci sta accanto, è la tipologia di oggetti o di sentimenti o di ideologie o di stimoli intellettuali con cui cerchiamo di riempire quel vuoto.
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