La notte del professor Andersen

~ Dag Solstad

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    Titolo: La notte del professor Andersen
    Autore: Dag Solstad
    Anno: 1996
    Editore: Iperborea
    Pagine: 166
    Descrizione:
    Solo nel suo appartamento, il professor Andersen, cinquantacinquenne divorziato, docente di letteratura all’università di Oslo, sta festeggiando con solennità il Natale: l’albero decorato, l’abito elegante, la cena tradizionale. Mentre medita sul senso di appartenenza che gli dà abbandonarsi con «semplicità infantile» a quel rito collettivo, vede da una finestra della casa di fronte un uomo che strangola una donna. Afferra il telefono per avvertire la polizia, ma poi riaggancia, non chiama, e giorno dopo giorno continua a rimandare, finché la sua esitazione si trasforma in una totale paralisi della volontà. Perché è incapace di denunciare un omicidio? Perché è sempre più affascinato dall’assassino e ne spia ogni movimento, fino al momento in cui si troveranno faccia a faccia? Un inizio da Finestra sul cortile alla Hitchcock per quello che diventa un geniale «giallo di inazione», in cui la suspense è data non dall’indagine sul delitto, ma dalla crisi del testimone e dalla sua ossessiva autoanalisi che finisce per coinvolgerci in una spirale di provocatori interrogativi. Esiste un fondamento assoluto alla morale? La letteratura e l’umanesimo sono ancora in grado di influire sulla coscienza? Non consegnare un assassino vuol dire contravvenire a uno dei cardini della società o rifiutarsi di scagliare la prima pietra? Con un romanzo esistenziale tra Čechov e Thomas Bernhard, Dag Solstad indaga sui temi di colpa e responsabilità, radicalismo e compromesso, ribellione e omologazione, chiedendosi qual è il ruolo dei valori culturali, filosofici, religiosi e morali nell’uomo e nella società di oggi.
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    Anche io, come altri, sono caduta nella rete de "La finestra sul cortile", e aspettavo a gloria la suspance e la crisi psicologica profonda del professore norvegese. In realtà (in ordine sparso) ho trovato:
    1. 20 pagine di divagazioni su letteratura, filologia e Ibsen
    2. 40 pagine di cena a casa di amici (in numero dispari, eh) con descrizione dettagliata di tutti gli invitati, rapporti familiari, lavoro ecc., senza che niente di tutto ciò avesse nulla a che fare con la trama (il fatto che il professor Andersen non riesca a confessare cosa ha visto all'amico poteva essere riassunto anche in due pagine senza tirare in ballo tanta altra gente)
    3. Due studentesse che vogliono invitare il professore ciascuna nel proprio locale (e quindi?)
    3. Il professore che tra tutti quelli che poteva incontrare (o non incontrare) in un sushi bar, incontra ovviamente l'assassino e ne diventa quasi amico.
    A tutto questo avrei preferito davvero 150 pagine di paranoie e deliri di chi ha assistito a un omicidio e non riesce a denunciarlo. Penso che forse sia proprio sbagliata la forma di romanzo, per questa storia: se si togliessero le 80-90 pagine centrali e si ricucissero banalmente le parti iniziale e finale, credo potrebbe diventare un racconto più interessante e sicuramente più leggibile.
     
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