Underworld

~ Don DeLillo

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    Titolo: Underworld
    Autore: Don DeLillo
    Anno: 1997
    Editore: Einaudi (it)
    Pagine: 886
    Descrizione: Il 3 ottobre 1951 al Polo Grounds di New York si gioca una leggendaria partita di baseball tra i Giants e i Dodgers. Della palla con cui viene battuto l'altrettanto leggendario fuoricampo che assicura la vittoria del campionato ai Giants si impadronisce un ragazzino nero di Harlem Cotter, Martin. Ritroveremo la palla cinquant'anni dopo in possesso di Nick Shay Costanza un dirigente dell'industria dello smaltimento dei rifiuti che nel 1951 era a sua volta ragazzino un passo più in là, nel Bronx. Nel romanzo di DeLillo i passaggi di mano della mitica palla servono da pretesto per la costruzione di un gigantesco quadro dell'America dalla guerra fredda fino alla crisi di Cuba e al crollo dell'Unione Sovietica.


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    Non so se è il caso di parlarne o se è meglio farmi i cazzi miei e basta.
    Mi aspettavo tanto da questo libro, tantissimo, almeno una briciola di quanto mi hanno dato quelle due grandi "scoperte" che ho fatto lo scorso anno (Wallace e Saunders).
    E vabé lo so che è ingiusto, non posso mica mettermi a fare paragoni, non posso mica chiedere a tutti i grandi romanzi dell'ultimo secolo se vogliono più bene al babbo o alla mamma. Però anche stocazzo, la delusione è cocente.
    Tutto è in sospeso, rimandato, la ricerca è aggiornata, rompete le righe, siete in licenza, tutti a ricreazione.
    Non che questo non sia un gran libro, più o meno, per carità, c'è dentro di tutto, una marea di roba che ho colto e una marea che neanche immagino, è stato (o sarebbe potuto essere) fonte di conversazione, ci sono tanti spunti, corro subito a chiacchierare di politica, di storia, di cultura con le mie amiche del golf club, o forse è troppo sinistroide per il golf club, possiamo trovarci a parlarne al club dei graffiti.
    La delusione è per quello che poteva essere, per le potenzialità che si intravedevano nelle prime pagine e nelle successive centinaia, l'idea che si sentiva tra le righe era quella di avere tra le mani un'opera in grado di chiudere il cerchio, di infuocarsi da un momento all'altro...
    ... fino all'epilogo, lì capisci che non è cosa, che finirà così, che quel collegamento non c'è, che quella sofferenza era soltanto momentanea, che quell'immagine non è destinata a fissarsi. Che è soltanto un gigantesco parto di un maestro della sua arte, senza quel pizzico di pepe che serve a renderlo geniale e al di fuori del tempo e, che cazzo, mio.
    Pace.

    Ci sono tante cose interessanti, magari le ricopierò tra le citazioni quando ne avrò voglia.


    Edited by Don'tPanic - 22/11/2015, 18:54
     
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