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Lascio che le cose mi portino altrove
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Titolo: L'omonimo Autore:Jhumpa Lahiri Anno: 2006 Editore: Guanda Pagine: 342 Descrizione: Vede la morte in faccia, Ashoke Ganguli, una notte d'ottobre, in India, quando il treno deraglia, i vagoni si accartocciano in un lampo. Lo salva il racconto che sta leggendo nell'attimo dell'incidente: Gogol, Il cappotto. Al lume della lanterna, qualcuno scorge le pagine del libro sparse per i campi: il giovane che ne solleva, con le ultime forze, qualche foglio è ancora vivo. Grato allo scrittore russo, sette anni più tardi, in America, Ashoke Ganguli decide di chiamare Gogol il primogenito appena nato. Ma quando cresce, man mano che si affaccia al mondo "nuovo", Gogol Ganguli trova insulso, fastidioso, quel nome che è un cognome, e neppure indiano. Si allontana allora dai genitotri e dalle tradizioni di famiglia, fino a che un evento tragico lo obbliga a tornare sui suoi passi.
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Iniziata la lettura! Devo dire che finora (sono a pag.90) mi sta piacendo davvero molto il modo in cui l'autrice sta descrivendo la vita dei due indiani trapiantati a Boston... la differenza tra loro e i figli piccoli, nati in America, le sensazioni di spaesamento, di mancanza sono davvero ben delineati e molto, molto realistici. Si legge che è una bellezza, speriamo continui così!
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Allora, questo libro mi ha lasciato interdetta. Parte con una storia bellissima, uno spaccato di vita emotivamente forte di una coppia di bengalesi che si trasferisce, alla fine degli anni '60, in America. Una coppia benestante, lui è un professore di ingegneria che ha conosciuto la moglie con un matrimonio combinato come tradizione impone. I primi capitoli narrano la vita di loro due, dei figli che crescono in America e sono a tutti gli effetti degli americani e impongono un'occidentalizzazione non solo alla famiglia ma anche, indirettamente, a tutta la comunità bengalese che man mano va accrescendosi intorno a questo nucleo iniziale. Qui ho trovato le scene più belle e coinvolgenti... Poi, da un certo punto in poi (più precisamente dall'anno della maggiore età, quando il protagonista decide di fare una scelta piuttosto forte) si perde totalmente. Diventa una descrizione della vita di lui, il college, le fidanzate... il rapporto con i genitori (e con loro il contrasto con la tradizione), che rimane il punto più forte della storia si perde sullo sfondo delle vicende umane: gli amori diventano il nuovo fulcro della vita di lui e conseguentemente del romanzo che però perde (almeno per me) attrattiva e smalto. Diventa un po' un pappone rivisto e riletto, i conflitti generati dal clash di culture sono sempre meno descritti e anche gli eventi tragici - che si fanno ancora più tragici per la forza di questo o quel nucleo culturale in contrasto con l'altro - quasi non vengono mostrati nella loro tragicità. Il titolo fa riferimento al nome del protagonista, che si chiama Gogol (senza apostrofo ) e, se per 1/3 del libro questo nome risulta l'effettivo nodo centrale poi a un certo punto passa in secondo piano. Diventa solo occasione per un paio di rari conflitti superficiali, riflessioni che non danno origine a niente oltre che un paio di musi lunghi. Mi aspettavo decisamente molto di più, l'ho finito con fatica, cercando di vincere la tentazione di saltare pagine e pagine e pagine piene di vuoto.
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Sono a due terzi Ellen... Appena posso commento
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Eccomi in ritardo a commentare, così mi sono scordata anche quello che avevo pensato di dire... Intanto ringrazio Ellen perché, anche se forse da sola non mi ci sarei mai avvicinata, mi è piaciuto molto! Questo mi fa piacere doppiamente, perché significa che, anche se davanti a uno schermo, qualcuno sta iniziando a capire i miei gusti in fatto di letture Venendo al libro, capisco quello che dici nel commento con lo shock "quando il protagonista decide di fare una scelta piuttosto forte", effettivamente al momento mi ha fatto un po' arrabbiare. Ed è anche vero che, col crescere di Gogol, la storia si fa meno particolare, o comunque accanto al pretesto iniziale su cui si basa l'intero romanzo iniziano a spuntare una serie di "tematiche" diverse, di meno interesse. In generale però non mi è pesato leggere neanche quest'ultima parte, e complessivamente l'ho trovata una bella storia familiare.
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A me è piaciuta molto tutta la parte legata al conflitto culturale, all'integrazione di una famiglia che viene da un ceto tutt'altro che povero o ignorante ma che comunque non riesce/non vuole adattarsi e resiste finché può - mentre le nuove generazioni invece non hanno nulla o quasi della cultura di origine, se non quello che scelgono di avere cercandolo da adulti. E' una storia universale per certi versi. Quando scende troppo nel dettaglio delle vite private sentimentali mi ha annoiato e deluso. Ma avevo immaginato che ti sarebbe piaciuto, comunque non è scritto male ma rimane pur sempre coinvolgente. Sono contenta di averci indovinato!
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5 replies since 26/7/2015, 14:26 56 views
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