Bellezza e tristezza

~ Yasunari Kawabata

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    bellezzatristezza
    Titolo:Bellezza e tristezza
    Autore:Yasunari Kawabata
    Anno:1ª ed. originale 1965
    Titolo originale 美しさと哀しみと , Utsukushisa to kanashimi to
    Editore: Einaudi
    Pagine:
    Descrizione:
    L'arte, la contemplazione della natura, il mondo dei giovani, la fragilità dei sentimenti, l'omosessualità. Ma come in tutti i libri di Kawabata il senso nascosto è lo spietato incalzare del tempo.

    CITAZIONE
    http://www.lankelot.eu/letteratura/kawabat...-tristezza.html
    KAWABATA YASUNARI
    BELLEZZA E TRISTEZZA
    Mer, 21/01/2009 - 22:32 — Movida

    “Scorse veloce il tempo. Per un uomo, tuttavia, lo scorrere del tempo non consiste forse in un’unica corrente, ma in correnti numerose e varie. Proprio come un fiume, il tempo nell’uomo scorre in un senso e in altro senso più lento; ci sono anche dei punti dove il flusso è completamente fermo. Nel cielo il tempo scorre con una velocità uguale per tutti, mentre in questo mondo esso scorre in ciascuno di noi a un ritmo diverso. Non c’è uomo che riesca a scansare il tempo, il quale tuttavia scorre diversamente per ognuno. Otoko aveva ormai raggiunto i quarant’anni, ma l’immagine di Oki dentro di lei non sembrava soggetta al passare del tempo. O forse come un fiore che scorre insieme al fluire dell’acqua, Otoko aveva camminato con un passo uguale a quello di Oki in lei. Ignorava però qual sorta di tempo fluisse per Oki. Otoko serbava di Oki una memoria intatta, ma lo scorrere del tempo aveva forse avuto un ritmo diverso per lui. Era inevitabile che il tempo fluisse per due persone in modo diverso, indipendentemente dall’intensità del loro amore reciproco” (pag. 135).

    “Bellezza e tristezza”, con un titolo suggestivamente sintetico che racchiude il velo malinconico della prosa di Kawabata, si colloca tra i romanzi meno noti dello scrittore. Pubblicato a puntate dal 1961 al 1963, conosce la stesura definitiva nel 1965, mentre contemporaneamente ne veniva trasmessa la versione radiofonica a cura di H?j? Makoto. Forte di una struttura atipica rispetto alla generalità della sua produzione conosce maggiore fortuna nelle trasposizioni cinematografiche, due per la precisione, una nel 1965 tutta giapponese ad opera del regista Masahiro Masada e l’altra del 1985, relativamente più recente, occidentalizzata dalla regista Joy Fleury che vede tra i protagonisti Charlotte Rampling e Andrzej Zulawski,in versione attore.

    Kawabata regala un’opera su commissione in cui la tensione narrativa più strutturata prevale sui tocchi surrealistici che rappresentano il nucleo portante del suo stile. Eppure la sottile linea che unisce tutta la sua produzione, con le sue tematiche, vi si ritrova camuffata dalle tracce pittoriche in cui immerge il lettore e da un’equilibrata scia erotica che non prende mai il sopravvento. Kawabata, in sintesi, cambia registro solo formalmente, provocando così la critica a tentare altre soluzioni, altre interpretazioni dei mezzi di cui si serve per architettare il romanzo.

    La storia che rincorre il tempo e la memoria di una generazione cela anche un viaggio fisico del tutto casuale che porta nuova linfa alla conoscenza di terre dalle mille ricchezze. Kawabata si diletta così, tra una pagina e l’altra, nel disseminare tracce di storia e con essa di cultura, tenendo fede alla promessa fatta a se stesso nel dopoguerra di far conoscere al mondo la bellezza del Giappone. Il mondo dell’arte, nelle sue molteplici forme, lega con un filo invisibile i suoi protagonisti.

    Yukio Oki è uno scrittore cinquantenne famoso per il suo romanzo autobiografico “La sedicenne” in cui descrive con tocchi di profonda passione l’amore giovanile per l’adolescente Otoko Ueno. Non si sono più visti da quel magico tempo. La ragazza aveva avuto una figlia prematura morta prima che potesse vederla e quell’esperienza, unitamente all’abbandono di Oki, già sposato, l’aveva portata alla follia e alla conseguente chiusura in un ospedale psichiatrico. Dopo aver superato il momento più tragico, Otoko non aveva più avuto relazioni con altri uomini, dedicandosi unicamente alla carriera artistica.

    All’età di cinquant’anni Oki è ancora marito infelice di una donna che gli ha dato due figli e ricorda con calore e rimpianto la donna conosciuta più di vent’anni prima. Otoko rivive ogni giorno l’amore con Oki attraverso le pagine del suo romanzo che ha reso immortale il loro incontro. La fiamma si riaccende in lontananza a causa di Keiko Sakami, la giovanissima allieva di lei, con cui vive una relazione oscura ed inquietante. Keiko riesce ad incontrare Oki grazie ad un espediente, ma la sua mente si fissa sull’unico obiettivo possibile, la vendetta in onore della sua maestra. Seduce così prima Oki e poi il di lui figlio, Taichiro, portandolo all’evento più drammatico: la morte. Come l’anziano scrittore un tempo aveva fatto perdere la figlia ad Otoko, così Keiko si era resa protagonista nella strategia vendicativa facendo impazzire di dolore ?ki e la moglie Fumiko.

    “Oki sentiva affiorare la solitudine che stagnava in fondo al suo cuore dove continuavano a fluttuare pensieri incerti” (pag. 4).

    Il romanzo inizia con una descrizione del viaggio del 29 dicembre sulla linea ferroviaria Tokyo-Kyoto. Oki vuole ascoltare dal vivo le campane dei templi di Kyoto nella notte in cui l’anno vecchio lascia il posto a quello nuovo. Le campane del Nord e del Sud suonano 108 rintocchi per ricordare la tradizione buddista delle 108 passioni dell’uomo che lo vincolano alle cose terrene, ostacolandone la salvezza. Oki ha obbedito all’impulso irrefrenabile di incontrare, ancora un volta, Otoko ma, una volta arrivato a destinazione, l’impeto si smorza. Tentenna, divaga, ma ogni gesto si fa sempre più vivo portandolo indietro negli anni, in un continuo flashback sul suo passato, finché il flusso della memoria si fa incontenibile: “Che cosa sono i ricordi? Si domandò Oki. Che cos’era quel passato che gli appariva così prossimo? Quando Otoko si era trasferita a Kyoto con la madre, Oki si era detto che tutto era finito ormai. Ma la loro storia era davvero finita? Oki aveva continuato a tormentarsi per aver rovinato la vita di Otoko, impedendole di sposarsi e di avere figli. In tutti quegli anni lei, che era rimasta nubile, che cosa aveva pensato di lui? Oki non conosceva un’altra donna di carattere più forte. Che i ricordi fossero tanto vividi ancora oggi, non significava forse che la loro storia non era ancora finita del tutto? Non era la prova che Otoko aveva continuato a vivere e tuttora viveva dentro di lui?” (pag. 14).

    Il ricordo è il tema dominante del romanzo, insieme alle molteplici facce dell’amore, da quello dolce e appassionato della giovinezza tra Oki ed Otoko a quello virulento ed ossessivo di Keiko verso Otoko, da quello geloso e freddo di Fumiko e Oki a quello ingenuo e illuso tra Taichiro e Keiko. Sono amori intrecciati che si rincorrono ma che nascondono sotto le ceneri una visione molto più ampia che coinvolge la nostalgia dei tempi passati, in quella sintesi che trova una similitudine nel titolo dell’opera di Marcel Proust “Alla ricerca del tempo perduto”. Kawabata mette a confronto generazioni (e, quindi epoche) idealizzate che non si toccheranno più se non negli istanti finali, in cui il tragico evento che li vede protagonisti marginali non ha che un significato: non si può più tornare indietro. Il legame ideale, puro e perfetto, è perduto per sempre perché la vita è una visione di bellezza e tristezza trasposta negli elementi strutturati del romanzo, la memoria e l’arte. Per ?ki è così, il ricordo vive in lui come la scrittura in cui ha cristallizzato un dono prezioso, quale l’amore perduto idealizzato, in un titolo, “La sedicenne”, similare ad uno scritto autobiografico di Kawabata “Diario di un sedicenne”: “che rapporto aveva, d’altra parte, la Otoko descritta dalle parole di Oki con la Otoko della realtà? La verità probabilmente nessuno avrebbe mai potuto saperla” (pag. 24). La medesima considerazione vale anche per Otoko la cui memoria continua ad essere sempre viva grazie a quel romanzo e fissata dalla sua pittura tradizionale.

    Di Oki non si riesce ad avere una precisa definizione perché nessuno dei protagonisti ne riesce a dare un giudizio oggettivo, al di fuori delle pulsioni che riesce a suscitare. Solo la madre di Otoko lo aveva descritto, prima di morire, come un veleno da cui liberarsi, ma la figlia espelle questa visione insieme alla bambina nata prematura. Kawabata, come nel suo stile, si sofferma sulle figure femminili presentandone i diversi aspetti grazie alle donne fondamentali del suo romanzo: Otoko, pura e appassionata, spezzata dalla vita e sensibile fino alla fine, l’oscura e vendicativa Keiko, la gelosa Fumiko.

    Quest’ultima è una figura sfuggente, di cui non si riesce ad aver compassione, nonostante rappresenti la figura dell’amore tradito su cui si accanisce la crudeltà di un romanzo famoso. Fumiko è anche la madre attenta che avverte il pericolo a cui va incontro il figlio Taichiro innamorato dell’allieva di Otoko, Keiko. Non è solo la vicinanza e la relazione con l’antica rivale a preoccuparla, ma il sesto senso tipico delle madri che percepisce l’anima perversa della ragazza.

    Keiko, infatti, è il personaggio oscuro che si avvicina alla follia selvaggia e contraddittoria che si era sviluppata in “Il paese delle nevi”, ma reso ancora più oscuro dalle inquietudini del personaggio indifeso di Otoko. La personalità di Keiko cresce di pari passo all’oscurità della sua mente che si svela nella costruzione di una vendetta mostruosa, tutto in nome di un amore immaturo e malato. Il contrasto tra le due donne si riversa nella pittura, tradizionale per Otoko, moderna per Keiko. Le descrizioni positive e tranquillizzanti nel primo caso rendono l’idea di quella visione più ampia che contrappone il passato al presente del Giappone. Kawabata inserisce la figura fluttuante di Otoko nella sua volontà di espiazione che la porterà alla significativa perdita dell’equilibrio tanto a lungo mantenuto. La donna vive in un ricordo che si fa sempre più vivo, attraversato dai luoghi dei ricordi, ma ancor più dalle rappresentazioni pittoriche che qui hanno una valenza fuori dal comune, in pagine di raffinata sensibilità. Si assiste così alla rappresentazione mentale di un intreccio tra le icone buddiste del “Sacro Infante” a figure cristiane quali “L’ascensione del bambino”, il quadro che Otoko non riesce a completare, perché in quell’opera rivede la storia della bambina che non ha mai conosciuto: “desiderava rappresentare nell’immagine la pietà e l’affetto verso quell’esistenza ormai priva di qualsiasi forma tangibile. Aveva desiderato per lunghi anni di dipingere quel quadro, e l’immagine in lei si era impressa quasi in una visione onirica, che le tornava di quando in quando nei momenti di sconforto. Il quadro doveva descrivere anche lei stessa attraverso le vicende vissute negli anni, la bellezza e la tristezza del suo amore per Oki” (pag. 136).”





    EDIZIONE ESAMINATA e BREVI NOTE

    Yasunari Kawabata nasce ad Osaka nel 1899 e muore suicida nel 1972. Solo quattro anni prima, nel 1968, gli era stato conferito il Premio Nobel per la Letteratura.

    Kawabata fonda nel 1924 con Riichi Yokomitsu ed altri intellettuali la Shinkankakuha (Scuola della nuova sensibilità) a cui segue la pubblicazione della rivista Bungei Jidai (Epoca letteraria). A quell’epoca conosce Kan Kikuchi, scrittore e saggista che lo supporta anche finanziariamente nominandolo poi redattore di riviste, Shinshicho, Bungei Shunju. Nel 1942 è redattore della rivista Bungei Konwakai e direttore della Nippon Bungaku Hokoku Kai (Società patriottica letteraria giapponese) e, quindi, giudice del premio letterario Akutagawa. A Kikuchi chiede anche i soldi per un matrimonio che non venne mai celebrato, perché la donna di cui era innamorato lo abbandonò devastando ancor di più la sua anima tormentata. Il secondo conflitto mondiale lo travolge, nonostante dichiari sempre la sua indifferenza alla guerra, soprattutto con la morte del suo mecenate e dei suoi amici più cari. La sconfitta lo cambia profondamente come scrittore. Da quel momento il suo impegno è quello di preservare la bellezza giapponese e di diffondere la cultura della sua terra nel mondo. Diventa quindi Presidente del PEN club nel 1948, che gli dà l’opportunità di incontrare letterati in tutto il mondo.

    Nel 1945 fonda la kamakura Bunko, la biblioteca circolante di kamakura. Ed è questa che pubblica i primi scritti di un giovane scrittore di nome Yukio Mishima.

    Grandi successi di Yasunari Kawabata furono romanzi come “Il suono della montagna”, “La casa delle belle addormentate”, “Il maestro di go”, “Il paese delle nevi”, “Mille Gru”. Questi, a cui si aggiunsero i numerosi racconti, riuscirono ad aprirsi un varco nel panorama letterario internazionale, influenzando sempre più nuove generazioni di scrittori. In Giappone molti testi di Kawabata conobbero anche l’adattamento cinematografico. In Francia, invece, anche “Bellezza e tristezza” divenne un film di Joy Fleury (1985) con Charlotte Rampling.

    Kawabata Yasunari, “Bellezza e tristezza”, Torino, Einaudi, 1994. Traduzione a cura di Atsuko Ricco Suga.

    Prima edizione: “Utsukushika To Kanashimi To”, 1965.

    Movida, 24 giugno 2005.

    Originariamente apparsa su Lankelot.com.
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    Il nulla.
    Questo libro è il nulla, parla del nulla, è prolisso e palloso.
    L'ho odiato dalla prima all'ultima parola.
     
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  3. MagentaMist
     
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    Ci credi che ho pensato la stessa cosa quando lo lessi? ._. Non mi lasciò assolutamente niente, me lo ricordo solo come una grande delusione (me l'avevabo descritto come bellissimo e profondo).
    Ho letto la recensione che pensavo avessi scritto tu e mi son detta "boh eppure abbiamo gusti simili, forse dovrei rileggerlo"... invece a quanto pare proprio no :D
     
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    Anche qui mancava il commento finale.

    Ho faticato infinitamente a leggere questo romanzo che ai miei occhi è parso più che altro un polpettone melenso e sdolcinato, carico di introversione giapponese - quel tipo di spirito e di tono che detesto anche nei romanzi contemporanei.
    Della narrativa giapponese apprezzo sicuramente altri aspetti, ma fatico a digerire quest'atonia affettiva che ritrovo un po' in tutti gli autori. Questo in particolar modo è considerato uno dei maestri della narrativa orientale e in effetti posso garantire che è emblematicamente atonico.
    Da suicidio.
     
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3 replies since 16/6/2014, 17:25   95 views
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