Il vino della solitudine

~ Iréne Nèmirovsky

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  1. Meng
     
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    9788845925665g

    Titolo: Il vino della solitudine
    Autrice: Irène Némirovsky
    Anno della prima uscita: 1935
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    ***

    Come si può leggere nel risvolto della copertina, questo libro è il più autobiografico della Némirovsky. Parla della sua infanzia, del suo rapporto conflittuale con la madre, della sua amara solitudine. La dedica: Di Irène Némirovsky per Irène Némirovsky è chiara. Dalla sua frase: da un’infanzia infelice, non si guarisce mai, ammetto che mi aspettavo un libro pieno di malinconia, quella tenera, per un qualcosa che non si è potuto avere anche se più che legittimo. Invece, mi ha spiazzato l’odio che ho trovato, profondo, come solo quello dei bambini può talvolta essere. Un odio per quella madre che non la voleva, che la trascurava, che cercava conforto tra le braccia di un amante più giovane di 20 anni. Per quel padre che è fuggito per non vedere e ha voluto sempre vivere così, rifugiandosi nel gioco e negli affari. Quell’odio che non è mai davvero passato, anche se poi si è trasformato in rancore, ma solo dopo aver ottenuto una sua inutile, oserei dire, vendetta. Quella figura di donna che ancora più chiaramente e approfonditamente incontriamo anche in Jezabel. Non so perché, ma penso che sarebbe stato meglio se avessi letto altri libri in mezzo, prima di questo… È un libro così triste, presenta un ritratto di famiglia disperato e anche la piccola Hélène, non volente, ne viene fagocitata. Si troverà a competere con la madre, fin quando ella non diventerà vecchia e poco desiderabile ormai. Poi farà la sua scelta, ma solo alla fine. Nonostante mi dispiacesse per lei, non ho saputo compiangerla veramente…

    In poche parole: la scrittura della Némirovsky è stupenda come sempre, la storia, invece, non mi ha coinvolta come mi aspettavo. O forse l’ha fatto, ma in senso negativo. Mi ha lasciato tanta tristezza e anche qualche pizzico di angoscia… per la superficialità che aleggia in tutto il romanzo, per la ricerca continua di un qualcosa che non viene mai raggiunto, per la miseria umana descritta. Promossa lo è sempre, ma in questo caso non riesco a darle pieni voti.
     
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    Il terzo libro della Némirovsky che leggo, devo confessare che sono stati tutti e tre per certi versi molto simili (Jezabel e Il ballo, gli altri). Aleggia solitudine angosciante e, come dice Meng, una superficialità emotiva e una freddezza spaventose...
    Scritto con uno stile che ormai ho imparato ad apprezzare, mi è pesato moltissimo il distacco che si percepisce dall' "umanità" inteso come sentirsi parte del mondo, sembra celarsi dietro tutti i personaggi un'incomunicabilità totale: ognuno è chiuso nel suo mondo, non prova empatia, non prova nulla se non riferito a se stesso....
     
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1 replies since 1/12/2011, 21:50   50 views
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