In terre lontane

~ Walter Bonatti

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    jpegTitolo: In terre lontane
    Autore: Bonatti, Walter
    IBS
    recensione di Ferrari, M., L'Indice 1998, n. 3

    Quando scese dalla vetta del Cervino, in quel generoso pomeriggio di trentatré inverni fa, Walter Bonatti sapeva che non avrebbe mai più scalato nessun'altra montagna "estrema". Sedici anni di alpinismo si erano accumulati dentro di lui, e il suo intuito aveva capito che era arrivato il momento di fermare la corsa. Troppe volte era passato indenne a un soffio dalla morte. Troppi compagni erano morti al suo fianco. Aveva trentacinque anni, e dopo tre giorni di solitudine (lungo una via nuova sulla parete nord) trovò telecamere, microfoni, e milioni di sguardi puntati sul suo volto segnato dall'immensa fatica di una delle più spaventose imprese di tutti i tempi. Trovò un mondo apparecchiato a festa, e l'oro della medaglia che il presidente della Repubblica (Giuseppe Saragat) gli appese al collo. Con quella scalata finì un'epopea, si dice oggi a ragione: l'alpinismo presto si sarebbe trasformato, non avrebbe più avuto un'impronta esplorativa (anche perché il terreno inesplorato almeno sulle Alpi si andava esaurendo), e avrebbe intrapreso le strade della specializzazione acrobatica, dell'avventura sportiva, della corsa ai record. Lui, Bonatti, non volle inciampare in un percorso alternativo alla sua etica originale, e così, dopo l'abbandono, la sua immagine si cristallizzò per sempre in quella del cavaliere solitario di un mondo ormai finito. Non è facile parlare oggi di Bonatti come autore di libri (nella sua carriera ne ha venduti centinaia di migliaia in tutto il mondo occidentale) prescindendo dal suo ruolo di protagonista vivente: Bonatti è prima di tutto il protagonista di un'epoca e poi il narratore di se stesso.
    Negli anni sessanta Bonatti era considerato l'alpinista più forte del pianeta. Le sue scalate, quando l'alpinismo esercitava ancora una lunga eco nell'immaginario del pubblico, riempivano con immancabile puntualità le prime pagine dei giornali. E mentre lui scalava c'era spesso un giornalista ad attenderlo alla base della parete. Era poco più che un adolescente quando salì in un'unica stagione le più temute pareti delle Alpi: la Nord-ovest del Pizzo Badile, la Ovest della Aiguille Noire e la Nord delle Grandes Jorasses. Nel 1951 gli italiani leggevano sulla stampa della sua via nuova sulla Est del Grand Capucin. Nel 1955 (Bonatti aveva solo venticinque anni) dell'apertura in solitaria di una via sul pilastro ovest del Petit Dru che lo aveva incoronato agli occhi del mondo intero come re dell'alpinismo estremo. In inverno tante altre imprese, tra cui quella sullo sperone Walker alla Nord delle Grandes Jorasses, e appunto l'ultima, la Nord del Cervino. Bonatti cavalcò quel successo superando il suo stesso ruolo di alpinista e diventando l'icona di un inedito stile di vita, che la gente avrebbe identificato con il neologismo "bonattismo". "Bonattismo", dopo il Cervino, significava cercare i silenzi di spazi disabitati ai limiti del mondo, significava andare tra le fiere senza armi, e raccontare a tutti che i confini dell'avventura potevano essere superati attraverso la creatività e l'entusiasmo. Il direttore di "Epoca", Nando Sampietro, gli diede carta bianca, e lui iniziò a tenere corrispondenze dai luoghi più remoti del pianeta. Con la sua macchina fotografica e il taccuino (per scrivere in presa diretta), iniziò a vagabondare per luoghi all'epoca ancora poco conosciuti. Si caricò su una canoa un mese di viveri, un fucile Husqvarna (che buttò via subito per una scelta etica), e andò incontro al grizzly del Klondike sul fiume Yukon, agli orsi kodiak del Grande Nord. Poi, Capo Horn, l'Africa Nera, la Barriera corallina, il mare di sabbia dei deserti australiani e americani. Senza il diaframma delle armi allungò la mano ai gorilla di montagna e ai draghi dell'isola di Komodo. Alla tigre di Sumatra e ai pigmei, agli uomini della giungla e ai leoni africani. La lunga via di Bonatti, e le sue corrispondenze per "Epoca", durarono quattordici anni, ed è così che oggi nasce il suo tredicesimo libro, "In terre lontane": dai tanti segmenti di quel suo unico e indimenticabile viaggio intorno al mondo. È una prosa intrisa di realismo, frasi come fotografie che inseguono i passi del protagonista sul fondale della narrazione in prima persona. Ma al di là di ogni giudizio formale e della straordinarietà delle avventure raccontate, ciò che più impressiona di questi scritti è l'accento posto dall'autore sul rapporto uomo-animale: "Mettersi di fronte a una tigre nella giungla, e senza imbracciare un fucile, potrebbe sembrare lì per lì un gioco irragionevole, una specie di roulette russa, ma se a questo si arriva per gradi... la cosa diventa allora completamente diversa e positiva".


    Attività pubblicistica di Bonatti

    "Le mie montagne", Zanichelli, 1961.
    "I giorni grandi", Zanichelli, 1971.
    "Processo al K2", Baldini, 1985.
    "Un modo di essere", Dall'Oglio, 1989.
    "Montagne di una vita", Baldini & Castoldi, 1995.
    "K2, storia di un caso", Baldini & Castoldi, 1996.
    "In terre lontane", Baldini & Castoldi, 1997.
    Dalla metà degli anni sessanta si dedica alle grandi esplorazioni del pianeta pubblicando numerosi reportage sul settimanale "Epoca" e diversi libri fotografici.
    A Torino dal 20 febbraio al 10 marzo presso il museo della montagna è aperta una mostra dal titolo "Fermare le emozioni" sui reportage dell'alpinista.



    Stima per Bonatti... per il povero Bonatti :° :°
    Leggerò spero spero presto.
     
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0 replies since 15/11/2011, 22:43   47 views
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