La morte dell'erba

~ Samuel Youd

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  1. Meng
     
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    Titolo: La morte dell'erba
    Autore: Samuel Youd (sotto lo pseudonimo John Christopher)
    Anno della prima uscita: 1956
    Editore: Mondadori

    Al momento difficilmente/non reperibile!

    Il romanzo tratta dell'imbarbarimento della società in seguito al diffondersi del virus Chung-Li, il quale colpisce e distrugge irrimediabilmente tutti i tipi di quella che sinteticamente e definita "erba", in dettaglio tutte le piante erbacee appartenenti alla famiglia delle Graminaceae, tra cui il comune foraggio erbaceo da graminacee, il mais, il miglio, il sorgo, la segale, l'orzo, il riso ed il grano, causando così la lotta globale per l'accaparramento delle scorte alimentari. Il protagonista del romanzo combatte per raggiungere la valle del fratello che rappresenta la salvezza, dove contro l'ottimismo delle autorità mondiali e la distruzione folle delle risorse, si sono isolate e difese le rimanenti piante alimentari, non appartenenti alla famiglia in argomento.

    ~ Leggi la scheda approfondita
    Biblioteca Galattica


    Edited by °Ln - 18/2/2013, 15:39
     
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    Iniziato ieri... nessuno di voi l'ha letto? Ero convinta che avrei trovato mille recensioni...
     
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  3. N. Zyme
     
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    Ho un commento su anobii, appena mi metto al pc lo trascrivo. Io l'ho trovato un libro di rara bruttezza ._.
     
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    Io sono solo al 50%. Non ho visto recensioni sul forum e pensavo che nessuno l'avesse letto anche se mi puzzava. Io sono perplessa su un punto: le graminacee non sono il 100% delle piante. Sembra che sparito il grano e la gramigna il mondo sia destinato a diventar nero. E le altre solanacee, oltre le patate? E i legumi? E gli alberi? E cucurbitacee, brassicacee ecc? Insomma mi disturba il calco grass/grass (che in inglese significa sia erba in senso lato che solo le graminacee).

    CITAZIONE (N. Zyme @ 5/2/2015, 10:12) 
    Ho un commento su anobii, appena mi metto al pc lo trascrivo. Io l'ho trovato un libro di rara bruttezza ._.

    Sì. se Anobii me lo facesse trovare mi piacerebbe leggerlo -.-

    Comunque mi piace per ora perché è abbastanza veloce nello svolgimento, anche se in qualche passaggio lo trovo pallosetto e l'età pesa molto soprattutto nel terrore atomico (la soluzione pensata è talmente drastica da essere quasi ridicola) e nel ruolo delle fanciulle. Senza contare il contrasto città/campagna e la stereopatizzazione di David contadino super saggio e misantropo.
    Però mi piace la parte della fuga vera e propria, mi piace come sta descrivendo il lento scendere nella barbarie...
     
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    Io lo lessi, ma non ricordo se ci scrissi qualcosa sopra.
    Faccio un giro e controllo.

    Era il 2008... due stelle che, con i vari cambi di aNobii, forse era una sola...
    CITAZIONE
    Mi aspettavo di meglio, invece ho fatto fatica a portare a termine la lettura.
    Forse per colpa dello scenario apocalittico quasi stereotipato, o della resistenza dei pochi contro chi cerca di invadere il piccolo angolo felice.
    Più di una volta ho avuto la tentazione di abbandonarlo.
     
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    Ok, a me sinceramente alla fine non è dispiaciuto.
    L'ho letto con tutte le riserve del caso, ma non mi sono fatta fuorviare dalla mia fissazione botanica...

    Allora, secondo me pur essendo abbondantemente datato (mezzo secolo è tanta roba) è un libro che sta in piedi dignitosamente. Le pecche che ha sono più che altro legate all'età. Magenta critica il ruolo che (non) hanno le donne lungo tutta la narrazione e concordo sul fatto che siano delle mere comprimarie, senza volontà/dignità/diritto... senza profondità alcuna. Ma in questo forse il peso degli anni si fa più sentire... del resto una donna inglese che negli anni '50 si mostrasse un minimo indipendente o intraprendente (non intendo zoccola, come Millicent) sarebbe stata più stonata di una la cui massima aspirazione è cucinare in maniera razionale le provviste -_- certo che però per noi oggi la cosa è fastidiosissima. Però ecco, per me ha giocato un ruolo marginale.

    Mi è piaciuto invece il graduale scendere nella barbarie, gli eventi sono "veloci" perché a ben vedere, a parte l'introduzione, i fatti cruciali si svolgono in soli due o tre giorni. Si passa dalla civiltà londinese alla paura e all'anarchia delle bande in un attimo. E tra tutti i libri che ho letto questo è stato forse quello che ha saputo descrivere questa fase intermedia in maniera concisa ma allo stesso tempo riuscendo a cogliere gli aspetti più significativi. Spesso infatti nei libri catastrofici gli eventi vengono presentati in una fase posteriore, quando ormai la società si è in un certo senso stabilizzata sulla catastrofe, non sono molti quelli che descrivono proprio la fase di affondamento (non che sia l'unico, penso solo a The stand come esempio di descrizione in diretta del crollo dell'umanità)....Insomma, non lo definirei un libro da "the day after", come ho visto in qualche recensione, ma piuttosto "the day itself".
    In tutto questo il leggero e poi sempre più rapido abbandono delle remore e degli scrupoli da parte di John e compari (anche se praticamente solo il percorso interiore di John è quello che viene descritto in maniera approfondita) secondo me colpisce nel segno e va a stimolare proprio i punti giusti.

    Altra cosa, l'enormità delle reazioni governative: anche lì contestualizzerei, sono passati solo 10 anni dalle atomiche sul Giappone, gli americani non avevano avuto dubbi sullo sganciarle. Adesso per noi sono un'enormità, ingiustificabile e sproporzionata, ma secondo me all'epoca il timore che potesse essere considerata ancora un'alternativa valida era tale da non farlo apparire come una smargiassata inverosimile...
    Comunque anche il discorso radio-tranquillizzazioni-impossibilità di accedere alle info secondo me è stato gestito bene... Appunto, anche qui sempre scendendo verso una parabola dalla normalità al caos totale.

    E poi di fondo mi è piaciuta l'idea del virus che attacca le piante, e da lì va a minare tutta la società umana...
    Insomma, io tre/quattro stelle gliele darei ;)


    PS: dalla recensione di Magenta direi che abbiamo notato le stesse cose ma le abbiamo interpretate in maniera opposta :D
     
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    Sembra quasi che abbiamo letto due cose diverse...
     
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    Infatti... Ci siamo fatte idee completamente diverse!
    Forse anche perché mo' era tanto che non leggevo scifi / distopie e per cui mi sono trovata abbastanza "fresca"... non ci ho trovato pesantezze, tipo stereotipi troppo pesanti... Sì, bè, di descrizioni simili ce ne sono molte, ma poche mi pare che nascano "dal basso"... quasi tutte sono scenari post atomici (tipo La strada), o comunque dopo una guerra, oppure dopo l'innesco più o meno accidentale di armi batteriologiche...
     
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  9. N. Zyme
     
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    A me la cosa che ha dato più fastidio è stato in verità l'intento didascalico, sembrava che il libro trasudasse un senso di "ecco, adesso ti spiego e ti insegno io come vanno le cose se succede questo", con la presunzione di uno che la sa lunghissima, invece è tutto frettoloso e scarno.
    Sulle donne... capisco il tuo punto di vista, ma mi viene in mente che sono molto più vivide e presenti le donne di un Raymond Chandler che le sue; parliamo di romanzi diversissimi, però è antecedente, e dire che è un autore con personaggi parecchio stereotipati, anche abbastanza granitici ma che fanno presenza, e qui credo che c'entri la sensibilità dell'autore, ma anche la sua capacità di osservare il mondo circostante e riportarlo su carta (cosa che secondo me Christopher non è capace di fare... e niente, non andiamo d'accordo io e lui :P ).
    Ribadisco poi il nulla totale sul panorama ecologico...
    le letture che ho affrontato nella sfida apocalittica di fantascienza anni '50 in generale mi hanno fatto cadere le braccia, spesso le ho trovate banali, eppure si tratta di gioielli usciti anche con Urania Collezione. Da lì ho capito che mi sa che è meglio che io chiuda i battenti a parecchie storie di fantascienza di quell'epoca.
     
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    il nulla totale sul panorama ecologico...

    è la cosa che fa storcere il naso anche a me. Scrivi un libro su un virus che attacca le piante e non approfondisci di una virgola il fatto che esiste un mondo oltre le graminacee. Odio.
    In generale negli anni '50 era tutto "più semplice", meno necessità di produrre qualcosa di essenzialmente verosimile... tutto molto esagerato e abbastanza alla buona. Per cui questo, come figlio dei suoi tempi, io l'ho salvato. Se fosse uscito nel 2013 sarebbe da stroncare brutalmente, ma appunto, mezzo secolo è mezzo secolo secondo me...
     
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    Negli anni 50 la semplicità dipendeva da chi scriveva.
    A me è sembrato che il virus erbaceo fosse solo una scusa, avrebbe potuto usare qualsiasi cosa, e che l'obiettivo era rendere il crollo della società.
    Per me ha fallito su tutti i fronti.
     
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