La peste scarlatta

~ Jack London

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    Titolo: La peste scarlatta
    Autore: Jack London
    Anno: 1912
    Editore: Adelphi
    Pagine: 94
    Descrizione:
    Nell'anno 2013, in un mondo dominato dal Consiglio dei Magnati dell'Industria, scoppia un'epidemia che in breve tempo cancella l'intera razza umana. Sessantanni dopo, nello scenario post-apocalittico di una California ripiombata nell'età della pietra, un vecchio, uno dei pochissimi superstiti (e a lungo persuaso di essere l'unico), di fronte a un pugno di ragazzi selvaggi - i nipoti degli altri scampati - riuniti intorno a un fuoco dopo la caccia quotidiana, racconta come la civiltà sia andata in fumo allorché l'umanità, con il pretesto del morbo inarrestabile, si è affrettata a riportarsi con perversa frenesia a stadi inimmaginabili di crudeltà e barbarie. "La peste scarlatta" è uno dei grandi testi visionari di Jack London, che qui ancora una volta anticipa temi che, un secolo dopo, diventeranno ossessivi.


    Edited by K.E.R - 20/3/2020, 19:28
     
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    In realtà è un racconto e neppure tanto lungo.
    In realtà il protagonista, quasi ottantenne, racconta ai propri nipoti (discendenti suoi e dei pochi sopravvissuti) di come la razza umana è stata quasi spazzata via da una misteriosa epidemia.
    In una cinquantina di pagine London non riesce a creare il pathos necessario ad impressionare il lettore e la continua discussione tra i ragazzini (figli di una umanità ripombata all'età della pietra in sole tre generazioni) e il vecchio, che parla con termini strani di un tempo che i ragazzini non riescono ad immaginare e che ritengono noioso e falso, diventa dopo un po' noiosa.
    Non c'è finale degno di nota, si presume - per le previsioni del protagonista - che prima o poi la razza umana risorgerà dalle ceneri, per poi ripercorrere il ciclo distruttivo innescato dalla sovrappopolazione.
    La visione del futuro (presente per noi, visto che i fatti collegati all'epidemia si svolgono nel 2013) è ancora legata al mondo di inizio '900, molto all'antica rispetto alle vere conquiste fatte nell'ultimo centinaio di anni, ma la descrizione dell'incapacità di affrontare la misteriosa epidemia è forse il dettaglio più reale di tutta la narrazione.

    Un po' più lungo, o più articolato, e sarebbe stato decisamente più interessante.

    3/5 (7/10)

    Edited by taksya - 6/9/2012, 17:24
     
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    Iniziato e finito.
    Un lungo racconto e un tentativo di tramandare alle nuove generazioni.
    Ci si ritrova abbastanza di ciò che stiamo vivendo: assembramenti, diffusione e scarsa conoscenza, nonchè paura dell'ignoto.
    L'abitudine di trovare tutto a portata di mano: il cibo e il contatto umano diventano da scontate a essenziali. Le società che si ribaltano così come i ruoli imposti dalla civiltà. Tutto perde di importanza e si ritorna alle vecchie e brutte abitudine (e quando mai si sono lasciate?) come l'ignoranza e la superstizione.
    Lettura interessante se considerata sia stata scritta nel 1912, ambientata in un passato (2012) ai noi molto vicino e visto con gli occhi di un uomo di inizi secolo. Contorto ma efficace.
    Qualche brivido mi è salito pensando che quasi 6 anni più tardi sarebbe arrivata la spagnola (e poi il covid dopo un secolo).
    Anch'io concordo che se sviluppato sarebbe stato un romanzo intrigante, ma è stata comunque una buona lettura.
     
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    Nel 2012, anno dell'arrivo della peste nel mondo del libro di Jack London, lo lessi in inglese e scrissi questo, dando tre stellette e mezzo:
    In realtà è un racconto e neppure tanto lungo.
    In realtà il protagonista, quasi ottantenne, racconta ai propri nipoti (discendenti suoi e dei pochi sopravvissuti) di come la razza umana è stata quasi spazzata via da una misteriosa epidemia.
    In una cinquantina di pagine London non riesce a creare il pathos necessario ad impressionare il lettore e la continua discussione tra i ragazzini (figli di una umanità ripombata all'età della pietra in sole tre generazioni) e il vecchio, che parla con termini strani di un tempo che i ragazzini non riescono ad immaginare e che ritengono noioso e falso, diventa dopo un po' noiosa.
    Non c'è finale degno di nota, si presume - per le previsioni del protagonista - che prima o poi la razza umana risorgerà dalle ceneri, per poi ripercorrere il ciclo distruttivo innescato dalla sovrappopolazione.
    La visione del futuro (presente per noi, visto che i fatti collegati all'epidemia si svolgono nel 2013) è ancora legata al mondo di inizio '900, molto all'antica rispetto alle vere conquiste fatte nell'ultimo centinaio di anni, ma la descrizione dell'incapacità di affrontare la misteriosa epidemia è forse il dettaglio più reale di tutta la narrazione.
    Un po' più lungo, o più articolato, e sarebbe stato decisamente più interessante.

    Adesso, dopo otto anni e con una pandemia in corso, il parere di base non cambia.
    Il coronavirus non sarà come il misterioso morbo che porta la Pesta Scarlatta, la nostra società non è come quella descritta la London, con classi sociali e comportamenti stererotipati (istruiti/buoni, gente comune/ rozzi e brutali) dovuti al suo essere uomo del suo tempo, ma alcune delle descrizioni fatte sull'affrontare il pericolo non sono tanto dissimili da quello che vediamo accadere attualmente.
    Temo anche che la previsione di una generazione futura rozza e selvatica non sarà troppo distante dal vero, se continuiamo su questa strada...



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    detto anche l'impanicato

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    Aggiungo ai vostri commenti solo che mi ha colpito
    la riflessione finale sull'inutilità.

    Nascerà una nuova civiltà, si moltiplicherà, ma tutto sarà inutile perché sarà destinata a perire di nuovo, e poi di nuovo ancora. Per tornare sempre e comunque allo stato di materia.

    Una riflessione che mi è parsa moderna per il suo tempo.
     
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    Lo lessi per la sfida apocalittica e ricordo ZERO assoluto mamma mia. Forse lo riprendo in mano, vista la brevità e le congiunture favorevoli.
     
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    Non sono la sola ad averlo scordato... ho capito che l'avevo già letto quando ho visto la recensione...
     
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    detto anche l'impanicato

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    Diciamo che non resta proprio in testa... Faccio fatica a ricordarlo io che l'ho letto qualche settimana fa
     
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