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Titolo: Gli Uomini vuoti
Autore Dan Simmons
Editore: Mondadori
Genere: varia
Collana: SUPERBLUES BROSS
Pagine: 280
ISBN: 880440809X
ISBN-13: 9788804408093
Data pubbl.: 1995
UNILIBROCITAZIONEPer tutta la vita Jeremy ha subito l'aggressione dei pensieri degli altri, di una folla di suoni, parole, immagini che non gli appartengono, e che la sua mente telepatica continua a registrare senza tregua, incessantemente, ferocemente. Solo Gail gli faceva da scudo, lo proteggeva dalla pazzia. Ora Gail è morta. E Jeremy sta scivolando già.
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Elianto782.
User deleted
Introduce molti aspetti che renderanno più chiara la saga di Ilium, sempre di Simmons ^^ devo ancora leggerlo e trovare il libro cartaceo è stata una dura lotta su ebay . -
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Accidenti, non ho mai scritto nulla su questo libro letto qualche mese fa.
Allora, non mi sono ancora messa su Ilium ma non so se effettivamente potrà avere dei risvolti ad esso connessi... vi saprò dire.
Premetto che di Simmons ho letto solo la saga di Hyperion (tre volte, il primo libro 4) e che la amo e l'adoro con tutta me stessa, penso che sia la mia saga preferita, i miei libri preferiti ecc ecc ecc. Insomma, è stato difficile scegliere di andare oltre!
infatti questo libro mi ha un po' deluso. Non ho trovato la profondità e lo spessore che mi aspettavo, ci sono stati dei passaggi che mi sono pesati e sembrati piuttosto inutili e fini a se stessi (la parte centrale dalla tizia del ranch!), ma nonostante questo non è del tutto malvagio. E' molto bella la parte dei flashback, con le descrizioni così intense e vivide dello stato d'animo del protagonista come studioso e come amante...
Certo, non è un thriller canonico dato che elementi "sovrannaturali" sono presenti in maniera copiosa, però come thriller si comporta e regge piuttosto bene.
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infatti a me non era piaciuto molto, però c'è qualche passaggio di notevole intensità: CITAZIONE[…..]Il dolore di milioni di pensieri lo colpì dietro gli occhi con la forza di una piccozza piantata nel ghiaccio.Lo schermo mentale si alzò automaticamente, com'era successo fin da quando aveva scoperto in sè quella capacità per ottundere il brusio, placare il dolore.
Lo riabbassò con forza e lo tenne abbassato anche se questi si sforzava di proteggerlo. Per la prima volta in vita sua Jeremy Bremen si aprì volutamente al dolore, al mondo che glielo stava infliggendo, e alle innumerevoli voci che chiamavano disperate nella cerchia solitaria del loro isolamento.
Gail. Chiamò lei e il bambino, ma non riusciva a sentirli, non sentiva le loro voci nel gigantesco coro che lo stava colpendo come un onda gigante. Se voleva accettare loro doveva accettare tutti gli latri.
Alzò la pistoa, puntò la canna contro la tempia, armò il cane. Si mosse con una leggera frizione. Il dito s'incurvò sul grilletto.
Tutti i gironi dell'inferno e desolazione che aveva sofferto.
Tutte le insignificanti meschinità, i sordidi deisderi, i vizi solitari, i pensieri immorali. Tutte le violenze e i tradimenti e la cupidigia e l'egocentrismo.
Lasciò che tutto fluisse attraverso e attorno a sè stesso, fuori da sè. Cercò una singola voce in quella cacofonia sorgente attorno a sè finche gli sembrò che stesse minacciando l'intero universo. Il dolore era oltre ogni sopportazione, oltre qualsiasi credibilità.
E all'improvviso, in quella valanga di rumore-dolore, venne un sussurro di altre voci, quelle che gli erano state negate durante la lunga discesa nel suo inferno psichico. Erano le voci dolci e gentili della ragione e della compassione, le voci confortanti di genitori che incoraggiano i figli a fare i primi passi, le voci speranzose di uomini e donne di buona volontà che - benchè molto lontani dall'essere pergetti esseri umani - trascorrevano ogni giorno cercando di essere una persona migliore di quanto natura e educazione li avevano designati a essere.
Anche queste voci portavano il loro carico di dolore: contro i compromessi che la vita impone, per colpa dei pensieri causati dalla propria mortalità e da quella ben più minacciosa dei propri figli, dolore di dover soffrire l'arroganza di tutti i malvagi come quelli che Bremen aveva incontrato nei suoi viaggi e poi il dolore ultimo, ineluttabile della certezza della perdita anche nel mezzo di tutti i piaceri che la vita aveva offerto.[…..]
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