Apri le porte all'alba

~ Elena Gianini Belotti

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    Titolo: Apri le porte all'alba
    Autore: Elena Gianini Belotti
    Anno: 1999
    Editore: Feltrinelli
    IBS
    CITAZIONE
    La vicenda è quella di una donna sola, piena di interessi, affetti, curiosità, a tratti appesantita da ricordi e rimpianti per amori passati e perduti. Una donna matura, che si prende cura del vecchio padre così come delle amiche immalinconite da divorzi recenti o prossimi a venire. Si alternano nel romanzo le meditazioni solitarie della protagonista, i ricordi e le nostalgie, i paesaggi urbani deteriorati e le realtà sociali che la feriscono, gli incontri fortuiti con la vita parallela degli extracomunitari, le difficoltà degli anziani e di tutti coloro che vivono condizioni di emarginazione.

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    Doris è una donna matura e colta che ha scelto la solitudine. Il suo lavoro – scrivere una guida del Lazio per turisti non massificati – la porta in giro per strade di provincia. Così, un giorno, mentre è in visita a Bomarzo, crede di assistere al suicidio di un corvo: l’animale si uccide dopo aver visto morire la sua compagna. Doris è stranamente colpita dalla scena: ripensa alla sua vita, alla scelta di non aver più un marito o un compagno, ai suoi rapporti familiari e amicali. Le sembra che solo gli animali possano compiere ancora gesti simili e che le persone abbiano perso questa qualità così peculiarmente umana: sacrificarsi per gli altri. Ma sacrificarsi per un uomo, riflette Doris, è stata la trappola della sua generazione: il matrimonio per lei, come per tante sue coetanee, si è trasformato in una rinuncia al proprio spazio, al proprio territorio e alla libera creatività. Quando racconta l’episodio del corvo a un’amica questa le risponde: e perché mai il corvo suicida dev’essere un maschio? Di solito non sono le femmine a compiere gesti simili? Doris s’illumina: dunque, dopo tanti anni e tante esperienze, conserva ancora romantiche illusioni d’amore?

    Apri le porte all’alba è come una sintesi di tutti i temi da sempre cari all’autrice: le donne e la femminilità, l’amore in età matura, l’incomprensione verso l’altro sesso, la solidarietà, i rapporti fra culture. Sì, perché in questo romanzo che si presenta come un vasto spaccato, una sorta di tranche de vie, tutte le "parti" di Doris, personificate in amiche di antico impegno femminista e animalista, amiche fresche di divorzio e felicemente sole, vicine di casa impazzite per il dolore di una perdita, vecchi amanti un po’ ridicoli, un padre anziano e contadino, giovani capoverdiane e bellissimi giovanotti egiziani, tutte queste parti, dicevo, s’incontrano e, finalmente, si parlano. Di più: al termine del racconto condividono una cena dove sentimenti e culture si intrecciano e si fondono alla ricerca di un nuovo, inedito equilibrio.

    Al centro della narrazione quindi c’è lo scandalo sociale più importante e rimosso dei nostri tempi, suggerisce l’autrice: la perdita dell’affettività, l’indifferenza, l’abbandono, l’incapacità di declinare verbi d’amore per l’altro. La risposta, scopre Doris, e con lei le sue amiche, è nell’ascolto e nella solidarietà. Dall’incontro con giovani immigrati i protagonisti del romanzo ricavano la forza per sanare il vuoto affettivo che si sono creati intorno: è il caso del vecchio padre di Doris, che con Margarida, esuberante capoverdiana che sa curare l’orto e comprende la passione dell’anziano contadino per la sua terra, ritrova la perduta serenità. "Sono ancora i neri, come al tempo della schiavitù, a presiedere alla nascita e alla morte dell’uomo bianco", osserva una delle amiche di Doris. È ancora il caso della signora Sebastiani che, perso il figlio, sceglie di ospitare il giovane barista Mohammed. L’autrice, rilevando l’autenticità sociale di un fenomeno – è certamente vero che gli immigrati sono in larga parte impiegati per accudire anziani o bambini nei paesi occidentali –, riesce a costruire un testo felicemente teso sul filo che divide la narrazione dal saggio antropologico.

    L’indifferenza denunciata nel romanzo tocca poi il tema della follia, troppo spesso considerata un problema altrui, mai personalmente affrontato: Doris sceglie, ad esempio, di invitare la vicina di casa ritenuta pazza alla riunione di condominio dove gli inquilini stanno votando un suo repentino sfratto (e la presunta folle vi arriva in tailleur e messa in piega facendo fuggire tutti...). Un romanzo di trasformazione, quindi, che registra un cambiamento, un’accettazione coscienziosa di un mondo che sta mutando età e colore. E di questa trasformazione sono protagoniste assolute le donne: forti, organizzate, solidali fra loro, capaci di non soffrire più pene d’amore e di desiderare, invece, gli uomini – che appaiono defilati, un po’ patetici, sfocati – solo, talvolta, di notte.

    Della Belotti colpisce positivamente la capacità di rendere loquace l’esperienza quotidiana e praticabili anche classici "pantani narrativi" come i lunghi monologhi interiori, le alte affermazioni di principio e le riflessioni di carattere sociale cui spesso si dedicano i suoi personaggi: l’ironia o la commozione salvano sempre il tessuto del racconto.

    L’unico difetto rimane, a cercarlo, nella lingua adottata dall’autrice, che nel tentare di rendere, appunto, semplici ma profondi argomenti solitamente inscatolati sommariamente dai media, diventa troppo normale e prevedibile, quasi un po’ scolastica.

     
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    Non dovrei dirlo, forse, ma questo libro mi torna continuamente in mente.
    Mi assilla, in qualche modo, pensare ai rapporti umani semplici e sezionati narrati dalla voce narrante.
    Non so dire se mi ha aperto gli occhi, ma continuo a "rileggermelo" e non ho ancora avuto il coraggio di riportarlo in biblioteca.
     
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1 replies since 6/8/2010, 14:50   53 views
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