I fratelli Karamazov

~ Fëdor M. Dostoevskij

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  1. La Ragazza delle Arance
     
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    I fratelli Karamazov
    Fëdor Michajlovic Dostoevskij
    1879
    Einaudi.it
    image
    *****




    Trama:

    CITAZIONE
    da "bol.it"
    Al centro della narrazione le vicende della famiglia Karamazov, padre e quattro figli, di cui uno illegittimo, e tre di loro nati da madri diverse, tutte precocemente scomparse. I fratelli Karamazov crescono dunque lontani uno dall'altro, ciascuno affidato alle cure e alla tutela di altre famiglie, e incontreranno il padre solo in un secondo momento e in circostanze differenti. Aleksej, Dmitrij, Ivan e Smerdjakov si muovono circondati da un teatro di personaggi altrettanto cruciali e determinanti, non solo ai fini della narrazione ma anche ai fini del perfetto equilibrio su cui l'architettura di questo romanzo è costruita. La vicenda, ambientata nella provincia russa, ruota dunque attorno alla storia di un padre assente, e di una schiera di anime che cercano, ciascuna a proprio modo, una qualche forma di redenzione. Ma è anche la storia di un parricidio, il racconto di un terribile processo attraverso il quale si tenterà di rendere giustizia a ciò che giusto non è, né sarà mai. Un faticoso e incessante rincorrere la propria libertà, in obbedienza a un prepotente desiderio di autoaffermazione, malgrado le circostanze, i dolori, gli affetti. La storia di una salvezza possibile, infine, tutta spirituale, che l'autore cuce addosso al suo Aleksej, colorandolo sin dalle primissime pagine di una luce forte e ostinata, che è propria solo degli "eroi".

    Commento personale:
    Esistono un numero abbastanza vasto, seppur limitato e non indefinito, di scrittori che riescono a toccare quel qualcosa che si va indicando metaforicamente con l'espressione "corde del nostro cuore". F. Dostoevskij non è uno di loro.
    Non lo è certamente perché è di più, molto di più.
    La lettura di un romanzo come "I fratelli Karamazov" porta inevitabilmente uno sconvolgimento nella psiche del fortunato uomo che vi incappa: è un percorso terribile, insieme catartico e abissale, sublime nella sua spaventosa bellezza.
    La nostra anima viene già enormemente gratificata dal dono dell'empatia, dal potere che ha la letteratura di far avvicinare i nostri sentimenti e le nostre sensazioni a quei personaggi che l'autore riesce a farci amare.
    Dov'è, quindi, il "di più" di Dostoevskij e de "I fratelli Karamazov"? Si trova nel fatto che ci ritroviamo ad amare, nostro malgrado, qualcosa che non ci saremmo mai aspettati di amare e che ci viene da desiderare di essere qualcuno che normalmente avremmo paura, vergogna o disprezzo di essere. Ci sarebbe un'asta infinita, se l'oggetto in questione fosse la metamorfosi di un lettore di questo romanzo russo in uno ieromonaco come l'angelico Aleksej, o in un folle individuo tormentato dalle visioni del diavolo come Ivan, o ancora in un essere impetuoso e parricida come Dmitij -per citare i tre personaggi principali -.
    Chiedo perdono per le poche parole spese, ma mi dispiacerebbe certamente di più doverne spendere troppe con il rischio di sfociare nel ridondante elogio di un'opera alla quale si può dare la necessaria giustizia solo attraverso una lettura diretta.
     
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  2. CrashingNightingale
     
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    Uno dei romanzi più densi e profondi che abbia mai letto.
     
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  3. S pondilodisciteinfettiva
     
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    Come dimenticare la leggenda del Grande Inquisitore?
    A mio personale avviso il più grande dopo "L'idiota" e, soprattutto, "Memorie dal sottosuolo".
     
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  4. La Ragazza delle Arance
     
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    Oh, "Il Grande Inquisitore" è qualcosa di fantastico... ma, in generale, tutto ciò che riguarda Ivan! Anche il suo ultimo folle dialogo con "se stesso"...
     
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    detto anche l'impanicato

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    Sicuramente questo è l'apice dell'opera letteraria di Dostoevskji, ed è buffo pensare che questo, come ammette candidamente l'autore nelle poche parole di introduzione, era solo un'anticipo, una prima parte del vero romanzo che avrebbe voluto scrivere (e che avrebbe scritto se la morte non glielo avesse impedito).

    Ritornano in quest'opera molti degli spunti che avevano caratterizzato i personaggi delle precedenti uscite (è infatti impossibile non paragonare Alëša all'indimenticabile Principe Myškin, o i deliri di Ivan Fëdorovič a quelli dell'ancor più noto Ròdja Raskol’nikov) e che erano i temi portanti di quelle opere, segno che l'autore sentiva di avere ancora da esprimere al riguardo, se possiamo dire così, bisogno di approfondire e di dare una versione più matura di quelle che erano le sue idee, o i suoi eroi (nel bene e nel male del termine) o la sua visione della grande madre Russia tutta.

    Al centro della vicenda c'è il terzo Karamazov, Dimitri, il povero Mitenka, il meno imbellito o imbruttito dalle proprie convinzioni o dalla propria fede, il passionale, colui che ama e odia con la stessa forza e con la stesso slancio genuino. Un uomo, e non cito testualmente perché sono pigro, in grado di racchiudere nel suo carattere due abissi diametralmente opposti.

    In questo, secondo la mia opinione, Dimitri Fëdorovič incarna il suo paese, ed è stretto nella morsa delle due fazioni, l'ortodossia (Alëša) e il materialismo estremo (Ivan) diventando vittima ed espiatore delle colpe dei padri e dei fratelli (tra cui c'è anche il bastardo, Smerdjakov).

    Queste contrapposizioni e queste riflessioni sono inserite magistralmente in un contesto che non mi vergogno di definire quasi da libro "poliziesco", perché in tutta questa storia si intreccia un caso di omicidio, una morte brutale, che tiene il lettore attaccato alle pagine e non gli consente di perdere il minimo dettaglio, scaraventandolo con violenza su quel calesse attaccato al tiro a tre, la trojka ampiamente citata durante il processo, e abbandonandolo alla corsa impazzita dello sfogliar di pagine.

    Impossibile non nominare la leggenda del Grande Inquisitore, una storia fantastica di cui inserirò qualche citazione nella sezione apposita.

    Aggiungo in spoiler le considerazioni sparse che ho fatto ieri sul mio diario.

    CITAZIONE
    Se non avessi saputo che La pietra di luna è di dodici anni più vecchio e che c'è quel racconto di E.A. Poe di trentacinque anni prima, avrei definito I fratelli Karamazov come il primo romanzo giallo della storia...

    Tra l'altro la struttura dell'opera mi ha fatto pensare (e rivalutare parzialmente, proprio per questo motivo) al libro di Truman Capote che ho letto l'anno scorso.

    Beh, il volume di Capote resta noioso lo stesso, sebbene la sua tecnica sia pregevole, e non ha nulla a che fare con quel martello pneumatico di interesse che è il buon Fëdor, ma tutto sommato mi sento di apprezzare il tentativo (con 18 mesi o giù di lì di ritardo).

    Colgo l'occasione per riportare in auge il mio progetto (mai sviluppato, ma di cui continuo a elogiarne le potenzialità) dei "libri di separazione o comediavolol'avevochiamato" perché proprio nel libro dell'americano viene citata l'opera di Dostoevskji nel narrare un fatto di cronaca indirettamente collegato con I fatelli Karamazov...

    Soltanto un caso?

    Noi di Letteraturarussenger crediamo di no...
     
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  6. Heather-chan
     
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    Rispolvero questo topic per dire che anche io amo questo libro. Ammetto che è l'unico che ho letto di questo autore, forse attratta dalla storia dei tre fratelli e devo dire che, nonostante a tratti si riveli un po' pesante (in senso buono, molte lunghissime digressioni, ma scritte divinamente) ha toccato le corde del mio cuore. Non mi sento adesso di parlarne in dettaglio, perché la mia lettura risale ad anni fa, però non mi dispiacerebbe rileggerlo e vedere che effetto mi farebbe ora, in un altro momento della mia vita
     
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5 replies since 9/7/2009, 13:58   399 views
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