Il deserto dei Tartari

~ Dino Buzzati

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    Titolo: Il deserto dei Tartari
    Autore: Dino Buzzati
    Anno: 1940
    Link Ibs: Il deserto dei Tartari
    Cover_GRA
    *****
    CITAZIONE
    Il deserto dei tartari, pubblicato nel 1940, rappresenta per Dino Buzzati, uno dei maggiori narratori italiani del secolo scorso, il libro del successo. Un successo, di pubblico e di critica, che ha varcato i confini nazionali e che continua tuttora. Ciò nonostante il romanzo suscita nei lettori moderni, in particolar modo negli adolescenti, reazioni alquanto sconcertanti. C'è chi lo abbandona alle prime pagine, esasperato dalla lentezza della narrazione, o chi, seppur faticosamente, lo porta a termine, affermando che sarebbe stato meno impegnativo percorrere a piedi il deserto menzionato nel titolo. Eppure è strano come al giorno d'oggi i giovani, ben disposti, purtroppo sempre più frequentemente, a tuffarsi in esperienze che permettono di evadere la realtà assumendo sostanze stupefacenti, si tirino indietro di fronte a questo capolavoro. Infatti, leggendo questo romanzo, il lettore sin dai primi capitoli è catapultato all'interno di un'atmosfera surreale,metafisica, nella quale mancano del tutto connotazioni geografiche e temporali. Ed è proprio nella grande capacità di Buzzati di collocare i suoi racconti nel confine misterioso e spesso inscindibile fra realtà e irrealtà, che risiede tutto il fascino della sua opera. Ma le ragioni che hanno spinto i critici della letteratura novecentesca a considerare questo romanzo come uno dei tesori della narrativa universali sono molto più semplici e di facile comprensione: innanzi tutto, la trama a suspence, che sollecita alla scoperta di qualcosa che deve per forza accadere; la sintassi estremamente semplice, con un linguaggio usuale ma non casuale, ed infine il personaggio principale, l'ufficiale Giovanni Drogo, di indubbio fascino per la sua grandezza morale con la quale egli persegue (o si abbandona) al suo destino. Il protagonista appena ventenne prende servizio alla Fortezza Bastiani, ultimo avamposto ai confini settentrionali del regno, che domina un desolato deserto dal quale dovrebbe arrivare un improbabile invasione nemica. Drogo, insieme agli altri ufficiali e le truppe, quasi “malato” di attesa, passa il resto della sua vita scrutando la pianura sassosa, aspettando incessantemente l'evento bellico che illumini e riscatti la sua esistenza. Infine si trova di fronte all'unica battaglia davvero inevitabile per ogni essere umano: solamente faccia a faccia con la morte, solitaria e dignitosa, il vecchio ufficiale assapora finalmente la sua vittoria.

    Lasciarsi scivolare lentamente, immersi in un'abitudine che a tratti profuma di speranza e a tratti ha l'odore stantio dei sogni repressi; osservarsi, come dall'esterno, mentre con calma si invecchia, giorno dopo giorno, convinti di aver fatto una scelta, quando invece è la nostra apatia che ci inchioda inesorabilmente nella più semplice delle non-scelte.
    Lo status quo, per quanto sgradevole, per quanto piatto, privo di slanci emotivi, rapisce e intorpidisce, impedendo non solo ogni ribellione, ma ogni volontà di ribellione: verrebbe frustrata. E poi rinnegata come qualcosa di cui vergognarsi.
    Una competizione muta e senza entusiasmo, frutto di un'ambizione nascosta e quasi vergognosa, serpeggia e impedisce dei veri rapporti umani, una vera comunicazione. Ed è solo nel rivivere la stessa situazione, ma dalla parte opposta, che si riesce a compendere i maldestri ammonimenti di chi ha perso le speranze nella vuota ciclicità dell'esistenza, che trascina via i sentimenti.
    Le persone al di fuori del proprio piccolo universo, della propria fortezza, nella quale ci si è rinchiusi, diventano quasi ostili, ricoperte da una patina di incomprensione, incomunicabilità. E le mura che si odiano diventano l'unico rifugio in cui ci si sente al sicuro, senza quell'orrenda sensazione di essere fuori luogo, di dover competere con persone che non c'entrano nulla, che non sanno, che vivono le loro vite e non possono capire.
    Si passa il tempo a ripetere le stesse azioni che forse un tempo hanno avuto un senso, ma ora sono solo automatismi. Si passa il tempo - i giorni, i mesi, gli anni - a fissare un angolo di terra, un orizzonte sbiadito e sempre uguale, fingendo di vivere e illudendosi di esistere, mentre tutto intorno la vera vita scorre.
    In mezzo a tutto questo c'è l'attesa, l'attesa di qualcosa di indefinito, forse inesistente, e quasi sicuramente irraggiungibile.

    Non so se sto parlando della vita alla fortezza Bastiani o della mia vita oggi, domani.





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    Edited by °LLn - 12/6/2014, 09:02
     
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    molto bello anche se me lo ricordo pochissimo! l'ho ormai 20 anni fa :P
     
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  3. [vani]
     
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    voto ***/*****
    mi è piaciuto molto, ma in un certo senso mi ha anche abbastanza spaventata
     
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  4. S pondilodisciteinfettiva
     
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    Un bel libro.
    Anche per me, purtroppo, è una lettura molto remota.
    Lo lessi a sedici anni.
     
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  5. ivan72
     
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    uno dei libri più belli, a cui torno spesso.
    Semplicemente stupendo, intenso e struggente.. in quell'attrito che pare di poter udire nel lento trascorrere del tempo lassù, affacciati al grande deserto del nord.

    Voto? *****/*****
     
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  6. Jimson
     
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    Alle strade chiassose del conformismo preferisco le mulattiere di montagna.
    Ho pensato questo mentre in una notte, senza poter distogliere l'attenzione, seguivo il tenente Drogo nella monotonia della sua esistenza.

    Eppure, sebbene i suoi giorni passino tutti uguali, sebbene il tempo gli spranghi dietro il cancello della giovinezza spensierata e lo condanni alla quotidianità silenziosa della Fortezza Bastiani è spesso invidiabile la sua lontananza dalla mondanità, dalla famiglia, dalla società, dalla città.

    Ogni aspettativa, ogni paura, ogni speranza diventa inesorabilmente soltanto un appiglio, una scusa per giustificare la monotonia del quotidiano. Nonostante ciò la ripetitività delle azioni alla Fortezza Bastiani è quasi un piacevole esilio, un fortunato oblio, la battaglia un sogno, fino a trovarsi arrendevoli ed impotenti sotto l'incedere del tempo ad aspettare l'unico momento significativo della vita: l'incontro con la morte, sia essa sotto il fuoco nemico o prossimi alla vetta di una montagna o in un letto anonimo a combattere la malattia.

    Indimenticabile, etereo, profondo e malinconico, come nel miglior Buzzati.
     
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  7. MagentaMist
     
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    uno dei libri più belli che abbia mai letto, ho fatto anche bene ad aspettare a leggerlo (purtroppo ben empatizzando anche con il suo spirito).
     
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    Per me sarebbe quasi ora di rileggerlo... rimane uno dei miei libri preferiti in assoluto, una pietra miliare. Amo Dino Buzzati anche per altre sue opere, ma questo per me è quello che più si avvicina al concetto di "romanzo perfetto".
     
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  9. _Spooner_
     
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    Questo libro occupa un posto speciale nella mia libreria. Lo lessi per la prima volta quando avevo diciott'anni, in un periodo in cui la mia esistenza si profilava tetra e monotona quanto quella del tenente Drogo. Lui aveva l'attesa, la speranza che, da un momento all'altro, emergesse dalla sabbia l'orda mongolica a spezzare la routine. Io non avevo nulla da attendere e ben poco da sperare, ma avevo questo libro, che non solo mi recuperò dallo stato di torpore in cui stavo cadendo, semplicemente perché ogni libro è distrazione, ma mi aiutò a riscuotermi definitivamente dalla catatonia, dal guardare un punto fisso all'orizzonte non per attesa o speranza ma per abitudine. A prescindere dalle opinioni personali sulla conclusione, questo libro ci mostra, anzi, ci obbliga a renderci conto, che non potrà essere un colpo di pistola o l'arrivo di un cavallino tataro la molla che ci riscatterà, ma noi stessi. L'uomo è la causa di tutti i suoi mali, è vero, ma è anche l'unica soluzione.
     
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    Grazie di averlo avuto nel tuo diario del duemilaqualcosa, Yele, così ho avuto la "scusa" per leggerlo (sfida della Gloria 2020)! :)
    Breve ma intenso, mi è piaciuto tantissimo, forse perché mi ha trovata in un periodo della vita in cui, più di altri, il messaggio ha trovato terreno fertile. Uno di quei libri da portare (dentro) sempre con sé.
     
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    Bene, mi sa che ne approfitto anche io per ritornare alla Fortezza.
    Sono felice che ti sia piaciuto... È veramente uno dei miei libri preferiti di sempre
     
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    detto anche l'impanicato

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    Strano, non l'ho commentato. Grandissimo romanzo, quando lo chiudi ti urla di rabbia anche l'ultima cellula morente.
     
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11 replies since 7/7/2009, 10:41   204 views
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