Favole al telefono

~ Gianni Rodari

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. aspirantelatinista
     
    .

    User deleted


    Non so perché mi stia mettendo a scrivere in questa sezione, non essendo un grande esperto di letteratura per l'infanzia. Ma vorrei raccontare uno dei miei primi amori letterari, amore che ho scoperto di recente. Il libro di cui sto parlando sono le Favole al telefono di Rodari. Da piccolo quando non sapevo leggere me le leggeva mio padre, mano a mano ho incominciato a leggerle da solo.
    Devo dire che mi divertivano molto, di più delle favole tradizionali. Come dice lo stesso autore le storie raccolte nel libro sono avventure nate al rovesciamento di altre storie, sono storie nate da degli errori di ortografia, sono invenzioni "travestite di ricordi", ma queste storie apparentemente semplici e banali possono celare delle letture psicologiche o sociologiche. Ma non vorrei parlare di ciò perché non ho nessuna competenza.
    Crescendo ho mano a mano dimenticato quel libro e l'ho sepolto nella grande libreria della mia casa. Ho incominciato a dedicarmi a delle letture più serie, più alte, poi incominciando il liceo ho scoperto la letteratura, il mio amore, la mia passione.
    Qualche mese fa spolverano la libreria e riordinando le quadruple file sugli scaffali ho trovato un libretto senza copertina, con le pagine un po' gialle ed è stato per me quasi come un miralo aver ritrovato il mio libro dell'infanzia, è stata un'epifania magica. Non trovai subito il tempo di leggerlo, quindi lo misi sul comodino per leggerlo prima di andare a letto. Quella sera mi misi a letto un po' prima ed ebbi il tempo di rileggere una per una quelle favolette corte, scritte in una lingua semplice, ma freschissima.
    Leggendo dei libri da bambini quando si è grandi si capiscono molte cose che sfuggono quando si è piccoli.
    Molte favole celano un insegnamento profondo che quando si piccoli sfugge...
    C'è un storia che racconta di un bambino di cristallo, trasparente e attraverso il suo corpo si potevano vedere i suoi pensieri.

    Giacomo di cristallo

    Una volta, in una città lontana, venne al mondo un bambino trasparente. Attraverso le sue membra
    si poteva vedere come attraverso l’aria e l’acqua. Era di carne e d’ossa e pareva di vetro, e se
    cadeva non andava in pezzi, ma al più si faceva sulla fronte un bernoccolo trasparente.
    Si vedeva il suo cuore battere, si vedevano i suoi pensieri guizzare come pesci colorati nella loro
    vasca.
    Una volta, per isbaglio, il bambino disse una bugia, e subito la gente poté vedere come una palla di
    fuoco dietro la sua fronte: ridisse la verità e la palla di fuoco si dissolse. Per tutto il resto della sua
    vita non disse più bugie.
    Un’altra volta un amico gli confidò un segreto, e subito tutti videro come una palla nera che
    rotolava senza pace nel suo petto, e il segreto non fu più tale.
    Il bambino crebbe, diventò un giovanotto, poi un uomo, e ognuno poteva leggere nei suoi pensieri e
    indovinare le sue risposte, quando gli faceva una domanda, prima che aprisse bocca.
    Egli si chiamava Giacomo, ma la gente lo chiamava “Giacomo di cristallo”, e gli voleva bene per la
    sua lealtà, e vicino a lui tutti diventavano gentili.
    Purtroppo, in quel paese, salì al governo un feroce dittatore, e cominciò un periodo di prepotenze, di
    ingiustizie e di miseria per il popolo. Chi osava protestare spariva senza lasciar traccia. Chi si
    ribellava era fucilato. I poveri erano perseguitati, umiliati e offesi in cento modi.
    La gente taceva e subiva, per timore delle conseguenze.
    Ma Giacomo non poteva tacere. Anche se non apriva bocca, i suoi pensieri parlavano per lui: egli
    era trasparente e tutti leggevano dietro la sua fronte pensieri di sdegno e di condanna per le
    ingiustizie e le violenze del tiranno. Di nascosto, poi, la gente si ripeteva i pensieri di Giacomo e
    prendeva speranza.
    Il tiranno fece arrestare Giacomo di cristallo e ordinò di gettarlo nella più buia prigione.
    Ma allora successe una cosa straordinaria. I muri della cella in cui Giacomo era stato rinchiuso
    diventarono trasparenti, e dopo di loro anche i muri del carcere, e infine anche le mura esterne. La
    gente passava accanto alla prigione vedeva Giacomo seduto sul suo sgabello, come se anche la
    prigione fosse di cristallo, e continuava a leggere i suoi pensieri. Di notte la prigione spandeva
    intorno una grande luce e il tiranno nel palazzo faceva tirare tutte le tende per non vederla, ma non
    riusciva ugualmente a dormire. Giacomo di cristallo, anche in catene, era più forte di lui, perché la
    verità è più forte di qualsiasi cosa, più luminosa del giorno, più terribile di un uragano.


    La frase con cui si chiude la storia è bellissima e molto potente, a mio parere, questa favola potrebbe essere rivolta a moltissimi adulti e vedendo i tempi che corrono è terribilmente attuale.Ci sono moltissime altre storie di critica verso la società, una società spesso opprimente che non bada alle esigenze dei bambini, alla loro fantasia, ma spesso è interessata soltanto al guadagno.

    Una viola al polo nord
    Una mattina, al Polo Nord, l'orso bianco fiutò nell'aria un odore insolito e lo fece notare all'orsa maggiore (la minore era sua figlia):
    - Che sia arrivata qualche spedizione?
    Furono invece gli orsacchiotti a trovare la viola. Era una piccola violetta mammola e tremava. di freddo, ma continuava coraggiosamente a profumare l'aria perché quello era il suo dovere.
    - Mamma, papà - gridarono gli orsacchiotti.
    - Io l'avevo detto subito che c'era qualcosa di strano - fece osservare per prima cosa l'orso bianco alla famiglia. - E secondo me non è un pesce.
    - No di sicuro - disse l'orsa maggiore -, ma non è nemmeno un uccello.
    - Hai ragione anche tu - disse l'orso, dopo averci pensato su un bel pezzo.
    Prima di sera si sparse per tutto il Polo la notizia: un piccolo, strano essere profumato, di colore violetto, era apparso nel deserto di ghiaccio, si reggeva su una sola zampa e non si muoveva. A vedere la viola vennero foche e trichechi, vennero dalla Siberia le renne, dall'America i buoi muschiati, e più di lontano ancora volpi bianche, lupi e gazze marine. Tutti ammiravano il fiore sconosciuto, il suo stelo tremante, tutti aspiravano il suo profumo, ma ne restava sempre abbastanza per quelli che arrivavano ultimi ad annusare, ne restava sempre come prima.
    - Per mandare tanto profumo - disse una foca - deve avere una riserva sotto il ghiaccio.
    - Io l'avevo detto subito - esclamò l'orso bianco - che c'era sotto qualcosa.
    Non aveva detto proprio così, ma nessuno se ne ricordava. Un gabbiano, spedito al Sud per raccogliere informazioni, tornò con la notizia che il piccolo essere profumato si chiamava viola e che in certi paesi, laggiù, ce n'erano milioni.
    - Ne sappiamo quanto prima - osservò la foca. - Com'è che proprio questa viola è arrivata proprio qui! Vi dirò tutto il mio pensiero: mi sento alquanto perplessa.
    - Come ha detto che si sente? - domandò l'orso bianco a sua moglie.
    - Perplessa. Cioè, non sa che pesci pigliare.
    - Ecco - esclamò l'orso bianco - proprio quello che penso anch'io.
    Quella notte corse per tutto il Polo un pauroso scricchiolio. I ghiacci eterni tremavano come vetri e in più punti si spaccarono. La violetta mandò un profumo più intenso, come se avesse deciso di sciogliere in una sola volta l'immenso deserto gelato, per trasformarlo in un mare azzurro e caldo, o in un prato di velluto verde. Lo sforzo la esaurì. All'alba fu vista appassire, piegarsi sul suo stelo, perdere il colore e la vita.
    Tradotto nelle nostre parole e nella nostra lingua il suo ultimo pensiero dev'essere stato pressappoco questo:
    - Ecco, io muoio... Ma bisognava pure che qualcuno cominciasse... Un giorno le viole giungeranno qui a milioni. I ghiacci si scioglieranno, e qui ci saranno isole case e bambini.

    Il paese dei cani.
    C'era una volta uno strano piccolo paese. Era composto in tutto di novantanove casette, e ogni casetta aveva un giardinetto con un cancelletto, e dietro il cancelletto un cane che abbaiava.
    Facciamo un esempio. Fido era il cane della casetta numero uno e ne proteggeva gelosamente gli abitanti, e per farlo a dovere abbaiava con impegno ogni volta che vedeva passare qualcuno degli abitanti delle altre novantotto casette, uomo, donna o bambino.
    Lo stesso facevano gli altri novantotto cani, e avevano un gran da fare ad abbaiare di giorno e di notte, perché c'era sempre qualcuno per la strada.
    Facciamo un altro esempio. Il signore che abitava la casetta numero 99, rientrando dal lavoro, doveva passare davanti a novantotto casette, dunque a novantotto cani che gli abbaiavano dietro mostrandogli fauci e facendogli capire che avrebbero volentieri affondato le zanne nel fondo dei suoi pantaloni. Lo stesso capitava agli abitanti delle altre casette, e per strada c'era sempre qualcuno spaventato. Figurarsi se capitava un forestiero. Allora i novantanove cani abbaiavano tutti insieme, le novantanove massaie uscivano a vedere che succedeva, poi rientravano precipitosamente in casa, sprangavano la porta, passavano in fretta gli avvolgibili e stavano zitte zitte dietro le finestre a spiare fin che il forestiero non fosse passato.
    A forza di sentir abbaiare i cani gli abitanti di quel paese erano diventati tutti un po' sordi, e tra loro parlavano pochissimo. Del resto non avevano mai avuto grandi cose da dire e da ascoltare.
    Pian piano, a starsene sempre zitti e immusoniti, disimpararono anche a parlare. E alla fine capitò che i padroni di casa si misero ad abbaiare come i loro cani.
    Loro forse credevano di parlare, ma quando aprivano la bocca si udiva una specie di "bau bau" che faceva venire la pelle d'oca.
    E così, abbaiavano i cani, abbaiavano gli uomini e le donne, abbaiavano i bambini mentre giocavano, le novantanove villette sembravano diventate novantanove canili.
    Però erano graziose, avevano tendine pulite dietro i vetri e perfino gerani e piantine grasse sui balconi.
    Una volta capitò da quelle parti Giovannino Perdigiorno, durante uno dei suoi famosi viaggi.
    I novantanove cani lo accolsero con un concerto che avrebbe fatto diventare nervoso un paracarro. Domandò una informazione a una donna ed essa gli rispose abbaiando. Fece un complimento a un bambino e ne ricevette in cambio un ululato.
    "Ho capito, - concluse Giovannino - E' un'epidemia".
    Si fece ricevere dal sindaco e gli disse:
    "Io un rimedio sicuro ce l'avrei. Primo, fate abbattere tutti i cancelletti, tanto i giardini cresceranno benissimo anche senza inferriate. Secondo, mandate i cani a caccia, si divertiranno di più e diventeranno più gentili. Terzo, fate una bella festa da ballo e dopo il primo valzer imparerete a parlare di nuovo".
    Il sindaco gli rispose: "Bau! Bau"!
    "Ho capito, - disse Giovannino, - il peggior malato è quello che crede di essere sano".
    E se ne andò per i fatti suoi.
    Di notte, se sentite abbaiare molti cani insieme in lontananza, può darsi che siano dei cani cani, ma può anche darsi che siano gli abitanti di quello strano, piccolo paese.

    Ultimamente le rileggo prima di andare a letto, devo, a un certo momento, staccare dalle letture serie, ho bisogno di un po' di magia per addormentarmi senza preoccupazioni...
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Lascio che le cose mi portino altrove

    Group
    Amministratori
    Posts
    21,963

    Status
    offline
    Sono davvero molto molto belle.... Mi ricordo che anche io da piccola leggevo le storie di Rodari, e mi piacevano un sacco... soprattutto alle elementari, molte erano sul sussidiario :onion-icon006.gif:
    E' stato davvero piacevole tornarci un po' sopra! Grazie mille per questa immersione :wave:
    SPOILER (click to view)
    modifico il titolo della discussione, o diventa un problema poi capire di che si tratta :)
     
    Top
    .
  3. aspirantelatinista
     
    .

    User deleted


    Di nulla...
    Ho messo quelle tre favole particolari perché sono terribilmente vere e riescono, nella loro estrema semplicità, a dare dei messaggi forti.
    La prima è un'esortazione al coraggio.
    La seconda è piena d speranza.
    La terza è rivolta a coloro che non sanno comunicare.
    Ma ho già detto troppo e mi sono inserito con la mia lettura critica...
     
    Top
    .
  4.  
    .
    Avatar

    Lascio che le cose mi portino altrove

    Group
    Amministratori
    Posts
    21,963

    Status
    offline
    Hai fatto benissimo invece, è bello leggere anche le opinioni di voi che l'avete letto :)
    In fondo il forum nasce per questo!
     
    Top
    .
  5. Sowen
     
    .

    User deleted


    Mi é venuta voglia di leggerlo!
     
    Top
    .
  6. yamichan
     
    .

    User deleted


    che bello, l'ho letto da piccola e mi è rimasto nel cuore :lo: ogni singola "favola" ha una freschezza tenera e irriverente, sono tutte abrasive e divertenti, dolci e nostalgiche.
     
    Top
    .
5 replies since 15/6/2009, 12:58   851 views
  Share  
.