LUCREZIO

I 1-43

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. aspirantelatinista
     
    .

    User deleted


    Mi piacerebbe raccogliere i brani principali del de rerum natura, poema certamente originale nel panorama letterario latino. Il poema è stato sempre d'esempio per il suo stile sublime ed comunque un testo difficile da tradurre, è stato riscoperto durante l'umanesimo e il rinascimento, e inaspettatamente, anche durante l'epoca della contro riforma dai poeti un po' più aperti, a questo proposito si notino tutti i collegamenti tra la Gerusalemme Liberata e il nostro poema.
    A questo proposito incomincerei con il proemio: un inno a Venere, ma come mai Lucrezio, che era contro ogni forma di religiosità, epicureo convinto, ha messo a inizio del suo poema un inno, una preghiera, un'invocazione a una dea ?
    Non a caso questa dea è Venere, la dea dell'amore, che vivifica la terra e i mari, che rende possibile la continuità della specie, ma è anche depositaria della pax ( uno dei valori distintivi dell'epicureismo) essendo moglie del temibile Marte; vi sono addirittura certi che ravvisano nella figura di Venere il conflitto empedocleo della filia "amore" e dell'eris "odio", ma credo che sano tutte inutili divagazioni ; la dea oltre a essere forza fecondatrice è anche la capostipite dei Romani ( aeneadum genetrix). L'inno alla dea è ben strutturato: vi è prima l'invocazione (vv1-2), poi l'aretologia, cioè la rassegna delle virtù della dea, poi un excursus mitologico e poi altre richieste di pace per i romani. Ciò che subito ci colpisce di Lucrezio è la sua ricerca di pace e di stabilità, indispensabile per il poeta e per il filosofo.
    Aeneadum genetrix, hominum divumque voluptas,
    alma Venus, caeli subter labentia signa
    quae mare navigerum, quae terras frugiferentis
    concelebras, per te quoniam genus omne animantum
    concipitur visitque exortum lumina solis: 5
    te, dea, te fugiunt venti, te nubila caeli
    adventumque tuum, tibi suavis daedala tellus
    summittit flores, tibi rident aequora ponti
    placatumque nitet diffuso lumine caelum.
    nam simul ac species patefactast verna diei 10
    et reserata viget genitabilis aura favoni,
    aeriae primum volucris te, diva, tuumque
    significant initum perculsae corda tua vi.
    inde ferae pecudes persultant pabula laeta 15
    et rapidos tranant amnis: ita capta lepore 14
    te sequitur cupide quo quamque inducere pergis. 16
    denique per maria ac montis fluviosque rapacis
    frondiferasque domos avium camposque virentis
    omnibus incutiens blandum per pectora amorem
    efficis ut cupide generatim saecla propagent. 20
    quae quoniam rerum naturam sola gubernas
    nec sine te quicquam dias in luminis oras
    exoritur neque fit laetum neque amabile quicquam,
    te sociam studeo scribendis versibus esse,
    quos ego de rerum natura pangere conor 25
    Memmiadae nostro, quem tu, dea, tempore in omni
    omnibus ornatum voluisti excellere rebus.
    quo magis aeternum da dictis, diva, leporem.
    effice ut interea fera moenera militiai
    per maria ac terras omnis sopita quiescant; 30
    nam tu sola potes tranquilla pace iuvare
    mortalis, quoniam belli fera moenera Mavors
    armipotens regit, in gremium qui saepe tuum se
    reiicit aeterno devictus vulnere amoris,
    atque ita suspiciens tereti cervice reposta 35
    pascit amore avidos inhians in te, dea, visus
    eque tuo pendet resupini spiritus ore.
    hunc tu, diva, tuo recubantem corpore sancto
    circum fusa super, suavis ex ore loquellas
    funde petens placidam Romanis, incluta, pacem; 40
    nam neque nos agere hoc patriai tempore iniquo
    possumus aequo animo nec Memmi clara propago
    talibus in rebus communi desse saluti.


    Eccovi la traduzione di uno dei più bei testi della letteratura classica.

    Madre degli Eneadi, piacere degli uomini e degli dei
    alma venere che sotto le mobili volte stellate
    vivifichi il mare pieno di barche e la terra che porta frutti
    attraverso la tua azione ogni essere vivente
    è concepito e vede nato la luce del sole
    fuggono da te, o dea, i venti, e al tuo arrivo
    le nubi del cielo, per te la terra industriosa
    fa cresce dolci fiori, per te ridono le marine distese
    e palcato, il cielo, risplende di luce diffusa.
    Infatti non appena si apre alla vista un giorno primaverile
    e soffia con forza la brezza fecondatrice del Favonio liberato dai vincoli,
    gli uccelli per primi annunziano te e il tip arrivo,
    colpiti nel cuore dalla tua forza.
    Poi le fere belve e gli armenti gioiscono per i lieti pascoli
    e attraversano i vorticosi fiumi così ognuno preso dal piacere
    ti segue bramosamente dovunque tu voglia menarlo.
    Insomma per mari e i monti e fiumi impetuosi
    e le frondose case degli uccelli, e i verdi campi
    spirando a tutti per il petto un blando amore
    fai in modo che le stirpi cupidamente si propaghino per generazioni.
    E poiché tu sola governi la natura delle cose
    né qualsiasi cosa nasce senza di te nelle celesti regioni della luce,ù
    né esiste qualcosa di lieto o amabile,
    vorrei che tu fossi la mia musa nel scrivere versi
    che desidero cantare della natura delle cose
    per il nostro Memmio, che tuo dea, in ogni tempo
    volesti che splendesse in tutte le cose ornato di virtù.
    Per questo da', o dea, eterna bellezza alle mie parole.
    Frattanto fa' in modo che le violente azioni militari
    sia per sia per terra cessino sopite.
    Infatti tu sola puoi giovare ai mortali con una tranquilla pace
    poiché Marte che governa le guerre,
    si stende, sfinito dall'eterna ferita d'amore, sul tuo seno,
    e così guardandoti reclinato il liscio collo
    pasce d'amore, a te anelando, gli avidi sguardi,
    e mentre è sdraiato pende dalla tua bocca il sospiro,
    abbracciandolo sempre, fai scendere alla tua bocca dolci parole
    chiedendo tranquilla e gloriosa pace per i Romani;
    infatti noi non possiamo scrivere, senza preoccupazioni,
    in questo tempo travagliato per la patria, né alla famosa stirpe di Memmio
    in questi tempi non può mancare la salvezza comune.-
     
    Top
    .
  2. aspirantelatinista
     
    .

    User deleted


    Ho fatto un mezzo casino ai vv38-39 la traduzione giusta è: Tu o diva abbraccialo col tuo corpo santo mentre riposa... (mi devo essere dimenticato di un verso).
     
    Top
    .
  3. aspirantelatinista
     
    .

    User deleted


    Epicuro trionfatore... Altro brano certamente interessante è l'elogio fatto dal nostro poeta al suo "maestro spirituale" : Epicuro. La descrizione della sua azione salvifica, prende le dimensioni di una gigantomachia (cfr Gian Biagio Conte: insegnamenti per un lettore sublime) ed possibili ravvisare dei collegamenti con il libro 17o dell'Iliade (vv166 e ss) nei quali Glauco rimprovera Ettore per non aver affrontato in un duello corpo a corpo Aiace. Il tono nella narrazione è epico, ma a tratti è anche mistico. La religio, vinta dal "super uomo", non è solo la superstizione, ma rappresenta tutte le pratiche irrazionali che rendono l'uomo schiavo e incatenano la ragione umana.
    De rerum natura I 62-79
    Humana ante oculos foede cum vita iaceret 62
    in terris oppressa gravi sub religione,
    quae caput a caeli regionibus ostendebat
    horribili super aspectu mortalibus instans, 65
    primum Graius homo mortalis tollere contra
    est oculos ausus primusque obsistere contra;
    quem neque fama deum nec fulmina nec minitanti
    murmure compressit caelum, sed eo magis acrem
    inritat animi virtutem, effringere ut arta 70
    naturae primus portarum claustra cupiret.
    ergo vivida vis animi pervicit et extra
    processit longe flammantia moenia mundi
    atque omne immensum peragravit mente animoque,
    unde refert nobis victor quid possit oriri, 75
    quid nequeat, finita potestas denique cuique
    qua nam sit ratione atque alte terminus haerens.
    quare religio pedibus subiecta vicissim
    obteritur, nos exaequat victoria caelo.


    Quando la vita umana giaceva ignobilmente sotto gli occhi di tutti
    oppressa sulla terra dal peso della superstizione
    che mostrava il capo dalle regioni del cielo
    incombendo con un terribile aspetto sui mortali,
    allora, per primo un uomo greco, osò
    sollevarle contro gli occhi mortali e per primo ergersi contro;
    che non lo frenarono né le dicerie sugli dei nei i fulmini
    né il cielo con il suo minaccioso brontolio, ma a lui stimolò
    tanto più la pronta virtù dell'animo che per primo
    desiderò infrangere i battenti chiusi delle porte della natura.
    Quindi ebbe la meglio la vivida forza dell'animo
    e andò oltre le fiammeggianti mura del mondo
    e esplorò tutto l'universo con la mente e con l'animo,
    dove ci riferisce, lui vincitore, che cosa possa nascere
    che cosa non possa esistere e fine la regione
    per la quale ogni cosa abbia un potere definito e un termine fissato ( sono stato un po' libero!)
    Per questa ragione la religione, messa sotto i piedi, è a sua volta
    calpestata e la vittoria ci innalza al cielo.
     
    Top
    .
  4. aspirantelatinista
     
    .

    User deleted


    Altro brano basilare per capire il de rerum natura è il famosissimo pezzo del libro primo, poi ripreso all'inizio del libro IV, questo brano è stato basilare per la concezione della poesia nei secoli successivi, riscoperto nei secoli dell'umanesimo, ed è stato importante anche in periodo controriformista, nel quale la poesia era fortemente subordinata per scopi didascalici al potere invadente della Chiesa, non a caso il maggior poeta di quel tempo Torquato Tasso, ha ripreso all'inizio del suo poema "la Gerusalemme liberata" ( :pè+: ) , proprio questi versi ( Sai che là corre il mondo ove piú versdi sue dolcezze il lusinghier Parnaso, e che 'l vero, condito in molli versi, i piú schivi allettando ha persuaso. Cosí a l'egro fanciul porgiamo aspersi di soavi licor gli orli del vaso: succhi amari ingannato intanto ei beve, e da l'inganno suo vita riceve.Gerusalemme Liberata I ottava 3a). Il testo non è stato ripreso solo dal tasso ma da tantissimi altri poeti di quel periodo, come ci testimonia un bel saggio di Valentina Prosperi: "di soavi licor gli orli del vaso, la fortuna di Lucrezio durante l'umanesimo e la controriforma". Il topos della poesia, che è come il miele, che camuffa una medicina amara senza però alterarne le qualità benefiche non è un'invenzione "esclusiva" del nostro Lucrezio, ma era già in Grecia ad esempio: Platone, Leggi III 659 e segg, oppure sempre Platone, Fedro 245. Lucrezio inoltre prende spunto nei vv924 e segg, da Callimaco (Aitia I 25 28). In ambito latino Virgilio (Georgiche III 289 293) e Orazio (Sermones I 1, 25-26).
    Il testo latino lo posterò successivamente... :)
     
    Top
    .
3 replies since 5/7/2008, 17:24   9064 views
  Share  
.