Chinatown interiore

~ Charles Yu

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    detto anche l'impanicato

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    Titolo: Chinatown interiore
    Autore: Charles Yu
    Anno: 2020
    Editore: La nave di teseo (2021)
    Pagine: 288
    Descrizione: Un romanzo sulla ricerca di se stessi oltre il ruolo che ci è stato imposto, divertente, feroce, commovente.

    «Chares Yu si aggiudica il National Book Award raccontando con ironia una serie tv in cui gli asiatici vengono rappresentati sempre con i soliti stereotipi. Un mondo in cui devi sfoggiare l'accento esotico anche se sei nato e vissuto a Los Angeles» - Mariarosa Mancuso, Robinson

    Cosa succede quando non sei il protagonista della tua vita ma una semplice comparsa? Willis Wu vive in un piccolo appartamento a Chinatown e tutti i giorni si reca al Tempio d'oro, un ristorante cinese adibito a set cinematografico dove viene girata la serie poliziesca "Bianca e Nero". Ma Willis non è l'attore principale, le regole di Hollywood prevedono per lui, di origine asiatica, solo parti di contorno, dal fattorino delle consegne al cameriere. Willis lotta per farsi strada nella serie, il suo sogno è diventare il Fenomeno del kung fu, il ruolo più importante che un orientale possa interpretare, quello a cui tutti ambiscono. Ma è veramente così? È quello il massimo a cui può aspirare, nella serie come nella vita? Willis si troverà ad affrontare un mondo più grande e complesso di quello della Chinatown dov'è cresciuto, scoprirà le origini di quel luogo e le radici della sua famiglia fino a interrogarsi su cosa voglia dire veramente fare la comparsa in una vita che fatica ad accettarlo. Charles Yu costruisce un romanzo che scorre tra serie TV e kung fu, ironico e sorprendente come un film di Tarantino, per raccontare la storia di un protagonista che vuole integrarsi in un mondo dalle regole spietate.


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    Devo ammettere che è raro restare delusi da un vincitore del National Book Award, solitamente si va a colpo sicuro. Questo romanzo potrebbe essere una delle eccezioni che confermano la regola.
    I presupposti sono lodevoli, attuali e interessanti, tanto l'idea di mettere giù in un ibrido tra prosa e sceneggiatura La vita quotidiana come rappresentazione quanto quella di domandarsi quale sia il momento in cui si smette di essere visti come "maschi asiatici non meglio identificati", dopo quante generazioni sarà possibile essere visti soltanto come banalissimi "americani qualsiasi", senza che la fisionomia o il paese di origine possano influenzare la definizione che gli altri danno di te. All'interno di questi due argomenti specifici se ne dipana un terzo: cosa significa nella vita smettere di essere comparsa e cominciare ad essere protagonista? Ed è davvero ciò a cui è giusto aspirare?
    Si parte da ottime idee, quindi, senza che però il romanzo abbia sviluppo. Come se rimanesse arroccato in difesa, senza avere davvero quella voglia di aggredire l'argomento, come se lasciasse trasparire un certo timore di sé. Una rivendicazione di esistere che manca della forza necessaria per colpire davvero. La si comprende, la si condivide, ma non si riesce a sentir vibrare le corde dell'empatia. L'intreccio non travolge come dovrebbe e infine delude sul più bello.
    Da stendere un velo pietoso sulla descrizione "ironico e sorprendente come un film di Tarantino", frase che non merita neanche di essere commentata.
     
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