L'occhio della mente

~ Oliver Sacks

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    Titolo: L'occhio della mente
    Autore: Oliver Sacks
    Anno: 2011
    Editore: Adelphi
    Pagine: 288
    Descrizione: Lilian Kallir è una brillante pianista che predilige Mozart: una sera, allorché deve affrontare il Concerto n. 21 (quello col famoso Andante), la partitura diventa di colpo un intrico di segni incomprensibili; è l'esordio di una neuropatologia che le impedirà, se non di scrivere, di leggere alcunché e altererà la sua percezione sino a farle confondere un violino con un banjo o un rasoio con una penna. Sue Barry è riuscita a diventare neurobiologa nonostante una menomazione invalidante: una forma di "strabismo" che inibisce la visione "stereoscopica", sicché gli occhi sono attivi uno per volta, in alternanza, senza mai potersi coordinare; per lei, la profondità e la terza dimensione sono categorie puramente immaginarie. Sono solo due dei casi raccontati e analizzati nel nuovo libro di Oliver Sacks: storie di amputazioni e deformazioni affettivo-cognitive che sembrano sfociare in drammi senza ritorno. Eppure Sacks mostra ancora una volta come ogni ferita attivi inaspettate strategie adattative, una capacità impensabile di conservare o ridisegnare l'Io e il Sé. Ma per il lettore la vera sorpresa consisterà nel vedere tali dinamiche confermate dall'esperienza personale dello stesso Sacks. Scrutandosi con freddezza clinica, ma senza il timore di rivelare le oscillazioni dei suoi stati d'animo, il neurologo-scienziato parla infatti sia della sua prosopagnosia (l'incapacità di riconoscere i volti), sia dell'odissea legata a un melanoma maligno nella regione dell'occhio sinistro.
     
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    Se piace Sacks, piace anche questo libro, che tuttavia considero un po' moscetto. Ci sono sempre informazioni molto interessanti, ma credo che i motivi per cui non rimane particolarmente accattivante siano due: 1. è un po' disomogeneo: nella prima parte Sacks parla di casi clinici, che tuttavia non sono molti, mi pare un paio, o di certo non più di tre. Il fatto che non siano molti fa in modo che l'autore indulga in dettagli forse non così rilevanti (o certe volte divaghi anche, su roba interessante per carità, ma fa perdere un po' compattezza alla storia). Nella seconda parte parla di se stesso e della sua lotta contro la perdita di visione a un occhio e la conseguente perdita di profondità della sua vista. Credo che sia la parte che ho apprezzato di più, mi sembrava fosse un po' più "de core", come si dice qui, più coinvolgente: sebbene della perdita di profondità avesse già parlato in un caso clinico precedente, la narrazione personale rende più viva la lettura. A Sacks riesce bene parlare delle esperienze in prima persona. In più, credo sia il capitolo più lungo e con maggior continuità.
    2. I casi clinici un po' si assomigliano, quindi non hai, come nel Cappello, ad ogni capitolo un nuovo sintomo assurdo che ti fa dire WHOA!
    I cardini sono tre: prosopagnosia (incapacità di distinguere le facce), alessìa e visione stereoscopica, che son più strettamente legati di quanto non si pensi. Dopo un po' si ha l'impressione che l'argomento si esaurisca. O forse il problema è mio, che non lo trovo così interessante.

    Nel complesso però è Sacks, e riesce comunque a essere piacevole.
     
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