John Updike

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    Da Il centauro :
    (Ho tagliato le parti allucinate a mia discrezione, perché quello che mi interessava condividere era la lezione in sé, ma per rispetto dell'originale inserisco il testo integrale in spoiler)

    CITAZIONE
    Supponiamo che l’universo esista da tre giorni. Oggi è giovedí e mancano – guardò l’orologio – venti minuti a mezzogiorno –. Soltanto venti minuti: avrebbe dovuto affrettarsi. – Ok. Lunedí scorso a mezzogiorno si è verificata l’esplosione piú immane che si sia mai vista. Noi siamo ancora sospinti da essa. Mentre guardiamo le altre galassie, esse si allontanano da noi. Quanto piú sono lontane, tanto piú velocemente si allontanano. Secondo i calcoli devono avere iniziato tutte quante il viaggio in un punto circa cinque miliardi di anni fa; tutte le migliaia di migliaia di migliaia di migliaia di miliardi, elevati al quadrato e ancora al quadrato, di tonnellate di materia esistenti nell’universo erano compresse in una sfera della massima densità possibile, la densità che si riscontra entro il nucleo dell’atomo; un centimetro cubo di quest’uovo primitivo pesava duecentocinquanta tonnellate.
    Pareva a Caldwell che uno di quei centimetri cubici gli si fosse conficcato nelle viscere. L’astronomia lo paralizzava. A volte, durante la notte, quando giaceva spossato nel suo letto, sentiva che il suo corpo rifluente era di un’enormità fantastica, e conteneva entro le proprie tenebre un miliardo di stelle.
    (...)
    Caldwell si sforzò di continuare. – La compressione era cosí forte, che la materia divenne instabile; esplose in un secondo… non un secondo del nostro tempo immaginario, ma un secondo reale, di tempo reale. Ebbene, mi state seguendo?, sulla nostra scala di tre giorni, per tutto il lunedí pomeriggio l’universo è stato ardente e luminoso di energia radiante; entro sera la dispersione è arrivata a un punto tale da far scendere le tenebre. L’universo diviene completamente scuro. E la materia scura (polvere, pianeti, meteoriti, rifiuti, immondizie, sassi) supera ancora di gran lunga il peso della materia luminosa. In quella prima notte il flusso in espansione della sostanza universale si è frantumato in immense nubi di gas, le protogalassie, e in esse l’attrazione gravitazionale ha condensato sfere di gas che sotto la pressione esercitata dalle loro masse di mano in mano piú grandi hanno incominciato a bruciare. Cosí, qualche tempo prima dell’alba di martedí, le stelle hanno incominciato a splendere. Ci siete?
    E queste stelle erano circondate da nubi in rotazione di materia, che a loro volta si sono condensate. Una delle nubi era la nostra terra. Una terra gelida, ragazzi, abbastanza gelida per congelare non soltanto il vapore acqueo, ma l’azoto, gli ossidi di carbonio, l’ammoniaca e il metano; intorno ai granelli di polvere di materia solida, questi gas congelati si sono cristallizzati in fiocchi di neve, i quali si uniscono dapprima lentamente, poi con un ritmo sempre piú veloce; ben presto cadono sulla terra che va crescendo con velocità sufficienti a generare un calore considerevole. La neve cosmica si scioglie e torna a innalzarsi nello spazio lasciando, sulla terra, una massa fusa degli elementi minerali che, nell’universo stesso, rappresentano meno dell’uno per cento della massa totale. Ok. Con ciò è passato un giorno e ne rimangono due. A mezzogiorno della seconda giornata, si è formata una crosta. Può darsi che sia stata di basalto completamente coperto da un oceano primevo; poi si aprono crepe riversando granito liquido che si consolida nei primi continenti. Nel frattempo il ferro fuso, piú pesante della lava, affonda verso il centro, dove viene a costituire il nucleo fuso. (…)
    – Per un giorno intero, – disse, – tra martedí e mercoledí a mezzogiorno, la terra rimane deserta. Nessuna traccia di vita. Soltanto orribili rupi, acqua stagnante, vulcani in eruzione, tutto slitta e tutto frana e magari si congela di tanto in tanto; mentre il sole, simile a una sudicia lampadina, balugina in cielo. Ma ieri a mezzogiorno è apparso un accenno di vita. Niente di spettacolare: solo un piccolo frammento di melma. Per tutto ieri pomeriggio e per la maggior parte della notte, la vita è rimasta microscopica –. Si voltò e scrisse sulla lavagna:
    Corycium enigmaticum
    Leptothrix
    Volvox.
    (…)
    Caldwell disse: – Corycium enigmaticum. Residui carbonici di questi organismi marini primitivi sono stati rinvenuti in rocce della Finlandia che si ritengono antiche di un miliardo e mezzo di anni. Come fa capire il nome, queste primitive forme di vita rimangono enigmatiche, ma si crede che fossero alghe calcaree verdazzurre, del tipo che ancor oggi colora vaste zone dell’oceano.
    (...)
    – Il Leptothrix, – disse, – è un microscopico grumetto di vita il cui nome in greco significa «piccolo pelo». Questi batteri erano in grado di estrarre dal sale ferroso un granulo di ferro puro e, per quanto la cosa possa sembrare fantastica, il loro numero era tale che crearono tutti i depositi di minerali metallici sfruttati attualmente dall’uomo. La Mesabi Range, nel Minnesota, fu eretta in origine da cittadini americani, migliaia dei quali troverebbero posto su una capocchia di spillo. Poi, per vincere la seconda guerra mondiale, noi estraemmo da essa tutte quelle navi da battaglia, quei carri armati, quelle jeep, quei distributori automatici di Coca-Cola e riducemmo la povera, antica Mesabi Range come una vecchia carcassa rosicchiata dagli sciacalli. Me ne dispiace moltissimo. Quando ero ragazzo a Passaic, solevano parlare della Mesabi Range come se fosse stata una splendida donna dai capelli arancione distesa lassú vicino ai Laghi.
    (…)
    – Il terzo, – gridò Caldwell, mentre la corrente sottomarina di strepito nella classe gli saliva alle labbra, – di questi primi cittadini del regno della vita, il Volvox, ci interessa perché inventò la morte. Non c’è alcuna ragione intrinseca, nella sostanza plasmica, per cui la vita debba avere fine. Le amebe non muoiono mai, e quelle cellule spermatiche maschili che giungono alla meta divengono le pietre miliari di una nuova vita che si perpetua al di là del padre. Ma il Volvox, un globo ruotante di alghe flagellate organizzate in cellule somatiche e riproduttive, un essere che non è né pianta né animale (visto al microscopio ha semplicemente l’aspetto di una pallina da albero di Natale), aprendo la strada a questa nuova idea della «cooperazione» trasferí la vita nel campo della morte certa, anziché accidentale. Infatti – resistete, ragazzi: mancano soltanto altri sette minuti di tortura – mentre ogni cellula è potenzialmente immortale, la cellula stessa offrendosi volontaria per una funzione specializzata nell’ambito di una società organizzata di altre cellule entra a far parte di un ambiente compromesso. Lo sforzo alla lunga la logora e la uccide. Essa muore sacrificandosi per il bene della collettività. Queste cellule primordiali che si stancarono di aggirarsi in eterno in una schiuma verdazzurra e dissero: «Uniamoci e formiamo un Volvox», furono le prime altruiste, le prime benefattrici. Se avessi il cappello, me lo toglierei in loro onore.
    (...)
    Caldwell guardò l’orologio. Solo cinque minuti e rimaneva ancora la parte essenziale della vicenda. – Verso le tre e mezzo di stamane, – disse, – mentre voi ancora dormivate nei vostri letti, tutte le specie maggiori, eccetto i cordati, apparvero in forme progredite. A quanto ci dicono i fossili, accadde cosí –. Fece schioccare le dita. – Fino all’alba, l’animale piú importante del mondo, diffuso ovunque sui fondali oceanici, era stato un brutto coso chiamato trilobite.
    (…)
    – Alle sette di stamane, – (...) – apparvero i primi pesci vertebrati. La crosta terrestre si deformò. Gli oceani dell’era ordoviciana si restrinsero –. (...) – Alle sette e mezzo le prime piante incominciarono a crescere sulla terra asciutta. Nelle paludi i dipnoi impararono a respirare e a trascinarsi sul fango. Alle otto esistono già gli anfibi. La terra è calda. Nell’Antartide vi sono regioni paludose. Foreste lussureggianti di felci gigantesche crescono, muoiono, formano i giacimenti di carbone che noi sfruttiamo attualmente e dai quali quell’era prende nome.
    (…)
    – Appaiono e si diversificano gli insetti, certe libellule hanno ali lunghe settantacinque centimetri. Il mondo torna a raffreddarsi. Alcuni anfibi riprendono l’esistenza marina, altri incominciano a deporre le uova sulla terraferma. Questi ultimi sono i rettili, e per due ore, dalle nove alle undici, mentre la terra va nuovamente riscaldandosi, essi dominano la vita. Plesiosauri lunghi quindici metri vagano nei mari, pterosauri battono nell’aria le loro ali simili a ombrelli rotti. Sulla terra esseri stupidi e giganteschi fanno tremare il suolo –. (...) – I brontosauri avevano un corpo del peso di trenta tonnellate e un cervello di poco piú di cinquanta grammi. L’anatosauro possedeva duemila denti. Il triceratopo aveva un elmo d’ossa increspate lungo piú di due metri. Il Tyrannosaurus rex aveva arti minuscoli e denti simili a rasoi lunghi trenta centimetri, e fu eletto presidente. Divorava qualunque cosa… carogne, animali vivi, ossami…
    (…)
    – Ancora due minuti, – urlò Caldwell. La sua voce era salita di tono facendosi piú acuta, come se gli avessero ruotato un piolo nella testa. – Rimanete seduti. Dobbiamo parlare dei mammiferi estinti e del successivo periodo di ere glaciali. Per farla breve, un’ora fa, diffondendosi sulla scia delle piante da fiore e delle erbe, i nostri fedeli amici, i mammiferi, hanno popolato la terra, e un minuto fa, un minuto fa…
    (…)
    – … un minuto fa, – gridò Caldwell per la terza volta, (...) – … si è evoluto da un toporagno arboricolo, con la sua visione binoculare capace di percepire la profondità, con le zampe dal pollice opponibile capaci di afferrare, con una corteccia cerebrale estremamente complessa, sviluppatasi per adeguarsi alle particolari condizioni della vita arborea, da un minuscolo toporagno arboricolo come quelli che vivono attualmente a Giava, si è evoluto…
    (…)
    – Un minuto fa è apparso un tragico animale, capace di scheggiare la pietra, di accendere il fuoco, di prevedere la morte… – La campanella trillò, vi fu un rumoreggiare sordo nelle aule di tutto il vasto edificio; la sensazione di svenire dilagò in Caldwell, ma egli si mantenne ritto, essendosi impegnato a terminare. – … un animale chiamato Uomo.

    Supponiamo che l’universo esista da tre giorni. Oggi è giovedí e mancano – guardò l’orologio – venti minuti a mezzogiorno –. Soltanto venti minuti: avrebbe dovuto affrettarsi. – Ok. Lunedí scorso a mezzogiorno si è verificata l’esplosione piú immane che si sia mai vista. Noi siamo ancora sospinti da essa. Mentre guardiamo le altre galassie, esse si allontanano da noi. Quanto piú sono lontane, tanto piú velocemente si allontanano. Secondo i calcoli devono avere iniziato tutte quante il viaggio in un punto circa cinque miliardi di anni fa; tutte le migliaia di migliaia di migliaia di migliaia di miliardi, elevati al quadrato e ancora al quadrato, di tonnellate di materia esistenti nell’universo erano compresse in una sfera della massima densità possibile, la densità che si riscontra entro il nucleo dell’atomo; un centimetro cubo di quest’uovo primitivo pesava duecentocinquanta tonnellate.
    Pareva a Caldwell che uno di quei centimetri cubici gli si fosse conficcato nelle viscere. L’astronomia lo paralizzava. A volte, durante la notte, quando giaceva spossato nel suo letto, sentiva che il suo corpo rifluente era di un’enormità fantastica, e conteneva entro le proprie tenebre un miliardo di stelle.
    Zimmerman era proteso a bisbigliare qualcosa alla Osgood; i suoi occhi sporgenti accarezzavano la liscia curva nascosta delle mammelle della ragazza. La lascivia di lui era rivoltante; i ragazzi si stavano incendiando; da come erano ingobbite le spalle di Becky Davis, si capiva che Deifendorf, dietro di lei, le faceva il solletico sul collo con la gommina della matita. Becky era una sconcia puttanella della periferia di Olinger. La sua faccia era un piccolo triangolo bianco circondato da un ricciuto cuscino quadrato di capelli color carne. Stupida. Stupida e sudicia.
    Caldwell si sforzò di continuare. – La compressione era cosí forte, che la materia divenne instabile; esplose in un secondo… non un secondo del nostro tempo immaginario, ma un secondo reale, di tempo reale. Ebbene, mi state seguendo?, sulla nostra scala di tre giorni, per tutto il lunedí pomeriggio l’universo è stato ardente e luminoso di energia radiante; entro sera la dispersione è arrivata a un punto tale da far scendere le tenebre. L’universo diviene completamente scuro. E la materia scura (polvere, pianeti, meteoriti, rifiuti, immondizie, sassi) supera ancora di gran lunga il peso della materia luminosa. In quella prima notte il flusso in espansione della sostanza universale si è frantumato in immense nubi di gas, le protogalassie, e in esse l’attrazione gravitazionale ha condensato sfere di gas che sotto la pressione esercitata dalle loro masse di mano in mano piú grandi hanno incominciato a bruciare. Cosí, qualche tempo prima dell’alba di martedí, le stelle hanno incominciato a splendere. Ci siete?
    E queste stelle erano circondate da nubi in rotazione di materia, che a loro volta si sono condensate. Una delle nubi era la nostra terra. Una terra gelida, ragazzi, abbastanza gelida per congelare non soltanto il vapore acqueo, ma l’azoto, gli ossidi di carbonio, l’ammoniaca e il metano; intorno ai granelli di polvere di materia solida, questi gas congelati si sono cristallizzati in fiocchi di neve, i quali si uniscono dapprima lentamente, poi con un ritmo sempre piú veloce; ben presto cadono sulla terra che va crescendo con velocità sufficienti a generare un calore considerevole. La neve cosmica si scioglie e torna a innalzarsi nello spazio lasciando, sulla terra, una massa fusa degli elementi minerali che, nell’universo stesso, rappresentano meno dell’uno per cento della massa totale. Ok. Con ciò è passato un giorno e ne rimangono due. A mezzogiorno della seconda giornata, si è formata una crosta. Può darsi che sia stata di basalto completamente coperto da un oceano primevo; poi si aprono crepe riversando granito liquido che si consolida nei primi continenti. Nel frattempo il ferro fuso, piú pesante della lava, affonda verso il centro, dove viene a costituire il nucleo fuso. Nessuno di voi ha mai aperto una palla da golf?
    Aveva sentito la classe affondare lontano da lui, come lento ferro dalla crosta in raffreddamento. La palla da golf riscosse un poco i ragazzi, ma non abbastanza. Un polso col braccialetto si fermò a metà del passaggio, consegnando un biglietto; Deifendorf smise di fare il solletico alla Davis; Kegerise interruppe i suoi ghirigori; persino Zimmerman alzò lo sguardo. Forse Caldwell lo aveva soltanto immaginato, ma gli parve che il vecchio toro avesse accarezzato il braccio latteo della Osgood. Di tutto quel che avveniva nell’aula, nulla lo esasperava tanto quanto il sorrisetto sulla faccia oscena della Davis, sensuale, malizioso. La fissò con tanta intensità che le labbra coperte di rossetto viola mormorarono, come per difendersi: – È blu.
    – Sí, – disse lui adagio, – all’interno di una palla da golf, sotto tutti gli strati di gomma, c’è un sacchetto di liquido blu –. Si era dimenticato a quale scopo avesse accennato a quel particolare. Cercò l’orologio. Ancora dodici minuti. Lo stomaco gli si contorse. Cercò di eliminare tutto il proprio peso dalla gamba offesa; la piccola trafittura alla caviglia lo stava pungendo mentre il sangue si coagulava. – Per un giorno intero, – disse, – tra martedí e mercoledí a mezzogiorno, la terra rimane deserta. Nessuna traccia di vita. Soltanto orribili rupi, acqua stagnante, vulcani in eruzione, tutto slitta e tutto frana e magari si congela di tanto in tanto; mentre il sole, simile a una sudicia lampadina, balugina in cielo. Ma ieri a mezzogiorno è apparso un accenno di vita. Niente di spettacolare: solo un piccolo frammento di melma. Per tutto ieri pomeriggio e per la maggior parte della notte, la vita è rimasta microscopica –. Si voltò e scrisse sulla lavagna:
    Corycium enigmaticum
    Leptothrix
    Volvox.
    Batté con il gessetto sul primo nome e il gessetto gli si tramutò nella mano in una larva grande, calda, bagnata. Lo lasciò cadere in preda al disgusto e la classe ridacchiò. Caldwell disse: – Corycium enigmaticum. Residui carbonici di questi organismi marini primitivi sono stati rinvenuti in rocce della Finlandia che si ritengono antiche di un miliardo e mezzo di anni. Come fa capire il nome, queste primitive forme di vita rimangono enigmatiche, ma si crede che fossero alghe calcaree verdazzurre, del tipo che ancor oggi colora vaste zone dell’oceano.
    Un aeroplanino di carta schizzò in aria, oscillò e cadde in picchiata; colpí il pavimento e divenne un fiore bianco dall’aspetto ingenuo, il cui strillo infantile continuò per tutto il resto della lezione. Liquido chiaro gocciolava dalla sua foglia ferita e Caldwell chiese mentalmente scusa ai bidelli.
    – Il Leptothrix, – disse, – è un microscopico grumetto di vita il cui nome in greco significa «piccolo pelo». Questi batteri erano in grado di estrarre dal sale ferroso un granulo di ferro puro e, per quanto la cosa possa sembrare fantastica, il loro numero era tale che crearono tutti i depositi di minerali metallici sfruttati attualmente dall’uomo. La Mesabi Range, nel Minnesota, fu eretta in origine da cittadini americani, migliaia dei quali troverebbero posto su una capocchia di spillo. Poi, per vincere la seconda guerra mondiale, noi estraemmo da essa tutte quelle navi da battaglia, quei carri armati, quelle jeep, quei distributori automatici di Coca-Cola e riducemmo la povera, antica Mesabi Range come una vecchia carcassa rosicchiata dagli sciacalli. Me ne dispiace moltissimo. Quando ero ragazzo a Passaic, solevano parlare della Mesabi Range come se fosse stata una splendida donna dai capelli arancione distesa lassú vicino ai Laghi.
    Non contento del solletico con la matita, Deifendorf aveva posto le mani intorno al collo della Davis e la stava accarezzando sotto il mento. Il viso di lei si stava facendo sempre piú piccolo nell’estasi
    sensuale. – Il terzo, – gridò Caldwell, mentre la corrente sottomarina di strepito nella classe gli saliva alle labbra, – di questi primi cittadini del regno della vita, il Volvox, ci interessa perché inventò la morte. Non c’è alcuna ragione intrinseca, nella sostanza plasmica, per cui la vita debba avere fine. Le amebe non muoiono mai, e quelle cellule spermatiche maschili che giungono alla meta divengono le pietre miliari di una nuova vita che si perpetua al di là del padre. Ma il Volvox, un globo ruotante di alghe flagellate organizzate in cellule somatiche e riproduttive, un essere che non è né pianta né animale (visto al microscopio ha semplicemente l’aspetto di una pallina da albero di Natale), aprendo la strada a questa nuova idea della «cooperazione» trasferí la vita nel campo della morte certa, anziché accidentale. Infatti – resistete, ragazzi: mancano soltanto altri sette minuti di tortura – mentre ogni cellula è potenzialmente immortale, la cellula stessa offrendosi volontaria per una funzione specializzata nell’ambito di una società organizzata di altre cellule entra a far parte di un ambiente compromesso. Lo sforzo alla lunga la logora e la uccide. Essa muore sacrificandosi per il bene della collettività. Queste cellule primordiali che si stancarono di aggirarsi in eterno in una schiuma verdazzurra e dissero: «Uniamoci e formiamo un Volvox», furono le prime altruiste, le prime benefattrici. Se avessi il cappello, me lo toglierei in loro onore.
    Eseguí una pantomima fingendo di scappellarsi e la classe proruppe in un urlo. Mark Youngerman balzò in piedi e la sua acne accese la parete; l’intonaco incominciò ad ardere, gonfiandosi in pustole che lentamente andavano diffondendosi sopra la lavagna laterale. Pugni, artigli, gomiti sospesi a mezz’aria si offuscarono in un panico di chiazze colorate sopra i ripiani sfregiati e verniciati dei banchi; nell’intera massa impazzita, i soli corpi immobili erano quelli di Zimmerman e di Iris Osgood. A un certo momento Zimmerman aveva attraversato l’aula furtivamente e ora sedeva allo stesso banco della ragazza. Le aveva posto un braccio sulle spalle e sorrideva radioso guardando con orgoglio dinanzi a sé. Iris, nella sua stretta, era tranquilla e inerte, con gli occhi bassi e le gote lievemente arrossate.
    Caldwell guardò l’orologio. Solo cinque minuti e rimaneva ancora la parte essenziale della vicenda. – Verso le tre e mezzo di stamane, – disse, – mentre voi ancora dormivate nei vostri letti, tutte le specie maggiori, eccetto i cordati, apparvero in forme progredite. A quanto ci dicono i fossili, accadde cosí –. Fece schioccare le dita. – Fino all’alba, l’animale piú importante del mondo, diffuso ovunque sui fondali oceanici, era stato un brutto coso chiamato trilobite.
    Un ragazzo seduto accanto alle finestre aveva portato in classe di nascosto un cartoccio, e ora, dopo che un compagno gli diede di gomito, ne rovesciò il contenuto – un piccolo ammasso di trilobiti vivi – sul pavimento. Quasi tutti erano lunghi da due a cinque centimetri, ma alcuni superavano i trenta. Sembravano onischi ingranditi, solo che erano rossicci. I piú grossi avevano antenne semisrotolate sui rubicondi scudi cefalici, simili a profilattici. Mentre strisciavano tra le metalliche gambe a spirale dei banchi, le loro teste senza cervello e le loro fruscianti glabelle sfiorarono le caviglie delle ragazze, che strillarono e scalciarono in alto con i piedi facendo balenare cosce candide e mutandine grigie. Terrorizzati, alcuni trilobiti si appallottolarono in sferette segmentate. Per divertimento, i ragazzi presero a far cadere i loro pesanti libri di testo su questi artropodi primitivi; una delle ragazze, un enorme pappagallo violetto piumato di melma, abbassò rapida la testa e ne raccattò uno piccolo. Le minuscole zampe biforcute del trilobite si agitarono in una protesta capovolta. La ragazza stritolò l’animaletto nel becco colorato e masticò metodicamente.
    Caldwell si disse che a quel punto del gioco non rimaneva altro da fare se non incanalare il tumulto fino al suono della campanella. – Alle sette di stamane, – spiegò, e alcune facce imbrattate parvero prestargli ascolto, – apparvero i primi pesci vertebrati. La crosta terrestre si deformò. Gli oceani dell’era ordoviciana si restrinsero –. Fats Frymoyer si sporse in avanti e spinse il piccolo Billy Schupp giú dalla sedia. Il ragazzo, un gracile diabetico, cadde sul pavimento con un tonfo. Quando tentò di alzarsi, una mano anonima apparve sulla sua testa e lo spinse di nuovo giú. – Alle sette e mezzo le prime piante incominciarono a crescere sulla terra asciutta. Nelle paludi i dipnoi impararono a respirare e a trascinarsi sul fango. Alle otto esistono già gli anfibi. La terra è calda. Nell’Antartide vi sono regioni paludose. Foreste lussureggianti di felci gigantesche crescono, muoiono, formano i giacimenti di carbone che noi sfruttiamo attualmente e dai quali quell’era prende nome. Cosí, quando voi dite «della Pennsylvania», potete riferirvi sia a un tonto olandese, sia a un periodo dell’era paleozoica.
    Betty Jean Shilling biascicava gomma da masticare; a questo punto una bolla delle dimensioni di una pallina da ping-pong, un trionfo, un prodigio, le uscí dalla punta della lingua e dalle labbra. La ragazza incrociò con accanimento gli occhi, che parvero volerle schizzare fuori delle orbite in quella sua faticosa concentrazione; ma la bolla straordinaria scoppiò, rivestendole il mento con una striscia rosea.
    – Appaiono e si diversificano gli insetti, certe libellule hanno ali lunghe settantacinque centimetri. Il mondo torna a raffreddarsi. Alcuni anfibi riprendono l’esistenza marina, altri incominciano a deporre
    le uova sulla terraferma. Questi ultimi sono i rettili, e per due ore, dalle nove alle undici, mentre la terra va nuovamente riscaldandosi, essi dominano la vita. Plesiosauri lunghi quindici metri vagano nei mari, pterosauri battono nell’aria le loro ali simili a ombrelli rotti. Sulla terra esseri stupidi e giganteschi fanno tremare il suolo –. A un segnale predisposto tutti i ragazzi nell’aula incominciarono un coro muto. Non una bocca si muoveva: essi volgevano gli occhi qua e là con aria innocente, ma l’atmosfera era satura di un’aleggiante insolenza melliflua. Caldwell non poté fare altro che proseguire. – I brontosauri avevano un corpo del peso di trenta tonnellate e un cervello di poco piú di cinquanta grammi. L’anatosauro possedeva duemila denti. Il triceratopo aveva un elmo d’ossa increspate lungo piú di due metri. Il Tyrannosaurus rex aveva arti minuscoli e denti simili a rasoi lunghi trenta centimetri, e fu eletto presidente. Divorava qualunque cosa… carogne, animali vivi, ossami…
    Squillò la prima campana. I capiclasse si precipitarono fuori dei banchi; uno di essi calpestò l’anemone sul pavimento e il fiore gemette stridulo. Due ragazzi si urtarono sulla soglia e, fendendo l’aria, cercarono di pugnalarsi con le matite; muco si riversava dalle loro narici. Chissà come, Zimmerman aveva tolto la blusa e il reggipetto a Iris Osgood e i seni della ragazza apparivano sopra il banco come due placide, commestibili lune che sorgessero fianco a fianco.
    – Ancora due minuti, – urlò Caldwell. La sua voce era salita di tono facendosi piú acuta, come se gli avessero ruotato un piolo nella testa. – Rimanete seduti. Dobbiamo parlare dei mammiferi estinti e del successivo periodo di ere glaciali. Per farla breve, un’ora fa, diffondendosi sulla scia delle piante da fiore e delle erbe, i nostri fedeli amici, i mammiferi, hanno popolato la terra, e un minuto fa, un minuto fa…
    Deifendorf aveva trascinato la Davis in mezzo ai banchi, e lei ridacchiava e si dibatteva tra le sue lunghe gambe cosparse di peli.
    – … un minuto fa, – gridò Caldwell per la terza volta, e fu centrato in faccia da una manciata di pallini. Trasalí, si fece scudo con la mano destra e ringraziò Dio che i suoi occhi non fossero stati colpiti. Nessuno ve ne darà un altro paio . Il suo stomaco lo tormentò, solidale con la gamba. – … si è evoluto da un toporagno arboricolo, con la sua visione binoculare capace di percepire la profondità, con le zampe dal pollice opponibile capaci di afferrare, con una corteccia cerebrale estremamente complessa, sviluppatasi per adeguarsi alle particolari condizioni della vita arborea, da un minuscolo toporagno arboricolo come quelli che vivono attualmente a Giava, si è evoluto…
    La gonna gualcita della ragazza era sollevata intorno alla vita. Era china a faccia in giú sopra il banco e gli zoccoli di Deifendorf si spostavano febbrili nello stretto passaggio fra i banchi. Con il suo sorriso sonnacchioso e prudente egli la stava coprendo; l’intera aula sapeva di scuderia. Caldwell vide rosso. Prese sul piano della cattedra la lucente asta della freccia, si portò avanti a grandi passi attraverso la confusione nauseante di libri chiusi con un tonfo, e una volta, due volte, fustigò, fustigò il nudo dorso della bestia bastarda. «Mi hai sfasciato il radiatore». Due strisce bianche splendettero sulla carne delle spalle di Deifendorf. Mentre Caldwell guardava inorridito, le strisce si arrossarono adagio. Sarebbero rimasti i segni. La coppia si separò come un fiore spezzato. Deifendorf guardò in su con i piccoli occhi castani lustri di lacrime; la ragazza, con deliberata compostezza, si aggiustò i capelli. Con la coda dell’occhio Caldwell vide la mano di Zimmerman che scribacchiava furiosamente.
    Il professore, stordito, tornò alla cattedra. Gesú, non aveva avuto l’intenzione di colpire cosí forte il ragazzo. Mise l’asta d’acciaio nell’incavo per il gesso, sotto la lavagna. Si voltò e chiuse gli occhi, e il dolore spiegò le sue ali bagnate nella rossa oscurità. Aprí la bocca; il suo stesso sangue odiava le vicende che aveva narrato. – Un minuto fa è apparso un tragico animale, capace di scheggiare la pietra, di accendere il fuoco, di prevedere la morte… – La campanella trillò, vi fu un rumoreggiare sordo nelle aule di tutto il vasto edificio; la sensazione di svenire dilagò in Caldwell, ma egli si mantenne ritto, essendosi impegnato a terminare. – … un animale chiamato Uomo.
     
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