Tuscia 2012

Aridità dorata, follia e litrate d'acqua

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    Buon per voi che abbia tenuto un diario dettagliato della vacanza, perché con la discontinuità con cui abbiamo fatto le foto tra qualche anno non ci saremmo più ricordati quando è successo cosa (per non parlare di Elena, che già non si ricorda più di averci ospitato).

    08/08, Bologna Centrale, poco dopo mezzogiorno. On the road again.
    On the road again. Se così si può dire. Almeno ho di nuovo uno zaino in spalla. Il primo tratto di viaggio in treno mi ha messo addosso un po’ di depressione. Faccio come Chris mi ha detto di non fare e do la colpa alle poche ore di sonno e agli ormoni che non si producono. Però sono contento di fare questo viaggio. Se rimanevo a casa finivo con l’impazzire. Mi costringo a non pensare agli esami e alla tesi, anche se non è facile; quello è il muro su cui dovremo schiantarci tutti a settembre, e io non ho esattamente l’equipaggiamento più adatto.
    Ouch. L’aria condizionata avrà anche tenuto lo spumante al fresco, ma mi ha fatto venire un mal di testa da suicidio.

    08/08, Acquapendente, le quattro passate. Come al solito.

    p1000298x

    Come al solito dovrei aspettare di essere giunto a destinazione prima di sprecare carta e inchiostro inutilmente. Scendo nel caldo soffocante di Orvieto e incontro Chiara (Kiby) nel sottopassaggio. C’è un errore di ortografia sul cartello, ma mi appunto di correggerlo più tardi. Luca, il ragazzo di Elena, è un curioso incrocio tra Eugenio di Lingue e Mad Simon, anche se infinitamente superiore ad entrambi (annotazione posteriore, sì. Fatemi causa.).
    Durante il viaggio in macchina studio il paesaggio. Questa strana terra che oscilla tra la Toscana e il Lazio, frutto di annessioni per sfizio e scarabocchi sulla carta geografica. Sali e scendi per le colline, con alcuni monticelli lontani che ci fissano in silenzio. Mi si riempie il cuore: quasi sei anni che non tornavo da queste aride parti. Al podere si arriva attraverso una strada sterrata che lo separa da un campo. Un ampio e lungo cortile alberato davanti ad un edificio diviso in due, la metà di sinistra occupata dagli zii di Elena. La nostra metà ha una porta al pianterreno che introduce nella zona principale. A quella sopraelevata accanto ad essa, il cui pianterreno è abbandonato, si arriva attraverso una scala in pietra. Tecnicamente è un appartamento a parte, dove io e (V)Igor abbiamo sistemato le nostre cose e i letti. Nella zona principale c’è un piccolo salotto, una cucina e al piano di sopra il bagno, la camera delle ragazze e una stanza dove la sorella di Elena lavora come estetista (almeno così ho capito).
    Dopo 10-15 minuti arriva Elena, distrutta di ritorno dal lavoro. Mi informa che gli zii (soprattutto la zia) lì accanto sono pazzi, che il bagno nella parte di sopra non scarica e che domani faremo un’escursione su uno di quei monti silenziosi. Passiamo un paio d’ore tra Spongebob, critica dei giochi di società e un maledetto cubo scomponibile, poi usciamo. L’idea è comprare provviste per domani, fare un giro del paese e cenare al pub dove dovrebbero raggiungerci i cugini olandesi. Igor spera ardentemente in questa possibilità.
    Acquapendente è piuttosto anonima, ad eccezione di un lavacrio pubblico trasformato in biblioteca e un inquietante striscione che annuncia una Festa del Pugnalone. Dopo le provviste, aperitivo in uno dei tanti bar del paese (ricordi di Asti) e successivo trasferimento al pub. Due “pizze alla pala” vergognosamente grandi e birra rossa in quantità non sufficiente a spegnerci la sete. Discorsi che vanno dai film sovietici a Guerre Stellari, passando per le affascinanti declinazioni russe e Praga Mon Amour (a parte la mancanza di verdura). Quando sta per cominciare il delirio arrivano altri amici e decidiamo di unire i tavoli. Lungo giro di presentazioni, di cui ricordo solo Paolino (Paolitro) e Pietro, e ancora Guerre Stellari. Pietro fa notare come noi quattro abbiamo quasi costruito un quadrilatero attorno ad Acquapendente. Attraverso una premessa che non ricordo troppo bene, lungo discorso con Elena sull’estinzione dell’uomo e il suo presunto ruolo di parassita sulla Terra. Verso la mezza ritorno a casa per prepararci alla giornata di domani.
     
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    Viva il resoconto dettagliato!
    Posso aggiungere che l'8/8 non sono potuta andare a prendere Davide in stazione perché la mattina ho lavorato a Vulci, Igor è venuto con me per visitare le rovine della città e vedere il bellissimo laghetto del Pellicone.
    dscn0030h
    Ah, giusto, sempre l'8 mattina, prima di Vulci, prima di Davide, alle 7.45 siamo stati al maneggio di Montepozzino e abbiamo fatto una bella lezione e una passeggiata,

    Comunque sì, siamo stati estremamente discontinui nel far foto e anche nell'aggiornare il diario (pure il nostro diario di bordo)
     
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    09/08. In piedi alle 07.00 immerso nel fresco del mattino.

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    In piedi alle 07.00 immerso nel fresco del mattino. Odio quel maledetto gallo che mi ha svegliato già alle cinque. Verso le otto siamo in paese, dove incontriamo Luca, Paolino e Fabiana, la sua ragazza. Il lungo viaggio per raggiungere il monte Cetona passa attraverso colline arse dal sole, insenature argillose, piccole macchie d’alberi sparse qua e là e paesi arroccati che sembrano essere stati ignorati dal tempo. Arriviamo con la macchina fino a 700 m circa e cominciamo. Il sentiero è all’inizio ombreggiato da una lunga fila di alberi; nessuna grande difficoltà, anche se alcuni passaggi più ripidi si fanno sentire. Oltre la macchia si prosegue sul crinale, dove pietre bianche abbaglianti e radi alberi condiscono il paesaggio; da quassù, nonostante la foschia, si riesce a vedere buona parte delle colline circostanti, due monticelli vicini e il Trasimeno in lontananza. Per adesso nessun segno di serpenti saltatori. Proseguiamo ancora lungo il crinale, rinfrescati da un vento che promette di non farci sentire il caldo finché non ci saremo scottati. Chiara comincia a dare segni di cedimento, e anch’io devo fare attenzione a non forzare troppo le ginocchia. Arriviamo al bivio: da una parte una strada sterrata, termine dell’alternativa più agevole per arrivare fin lì, dall’altra un sentiero seminascosto dall’erba che sale ripido fino alla vetta. Saliamo lungo il sentiero, mentre Chiara ed Elena prendono la strada sterrata; ci rincontreremo in uno spiazzo più in basso. Quest’ultimo tratto è più tosto, con alcuni punti in cui rischio di inciampare in rocce ingrassate dal muschio. La vetta è un piccolo spiazzo roccioso su cui hanno eretto un’imponente e orrenda croce in gabbia di metallo, termine della Via Crucis. Ci riposiamo qualche minuto, poi scendiamo attraverso il sentiero boscoso che compone quest’ultima, lungo un percorso che pian piano ridiventa “civilizzato”. Raggiungiamo Chiara ed Elena e ci fermiamo a riposare un altro po’. Al ritorno facciamo al contrario la strada che hanno fatto loro prima e sbuchiamo di nuovo sul crinale. In discesa si va meglio, ma il caldo comincia a farsi sentire. Pranziamo a Radicofani in un posto chiamato Il Grottino, dove le porzioni sono abbondanti e le signore tengono i cagnolini sotto la maglia. Al ritorno al podere siamo stanchi morti e passiamo le ore che ci separano dalla cena a vegetare al fresco. Dopo, Olimpiadi alla televisione e Pietroburgo sul pc. A letto ad un orario imprecisato.

    Bonus.
    Luca (picchiando con il bastone sulle rocce): “Almeno evitiamo che [i serpenti saltatori] sbuchino all’improvviso.”
    Paolino: “E se te cadono in testa dagli alberi?”
    Luca: “…”
    Fabiana: “E se te cadono in testa… te dice merda tanto, se te cadono in testa.”
     
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    10/08: oggi aquatrek.

    dscn0474a

    Oggi aquatrek. Facciamo provviste in paese e partiamo verso il fiume Fiora, l’unico corso d’acqua di una certa importanza da queste parti. Il viaggio è lungo, attraverso territori un tempo controllati dai briganti, la Selva Oscura di Dante e strade che non dovrebbero esistere sulle mappe. Ci segue una famiglia di belgi che probabilmente pensano che li vogliamo derubare e assassinare. Nel canyon boscoso in cui scorre il fiume oltre alla guida e sua moglie c’è una coppia con una bambina, venuti apposta oggi perché sapevano ci sarebbe stata Elena. In riva al fiume ci infiliamo mute e giubbotti di salvataggio e cominciamo ad abituarci all’acqua; in molti punti è possibile camminare o lasciarsi trasportare a dorso dalla corrente. La zona iniziale passa accanto al vecchio letto del fiume, esondato due anni fa e poi ritiratosi. In mezzo alla ghiaia sta ora crescendo un bosco di pioppi e salici alti poco meno di mezzo metro. Tra salici a pelo d’acqua, corrente torbida e il silenzio pressoché assoluto, sembra di guadare un fiume vietnamita, facendo occhio a trappole e guerriglieri nascosti. Nonostante il rischio di essere crivellati di colpi, non ci facciamo problemi a saccheggiare i rovi carichi di more (more!). Avanti proseguiamo più di frequente sulla terraferma, fatto giustificato dal maggior numero di rapide, che rendono impegnativo per la moglie della guida portare la canoa con le provviste e la roba asciutta. Il tratto successivo costeggia una grande piana assolata adibita a pascolo, con un unico albero a proteggere dal sole. Anche qui un tempo passava il fiume, che nell’ultima piena ha raggiunto i 4 m d’altezza, più di 7 m sopra il livello attuale. Proseguiamo nella zona meno “curata” e più selvaggia, dove la vegetazione si fa più fitta e in alcuni punti non si tocca. Ci spingiamo fino al limite del percorso guadabile, dove il fiume sprofonda in piccole cascate. Momento meditazione e pulizia delle scarpe dal fango del fiume. Torniamo indietro di un pezzo e pranziamo su una riva ghiaiosa. Qui ci liberiamo di mute e giubbotti, torniamo indietro un altro po’ e iniziamo il ritorno attraverso il bosco della riva sinistra, passando su sentieri che se non sono stati costruiti dagli elfi sicuramente sono stati fatti su loro commissione. Elena ci guida in una gola dove nella roccia sono state scavate grotte e rifugi da generazioni di eremiti medievali. Una pioggia leggera che si unisce alla cascata nella roccia, sentieri scoscesi, steccati e ponti di legno poco rassicuranti. Forse qualcuno di loro ha veramente trovato Dio tra queste rocce. Oltre gli alberi il sentiero si apre in campi e terreni da pascolo. Salutiamo il resto del gruppo al furgone e lungo la strada facciamo una sosta ad una fontana al limitare della Selva di Lamone per rinfrescarci e scattare foto scrause. Di ritorno al podere attraverso mille (mille!) campi di patate. Cerchiamo di lavarci in fretta per la grigliata a casa di Luca, che si farà in casa sulla piastra (la grigliata, non Luca) perché fa troppo caldo per usare la brace, ma anche sulla piastra si morirà comunque e io ho troppo caldo già adesso per stare dietro a queste complicate questioni organizzative. Casa di Luca, quindi, una di tante villette a schiera in una zona periferica (si fa per ridere) di Acquapendente. Piccolo giardino esterno e lunga area open-space salotto + cucina tra divanetti, tavolo e banconi vari. Oltre a Luca e Paoletto (troppi Paoli!) c’è anche una ragazza di nome Stefania, che mi dicono essere la Nebula di Altrove. Tempo dieci anni e sarà identica alla mia insegnante di pallacanestro delle elementari, anche se si spera senza le stampelle per la poliomielite. Tra degustazioni di birre artigianali, seppuku di neuroni su un altro cubo scomponibile e partite a scacchi cominciate troppo tardi, arriva il momento del cibo! È per pura cortesia se mi trattengo dall’azzannare qualsiasi pezzo di carne mi capiti sotto gli occhi, incluse le braccia di Igor e Stefania. A Trieste non sanno cosa sia una salsa piccante, ma riescono a far uscire fuori qualcosa di buono ugualmente. Dopo cena io e Luca chiudiamo in fretta la partita a scacchi (persa dall’autore di queste righe) e ci uniamo agli altri per il Maxi-Paroliere, uno dei giochi da tavolo più flashanti che abbia mai visto. Igor, forse molto saggiamente, decide di sdraiarsi sul divano e ignorarci. Verso la mezza (credo) i pochi ma valorosi neuroni rimasti implorano la resa e decidiamo che è tempo di dormire. Chiara si porta via il cubo scomponibile perché altrimenti se lo sognerà di notte (sic.).

    Bonus.
    Igor (ai ragazzi belgi che prendevano le more): “Be careful, they’re natural laxatives.”
    […]
    Davide: “Guarda, ora discutono tra di loro la notizia, poi correranno dal resto del gruppo.”

    Elena (passando per Grotte): “Lo vedi quello? Un campo di patate. E quello? Un altro campo di patate. Quel trattore? Sta andando a cavare le patate. Quei due? Stanno tornando a casa dopo aver cavato le patate. In quel podere raccolgono le patate cavate. Quello è un altro campo di patate. Quelle sono altre piante di patate.”
     
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    The amazing patata saga. L'aquatrek è figo come sembra, non fosse che oggi l'ho fatto per la terza volta in otto giorni e inizio un po' ad accusare il colpo. Adoro le tue osservazioni e le tue note!
    Vorrei aggiungere che: oltre al Fiora (o LA Fiora, come la chiamano in Toscana) c'è anche il Paglia, di fiume, che passa sotto Acquapendente e confluisce nel Tevere nei pressi di Orvieto; l'eremo è il romitorio di Poggio Conte (probabilmente luogo sacro etrusco e poi adibito a luogo di culto e così scolpito nel medioevo); Igor si è messo a russare.
     
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    11/08. Forse quel gallo sa.

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    Forse quel gallo sa che il mattino è l’unico momento in cui posso aggiornare il diario e mi sveglia per il mio bene. O forse è semplicemente stronzo. Oggi gita al lago di Bolsena, per evitare ulteriori fatiche prima della passeggiata a cavallo. Verso le 10.30 la riva erbosa del lago è ancora semideserta. Ombrosa e ventilata, ma il sole promette di fare miracoli per la mia carnagione. Pur con gli amorevoli schiaffi di crema solare di Elena, so che sarà un’impresa non scottarmi. L’acqua è stranamente limpida, forse perché ospita intere città-stato di alghe e rocce. Do un paio di bracciate e capisco con assoluta certezza che una volta tornato devo necessariamente iscrivermi in piscina. Troppo tempo senza fare un bagno; necessito di rimanere a mollo più spesso. Steso all’ombra sull’asciugamano, senza nient’altro da fare che fissare le foglie sopra di me. E se dopo la triennale… e se dopo la triennale niente, perché potrei anche non annoiarmi per un paio di mesi, ma poi avrei bisogno di qualcosa che mi permetta di viaggiare e magari di trovare un lavoro. Pranzo all’ombra e ulteriore bagno per rafforzare l’abbronzatura da peperoncino di Soverato. Verso le quattro torniamo al podere, recuperiamo Stefania (“Nebbina! Ritardo!”) e ripartiamo alla volta del maneggio. Una volta arrivati attendiamo che il proprietario e suo figlio sellino i cavalli e diamo un’occhiata a quelli che monteremo. Uno di questi è così magro che gli si vedono le costole; sembra la versione equina di mio fratello. La mia, Asia, tenta continuamente di andar dentro a quello di Stefania. Mi ci vuole un po’ per abituarmi agli scossoni di questa bestia. Da come morde e sbuffa direi che non le piaccia essere imbrigliata. Dopo qualche giro di prova nel recinto partiamo per la passeggiata: [nome non pervenuto], Stefania, io, Igor, Chiara, Elena e il figlio di [nome non pervenuto]. Ora si va decisamente meglio, anche se con qualche piccola tensione. Le discese e soprattutto le salite sono i punti peggiori. Balton, il cavallo di Chiara, sembra gridare “sono un ribelle, mamma!” e fa di tutto per portarla fuori strada: si ferma cocciutamente sul sentiero, riparte al trotto, mangia qualsiasi cosa e, soprattutto, sorpassa a destra. In uno spiazzo sgombro di alberi si lancia in un trotto che trascina con sé anche gli altri cavalli, Asia compresa. Ripensandoci ora, avrei anche potuto lasciarla andare, ma sul momento la pensavo diversamente. Sulla via del ritorno tento senza successo di acchiappare un paio di more (more!). Stupido cavallo, perché tu sì e io no?
    Conclusa la passeggiata facciamo sosta alla COOP a prendere buibbite e anguria per la cena al podere. Non sappiamo bene chi dovrebbe bersi 8l di Coca-Cola, ma non ce ne importa granché. Ci docciamo alla velocità della luce e prepariamo freneticamente il salotto. Qualcuno ha detto a Luca che siamo a corto di alcolici, per cui si presenta assieme a Paoletto e Lepizzera (Gabriele) con due bottiglie di birra artigianale, tre di vino e una di assenzio autoprodotto. Si dia il via alla Sagra delle Fregnacce! Specie di crepes simili alle friciule, ma decisamente più sottili. L’ideale è condirle con pecorino o marmellata (o pecorino e marmellata), ma si possono aggiungere anche salumi, salse piccanti che non sono piccanti, miele, erbe aromatiche, cocci di vetro, aglio, ruggine, Ruggine… Secondo Luca sono buone anche con solo lo zucchero o senza niente, forse perché dovrebbero essere piene di strutto. Lunga produzione a catena di fregnacce, organizzata perlopiù da Paolo ed Elena, Dio – o chi per esso – li benedica. Vini vari e Olimpiadi in tv. Bolt buffone. Dopo cena, degustazione di assenzio autoprodotto e discussioni su dove sudacchiare domani, condite da digressioni su Casa Pound e la cinghia-mattanza. La proposta che riceve più plausi è di mettere la macchina in direzione di Siena e proseguire finché ci viene bene, ma temo che non verrà accettata. Di nuovo a letto ad un orario imprecisato.

    Bonus.
    Elena (spalmando la crema con gentilezza): “Scivola! Sciiivola! Sciiivooola!”

    Chiara: “Ti uccido!”
    Elena: “Volevo solo metterti all’ombra!”
    Chiara: “Ti uccido!”

    Igor (al maneggio): “Ce ne avete uno con il cambio automatico?”
     
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  7. Kiby89
     
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    Non le ho mai detto "ti uccido!" -_-
    Le ho gridato: "Ferma ferma ferma ferma ferma ferma ferma ferma ferma ferma ferma" finchè non mi ha mollato.
     
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    Errore mio, non ricordavo le parole esatte e ho dovuto affidarmi all'interpretazione del tuo sguardo. :D
     
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    Lascio che le cose mi portino altrove

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    Integro :)
    Il ragazzo che era con noi, Simone, non è il figlio del proprietario (Nome: Giorgio Palla)! Solo un allievo :)
    La figlia è Giada, la ragazza che gironzolava là attorno facendo lezione con le ragazzine.
    Gli accoppiamenti equestri, per la cronaca, erano.
    Giorgio -> Mafalda;
    Nebula -> July
    Davide -> Asia;
    Igor -> Ribera;
    Chiara -> Balton;
    Simone -> La Bella;
    Elena -> Ray Blue

    Io ovviamente sono riuscita a mangiare more ;)

    Le fregnacce senza niente ma strapiene di strutto sono fenomenali, dato che io me ne sono mangiate un paio di quelle spappolate.

    Per quanto riguarda lo scambio di battute con Chiara. Specifichiamo che si era sdraiata all'ombra e che il sole era sopraggiunto, cuocendola lentamente. L'ho più volte sollecitata a spostarsi, ma dormiva. Quando era color pomodoro maturo ho deciso di trascinare lei con tutto l'asciugamano all'ombra per salvarle la vita. E lei mi voleva uccidere T_T
     
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    12/08. Ho ucciso il mio bel galletto ullallà!

    dscn0535c

    Ho ucciso il mio bel galletto ullallà! Continua a strillare, tanto io ho già abbastanza problemi a leggere Majakovskij. Non mi ricordo bene a che ora avevamo detto di trovarci di sotto. Messaggio. Oh, giusto: adesso. Ci trasciniamo fino in paese, raccattiamo Stefania (in realtà è lei a raccattare noi, ma non importa) che stamattina si doveva svegliare “presto” e partiamo. Scartata l’idea di partire allo sbaraglio, puntiamo in direzione della Bassa Toscana e più precisamente di un paesino termale chiamato Bagno Vignoni.
    Lungo la strada, sosta colazione in uno sperduto paese di nome Gallina, famoso per essere attraversato dal 43° parallelo. Mentre Igor metabolizza la notizia dei casini di WindJet, mi inginocchio in meditazione sul parallelo. All’improvviso sento di aver raggiunto la piena consapevolezza: una voce chiara e squillante sta comunicando con me. In realtà è solo Stefania che parla al cellulare. Ripartiamo più leggeri e illuminati e arriviamo alle terme. Arroccata in cima a una collina, la cittadina è scavata da vasche e canali in cui l’acqua calda scorre e si getta giù dal pendio in una serie di cascate. Dopo una discesa al fondo della cascata e una visita ad un’erboristeria in cui dovrei rubare tutto, ripartiamo alla volta di San Quirico D’Orcia. La città non ha avuto o quasi uno sviluppo all’infuori delle mura, con parte di esse e l’intera pianta conservate alla perfezione. Troppe stradine e case ammassate l’una sull’altra, a cui bisognerebbe scattare fotografie in quantità esagerate e magari pure decenti. Giro delle chiese per vedere se la pietra centrale di ogni altare è stata effettivamente benedetta dal Papa, nominato Nuovo Obliteratore di Dio. Pranzo in un ristorante casuale dove, dopo quasi quattro anni di russo, devono venirmi dubbi su come si dice “cameriere” (stupida Elena). Dopo, proseguimento del giro con visita panoramica della gru, motociclisti casuali e strada “bianca” che costeggia le mura. Ultima tappa: Montalcino. Circondata dallo stesso perimetro di mura di cinquecento anni fa, Montalcino oggi è in festa per una manifestazione storica che coinvolge i rioni della città. Inutile tentare di visitare l’indaffarata fortezza. Meglio una passeggiata attraverso la via principale, un’occhiata ai prezzi delle degustazioni che fanno inorridire Igor e un blando tentativo di perdersi nel labirinto di stradine. Nonostante i prezzi, Igor decide di acquistare ugualmente due bottiglie di Brunello come regalo. In una chiesa non riusciamo a sollevare il lino per vedere se il Papa ha compiuto la sua missione. Ci incamminiamo verso le macchine con il tempo che comincia ad annuvolarsi, anche se fa ancora troppo caldo.
    Una volta a casa ci diamo una ripulita, prepariamo le valigie e ceniamo con gli avanzi della sera prima (buibbite escluse, ovviamente). Uscita serale in paese con Luca, Paolo e Lepizzera, di cui comincio a individuare il ruolo nel folklore locale. Dopo un paio di birre torniamo in paese per far fuori lo spumante ancora intatto (barbari che non sanno apprezzare le delizie del Monferrato); nel mentre improvvisiamo anche una partita a Monopoli, che per una volta è vinta da moi! Il capitalismo funziona. Saluti con Paolo, poi a letto. Domani sarà una giornata triste.

    Bonus.
    Luca ed Elena (pressoché dal nulla): “Quindi il Papa è l’obliteratore di Dio!”

    Igor (sul Brunello): “Ma è solo uva spremuta!”
     
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    Biting's excellent.
    It's like kissing.
    Only there's a winner.

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    Bello il resoconto completo!

    Cos'è che coltivavano nei campi, che non ho capito?

     
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    13/08. Mi sono alzato da solo, Vostro Onore!

    foto0526001

    Mi sono alzato da solo, Vostro Onore! Né galletti spaccamaroni, né aquesiane svitate hanno dovuto tirarmi giù dal letto, stavolta! Con fatica riusciamo a portarci fino alla macchina per fare colazione in paese e comprare pizze varie per il viaggio in treno. Il povero Igor è sempre più preoccupato per il ritorno con WindJet e tenta ancora di convincermi ad acquistare le sue bottiglie di Brunello, in modo da avere più soldi per un eventuale rincaro aereo. Preferisco investirli in un paio di souvenirs mangerecci (cos’altro puoi prendere in Italia?) al negozio di prodotti tipici in cui lavorano Luca e Stefania. Dopo gli ultimi saluti Elena ci riporta al podere per recuperare gli zaini. Arrivati, si rende conto con orrore di non aver preso le chiavi dell’ingresso, per cui, dopo una telefonata disperata a sua sorella, decide di passare attraverso lo sgabuzzino e la finestra della cucina. Ripartiamo più tranquilli e arriviamo alla stazione di Orvieto con un buon anticipo. Tra le ultime foto, la scoperta di Elena di aver sempre avuto le chiavi del podere nella borsa e una serie di svarioni in cui si ripetono troppo spesso Lepizzera e i binari, Igor riesce a prendere il treno per Roma – con quindici minuti di ritardo, presagio di ciò che dovrà affrontare in aeroporto. Noi ritorniamo in città, facciamo un giro e andiamo a pranzo dal famoso Averrino, una trattoria nota per i suoi piatti abbondanti ed economici. La sua carbonara semplicemente ci stende (Elena non l’ha finita! Vergogna!), ci fa rotolare più che camminare e fa venire un singhiozzo da gatto ubriaco a Chiara. In stazione cerco (cerchiamo) di non partorire sui binari e salgo a malincuore su quel maledetto treno.
     
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  13. Kiby89
     
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    CITAZIONE (Dajte neft' iz Baku! @ 19/8/2012, 11:46) 
    Igor (sul Brunello): “Ma è solo uva spremuta!”

    PIM!
     
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  14. Vigor
     
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    cinquanta euri a bottiglia
     
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    La colpa mica è loro che lo vendono... è di chi lo compra!!!
    Uahahahaha (si rotola in terra dalle risate)
     
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15 replies since 14/8/2012, 19:58   250 views
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