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Jimson.
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Addormentatosi il padre le Coëdic, intorno al 1749, in uno spesso bosco, fu rapito
da vento impetuoso che lo portò nei gelidi reami della Lapponia, presso un antro
oscuro; per cui egli discese nelle viscere del nostro globo. Trovò qui un’immane
rocca ove abitava il padre Mersenne, il fedele cartesiano, e molti altri discepoli del
maestro, ritiratosi lui stesso a vivere sotterra. E qui il padre le Coëdic apprese tutto
quanto desiderava, e l’origine di tutte le cose: «con che forza la calamita attiri il ferro,
donde derivino i terremoti, di che sia formata la coda delle comete, perché il tuono
brontoli nel luminoso seno dell’etere, quale sia la natura del sole ».
Qualche anno appena prima di lui Nicholaus Klimius, o volgarmente Niel Klim,
visitava una caverna della sua Norvegia donde uscivano suoni simili a singhiozzi;
volle calarsi nel fondo, la corda si ruppe, egli precipitò. Infine si trovò in un’aria
chiara come la nostra e prese piede sul pianeta Nazar.
Nazar è posto al centro della terra e abitato unicamente da alberi. Ma non solo
Nazar, molti astri compiono quivi le loro rivoluzioni, la Martinia, Mezendor, abitati
da strumenti musicali, da scimmie, da mostri e portenti d’ogni sorta; gente di strani
costumi, eppure, talvolta, singolarmente più ragionevoli dei nostri... Nelle regioni
glaciali di Mezendor, appunto, è l’impero degli Esseri Universali. Ogni bestia, ogni
pianta è dotata di ragione; un senato d’elefanti, una corte di camaleonti, i tribunali
presieduti e composti da alberi, un Foro di piche, sono fra le meritorie istituzioni di
quest’Impero. E le volpi sono ambasciatori, i corvi esecutori testamentari, i montoni o
capri grammatici, i cavalli consoli.
Purtroppo però non posso qui dilungarmi sulle varie avventure e sui vari incontri
del Norvegese, né ciò d’altronde era, pel momento, nelle mie intenzioni. Gioverà
invece notare di passata che la sapienza di Niel Klim (il quale era un esimio
baccelliere) non sembra essere stata molto apprezzata laggiù. Gli alberi di Nazar, cui
natura ha concesso appena la camminatura e velocità delle comuni tartarughe, lo
impiegarono tutt’al più come staffetta, o galoppino, a corte (il principe pronunciò
infatti le parole «spik autri flok skak mak tabu mihalatti» che consacrano tale nomina;
si noti il famigerato «tabu»). Le scimmie della Martinia, che pure passano tutto il loro
tempo a infioccarsi la coda, lo giudicarono così tardo e ottuso da soprannominarlo
«Kakidoran», cioè lo Scemo. Solo gli abitanti della terra di Quama, veri selvaggi
senza idea di nulla, lo elevarono a dignità regale col titolo di «Pikil-fu», o Inviato del
Sole.
Le quali suaccennate cose ci offrono materia bastante a considerare. Di che poco
momento, lettore, è quanto si trova e avviene sulla terrestre crosta, appetto a quanto si
trova e avviene nel profondo! Ove gli alberi e le fiere parlano, l’umana sapienza non
è prezzata, e molte cose si veggono più chiare, di molte (se non di tutte come afferma
il padre le Coëdic) si discopre l’origine. Il seno della terra, lo vedemmo, singhiozza,
in esso si convolgono astri. Giacché, al pari delle altre stelle dello spazio, l’intera
Terra è un gran corpo vivente (è anzi il nostro vero corpo, e noi stessi i suoi vaganti
bruscoli), e certo incantevoli e leggiadri, o per converso terribili e minacciosi ne sono
i mille aspetti. Ma più violenta e abbondevole vita s’agita nelle sue viscere, e innanzi
a questa interna, che è quella di fuori?
In prova di che citerò qui l’opinione del divino Restif (de la Bretonne, di cui altra
volta dirò come merita; restif s’intende al giogo di ogni volgare pregiudizio) il quale
ciò disse come meglio non si potrebbe: «Oltre l’animazione della Terra, di tutti gli
altri pianeti e del sole, a cui io credo fermissimamente, penso ancora che il loro
interno sia popolato di vasti animali, la cui grandezza è assai più considerevole di
quelli generati dal pattume degli umori e dalle parti calde della sua epidermide» (sic).
Il medesimo divino Restif calcolò anzi, in 9000 leghe, la lunghezza del verme
solitario della Terra. Nel cui nome appunto (non intendo già proprio del verme
solitario, sì piuttosto del divino Restif) voglio che sia dato principio a questa serie di
notazioni.
Primo racconto della raccolta "La spada" edita da Rizzoli.