Non ti voglio fermare

Annarita Petrino

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    Annarita Petrino



    NON TI VOGLIO FERMARE







    Il confine tra vita e morte, il limite sino al quale una persona può essere considerata viva e dopo cui va considerata morta, il dilemma tra morte dignitosa ed accanimento terapeutico sono questioni annose di grande complessità e verosimilmente d’impossibile risoluzione. Entrano infatti in gioco argomentazioni di tipo religioso ed etico, e l’assassinio (se di assassinio si può parlare) diventa un percorso a metà strada tra l’umana compassione e l’affronto a Dio.

    Questo tipo di discorsi estremamente delicati ed insidiosi stanno alla base del nuovo racconto di Annarita Petrino, che li traspone in uno scenario futuristico esaminandoli con una chiave di lettura forse inedita ed assolutamente non banale, concludendo la storia senza la pretesa di rispondere ai numerosi interrogativi sollevati ma indubbiamente con un finale ad effetto.

    Roberto Furlani







    Manuel stava osservando i lineamenti del ragazzo disteso nel letto. Erano spigolosi in certi punti, ma esprimevano ancora tanta forza. La pelle leggermente ambrata rispecchiava tutta la giovinezza dei suoi trent’anni. Le mani erano grandi e forti e nel complesso quel corpo riassumeva la perfezione. Peccato che fosse morto.

    In quel momento qualcuno entrò nella stanza. Michael percepì il movimento registrato dalle cellule fotoelettriche poste all’ingresso.

    “Ancora in contemplazione?” giunse una voce alle sue orecchie

    Manuel la riconobbe. Era di Ambra.

    “Non posso farne a meno.” rispose voltandosi verso il punto da cui proveniva la voce. Ambra era proprio lì, in piedi, davanti a lui… viva “Sono sempre stato un po’ narcisista.”

    “L’infermiera è già venuta?”

    “Si e mi ha lavato da capo a piedi. Ha fatto un ottimo lavoro. Guarda che espressione beata.”

    Sulle labbra della ragazza apparve un sorriso, che Manuel percepì come semplice movimento dei muscoli facciali.

    “Ti ho portato l’ultimo cd di Alain D.”

    “Non dovevi disturbarti.”

    “Perché mai?”

    “Ambra… sono passati quattro anni. Non credi che… ”

    “Basta! Sai che non voglio sentirti usare quel tono.”

    “Strano, pensavo di non avere più un tono… ”

    Manuel non terminò la frase ma spostò lo sguardo per tornare ad osservare il giovane nel letto.

    “Guardami Ambra.”

    “Ti prego Manuel… ”

    “Ho detto guardami.”

    Gli occhi della ragazza si riempirono di lacrime, ma si costrinse a guardare a sua volta il ragazzo che giaceva nel letto.

    “Avevo solo ventisei anni” continuò Manuel con la sua voce ricostruita “e tutta una vita davanti. E ora? Che cosa sono? Un cervello devastato che non vuole arrendersi all’idea che il corpo che lo ospitava sia ormai inutilizzabile.”

    “Manuel… ”

    “Ti prego non dire nulla. Sai che cosa voglio e sai che sei l’unica a cui posso chiederlo.”

    “No, che non puoi.”

    “Che senso ha restare in questa specie di limbo? Sono stanco Ambra.”

    “Basta non voglio più ascoltarti!”

    La ragazza si mosse verso l’uscita.

    “No… ti prego aspetta! Non lasciarmi solo.”

    Ambra però non poteva fermarsi. Oltrepassò la soglia e si allontanò. A Manuel restò solo la sensazione di un corpo passato di corsa tra le cellule fotoelettriche che lo stordì. Ecco cos’era diventata per lui la percezione. Uno stordimento dei sensi. Impulsi mandati direttamente al suo cervello perché lui potesse accorgersi di quello che accadeva intorno, impulsi a volte troppo forti che provocavano delle atroci fitte. Il dolore era il solo aspetto reale della sua vita fuori dal corpo, ma di nuovo si domandava… che senso aveva?

    Ambra arrivò a casa e si buttò sul letto a piangere. Aveva trattenuto quelle lacrime troppo a lungo. Ogni volta che andava a trovare Manuel era costretta a farsi forza per evitare di scoppiare in un pianto ininterrotto. Ultimamente però stava diventando più difficile resistere alle sue richieste. Si alzò e si mise a sedere sul letto, passandosi una mano sugli occhi per asciugarsi le lacrime. Poi guardò fuori. Si stava facendo buio. Osservò la luce della luna e prese una decisione.

    Uscì di casa per tornare in ospedale e vi arrivò che era ormai notte.

    “Bentornata.” disse Manuel “So perché sei qui, ma prima che tu dica o faccia qualsiasi cosa voglio che mi ascolti e cerchi di capire le mie motivazioni. So che quello che ti sto chiedendo di fare non è facile, ma io e te ci siamo amati Ambra, ricordi? Avevamo deciso di sposarci, di passare tutta la vita insieme. Ma evidentemente qualcun altro aveva progetti diversi per noi. Io sono morto, eppure so di amarti ancora ed il mio è un amore che non avrà mai finr, nemmeno quando tu avrai staccato quella spina. So che anche tu mi ami e continuerai a farlo per sempre, ma è proprio perché mi ami che devi lasciarmi andare.”

    “Questa dovrebbe essere la dimostrazione del mio amore? Ucciderti?”

    “Si, perché morire è la dimostrazione del mio. Io non ti voglio fermare. Voglio che tu continui a vivere anche senza di me.”

    Ambra si avvicinò lentamente alla parete di fondo e attraverso il velo delle lacrime che avevano riempito i suoi occhi guardò lo spinotto di alimentazione, che collegava la macchina per la riproduzione olografica di Manuel alla rete energetica dell’ospedale. Chiuse le mani intorno alla fredda plastica. Nella stanza era avvertibile solo il suo singhiozzare ed il respiro regolare del Manuel morto.

    Un pensiero fugace le attraversò la mente. Parlò con una voce che, era sicura, non le apparteneva: “Come fai a ricordarti i nostri progetti, Manuel?” quindi si girò a guardarlo: “Come?”

    “Perché sono nella mia testa. Sono la parte più dolorosa.”

    “Tu vuoi ancora passare il resto della vita con me?”

    “Ambra, guardami… come posso?”

    “Tu vuoi Manuel? Rispondi.”

    L’immagine davanti a lei annuì, quindi la ragazza tirò con tutte le sue forze e poi rimase a fissare la spina che aveva tra le mani. La stanza era ora immersa nel silenzio. Si girò di scatto e cercò Manuel con lo sguardo. Si alzò e corse verso il letto. La macchina per la proiezione olografica era spenta e di conseguenza anche il respiratore era rimasto senza corrente. Manuel era sparito. Il suo corpo giaceva ancora nel letto, ma non respirava più e presto sarebbe diventato freddo al tocco.



    Quando il giorno dopo la stanza venne riordinata tutti gli effetti personali di Manuel vennero spediti a casa di Ambra. Tra questi trovò il proiettore olografico, un piccolo aggeggio piatto dall’aspetto insignificante. Guardandolo Ambra pensò che una parte di Manuel viveva ancora lì dentro. Inserì la spina e lo accese. L’immagine scintillante del ragazzo si materializzò davanti ai suoi occhi.

    Manuel non aveva voluto fermarla, ma era troppo tardi. Dal momento dell’incidente anche lei era rimasta incastrata in un limbo tra la vita e la morte da cui lui ora era uscito.

    Lei invece ci sarebbe rimasta almeno fino a quando quell’immagine avesse continuato a sorriderle.


     
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  2. vampireheart
     
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    mi ricorda un racconto che avevo iniziato a scrivere in un momento claustrofobico della mia vita...

    intenso!
     
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1 replies since 25/1/2012, 00:12   66 views
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