Lascio che le cose mi portino altrove
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Penso che questo sia il mio disco preferito di De Andrè, a pari merito o forse un poco più di Non al denaro, non all'amore, né al cielo.
"Concept album" duro e poetico allo stesso tempo, musicalmente interessantissimo e dai testi a dir poco magnifici. Potrei andare avanti a citarlo per ore... Citarlo, recitarlo, cantarlo. Penso che sono anni che ogni volta che si canta qualcosa con i miei amici, su "la canzone del padre" ci si alza tutti in piedi a brindare ("si fermò un attimo per suggerire a dio di continuare a farsi i fatti suoi").... Ricordo nottate a parlare di questo disco, a cantarlo in piazza alle 3 di notte senza nessuno in giro, seduti ai tavoli del bar ormai chiuso, in due o tre con numerose bottiglie di birra,insomma: è un album emotivamente carico per me. A prescindere dalle connessioni personali (si può parlare di musica a prescindere dalla vita?) penso che sia davvero uno dei dischi più significativi del panorama italiano, e penso che si adatterebbe perfettamente alla situazione attuale... ci vorrebbe qualcuno così, oggi come oggi, a scrivere testi di questo genere. Insomma, per me è un capolavoro fatto e finito, da ascoltare dall'inizio alla fine, con linearità, attenzione e passione.... E' "memetico" in qualche modo, obbliga una immersione totale nello stato d'animo sconfortato e di denuncia - ma quanto è triste usare questo termine oggi riferito agli anni '70, perché sembra portare a discorsi sfociati nel nulla, quasi sinonimo di ripicca, mentre invece qui la denuncia è profonda, personale ma allo stesso tempo pubblica, anzi, politica; un attacco violento, mirato - potrebbe essere un po' il V for vendetta della discografia italiana insomma, fatte le debite proporzioni. Chissà perché la gente oggi non si maschera da bombarolo.
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