Futurismo

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    Confusione linguistica

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    Ho veramente bisogno di espandere la mia conoscenza di questa corrente letteraria, dei cui esponenti finora ho letto solo Marinetti e Majakovskij. Chi sa si faccia avanti.
     
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    Lascio che le cose mi portino altrove

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    Giusto ieri ne parlavo!! Coincidenza coincidenzosa.
    Noi disquisivamo su "amiamo la guerra" di Papini, che la wikipedia e molti identificano come l'ode alla guerra di un futurista fascista ma che a noi sembra decisamente troppo carica per non essere satirica. Boh! Diciamo che è un personaggio da approfondire. Intanto eccotela, vedi tu se t'interessa approfondirlo.
    Per il resto uhm uhm uhm c'è da rifletterci un po'.

    Amiamo la guerra di Giovanni Papini

    Finalmente è arrivato il giorno dell'ira dopo i lunghi crepuscoli della paura. Finalmente stanno pagando la decima dell'anime1 per la ripulitura della terra.

    Ci voleva, alla fine, un caldo bagno di sangue nero dopo tanti umidicci e tiepidumi di latte materno e di lacrime fraterne. Ci voleva una bella innaffiatura di sangue per l'arsura dell'agosto; e una rossa svinatura per le vendemmie di settembre; e una muraglia di svampate per i freschi di settembre.

    E' finita la siesta della vigliaccheria, della diplomazia, dell'ipocrisia e della pacioseria. I fratelli sono sempre buoni ad ammazzare i fratelli! i civili son pronti a tornar selvaggi, gli uomini non rinnegano le madri belve.

    Non si contentano più dell'omicidio al minuto.

    Siamo troppi. La guerra è una operazione malthusiana.2 C'è un di troppo di qua e un di troppo di là che si premono. La guerra rimette in pari le partite. Fa il vuoto perché si respiri meglio. Lascia meno bocche intorno alla stessa tavola. E leva di torno un'infinità di uomini che vivevano perché erano nati; che mangiavano per vivere, che lavoravano per mangiare e maledicevano il lavoro senza il coraggio di rifiutar la vita.

    Fra le tante migliaia di carogne abbracciate nella morte e non più diverse che nel colore dei panni, quanti saranno, non dico da piangere, ma da rammentare? Ci metterei la testa che non arrivano ai diti delle mani e dei piedi messi insieme. E codesta perdita, se non fosse anche un guadagno per la memoria, sarebbe a mille doppi compensata dalle tante centinaia di migliaia di antipatici, farabutti, idioti, odiosi, sfruttatori, disutili, bestioni e disgraziati che si son levati dal mondo in maniera spiccia, nobile, eroica e forse, per chi resta, vantaggiosa.

    Non si rinfaccino. a uso di perorazione, le lacrime delle mamme. A cosa possono servire le madri, dopo una certa età, se non a piangere. E quando furono ingravidate non piansero: bisogna pagare anche il piacere. E chissà che qualcuna di quelle madri lacrimose non abbia maltrattato e maledetto il figliolo prima che i manifesti lo chiamassero al campo. Lasciamole piangere: dopo aver pianto si sta meglio.

    Chi odia l'umanità - e come si può non odiarla anche compiangendola? - si trova in questi tempi nel suo centro di felicità. La guerra, colla sua ferocia, nello stesso tempo giustifica l'odio e lo consola. "Avevo ragione di non stimare gli uomini, e perciò son contento che ne spariscano parecchi". La guerra, infine, giova all'agricoltura e alla modernità. I campi di battaglia rendono, per molti anni, assai più di prima senz'altra spesa di concio. Che bei cavoli mangeranno i francesi dove s'ammucchiarono i fanti tedeschi e che grasse patate si caveranno in Galizia quest'altro anno!

    E il fuoco degli scorridori3 e il dirutarnento4 dei mortai fanno piazza pulita fra le vecchie case e le vecchie cose. Quei villaggi sudici che i soldatacci incendiarono saranno rifatti più belli e più igienici. E rimarranno anche troppe cattedrali gotiche e troppe chiese e troppe biblioteche e troppi castelli per gli abbrutimenti e i rapimenti e i rompimenti dei viaggiatori e dei professori. Dopo il passo dei barbari nasce un'arte nuova fra le rovine e ogni guerra di sterminio mette capo a una moda diversa. Ci sarà sempre da fare per tutti se la voglia di creare verrà, come sempre, eccitata e ringagliardita dalla distruzione.

    Amiamo la guerra ed assaporiamola da buongustai finché dura. La guerra è spaventosa - e appunto perché spaventosa e tremenda e terribile e distruggitrice dobbiamo amarla con tutto il nostro cuore di maschi.
     
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  3. TheGrandWazoo
     
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    LUCIANO FOLGORE
    LA PIOGGIA SUL CAPPELLO

    Tratto da Luciano Folgore, Poeti controluce,
    Foligno, Campitelli, 1922, pp. 43-48.

    Silenzio. Il cielo
    è diventato una nube,
    vedo oscurarsi le tube
    non vedo 1'ombrello,
    ma odo sul mio cappello
    di paglia,
    da venti dracme e cinquanta
    la gocciola che si schianta,
    come una bolla,
    tra il nastro e la colla.
    Per Giove, piove
    sicuramente,
    piove sulle matrone
    vestite di niente,
    piove sui bambini
    recalcitranti,
    piove sui mezzi guanti
    turchini,
    piove sulle giunoni,
    sulle veneri a passeggio,
    piove sovra i catoni,
    e, quello ch'è peggio,
    piove sul tuo cappello
    leggiadro,
    che ieri ho pagato,
    che oggi si guasta;
    piove, governo ladro!....

    L'odi tu? Non è di passaggio
    come 1'acqua
    di maggio,
    che sciacqua la terra e la monda.
    Sgronda terribilmente;
    si sente il blasfemo
    di un polifèmo ambulante,
    si veggono ninfe e atalante
    fuggire in un angiporto;
    Plutone più vivo che morto
    si pone una nivea pezzuola
    sul feltro che cola;
    Dïana s'accorcia la tunica
    fin quasi all'altezza del femore,
    e Dedalo immemore e Marte
    con toga a due petti e speroni
    s'impalano ai muri con arte
    per evitare i doccioni.
    Cibele fa segno all'auriga
    che incurva il soffietto alla biga,
    e monta sul cocchio
    mentre la furia di Eolo
    le palpa il malleolo
    le morde il polpaccio,
    si sfibia
    d'intorno allo stinco e alla tibia.

    Bagnati dal coccige al collo,
    dal naso al tallone d'Achille,
    fradici fino al midollo,
    cugini alle anguille,
    nubili d'ombrello,
    col solo cappello,
    sentiamo che 1' essere anfibî
    sarebbe un superbo destino,
    te biscia,
    io girino,
    e liscia la piova del giorno
    ci colerebbe d'attorno,
    non come a Issïone
    che fece la ruota a Giunone,
    ma pari al Tritone
    cui Teti concesse
    - regalo di nume -
    di potersi fare
    un ampio palamidone
    di schiume di mare.

    E piove sempre,
    sul càmice mio,
    sul peplo tuo
    colore oramai dell'oblio,
    piove sul croceo e 1'eburno
    del tuo moccichino di seta,
    piove sul cromo del mio coturno
    che s'impatacca di creta,
    piove sopra il cinabro
    che t'impomidaura il labro,
    piove sui tremuli tocchi
    che t'anneriscono gli occhi,
    e andiamo d'androne
    in androne,
    con facce di mascherone,
    squadrandoci obliquamente
    se qualche pozza lucente
    ci specchia e ci invecchia
    per farci morir di furore,
    Narcisi
    dai visi colore
    di colla di paglia,
    di succo di nastro,
    d'impiastro di minio,
    di guazzo assassino
    di cipria e di cartoncino.

    E piove a dirotto
    da tutte le nubi,
    piove dai tubi
    sfasciati
    dell'acquedotto
    del cielo,
    piove sui cani spelati,
    piove sul melo e sul tiglio,
    piove sul padre e sul figlio,
    piove sui putti lattanti
    sui sandali rutilanti,
    su Pègaso bolso,
    su 1'orïolo da polso,
    piove sul tuo vestitino
    che m'è costato un tesauro,
    piove sulla salvia e sul lauro
    sull'erbetta e sul rosmarino,
    piove sulle vergini schive,
    piove su Pàsife e Bacco,
    piove persin sulle pive
    nel sacco.
    E piove soprattutto
    sul tuo cappello distrutto
    mutato in setaccio,
    che ieri ho pagato
    che adesso è uno straccio,
    o Ermïone
    che scordi a casa 1'ombrello
    nei giorni di mezza stagione.
     
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  4. All my life
     
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    Beh, la poetica di Palazzeschi credo sia meritevole di un'occhiata.
    Poeta consigliatomi tempo addietro da un altro utente.
     
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3 replies since 27/11/2011, 16:33   125 views
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