Lascio che le cose mi portino altrove
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1. Virgolette a) Si scrivono tra virgolette basse o caporali (« »): — le citazioni superiori alle 5 parole — i discorsi diretti — le testate di periodici. Ricordiamo che il punto fermo va generalmente fuori dalle virgolette, anche se all’interno c’è già un punto interrogativo, esclamativo o i puntini di sospensione; va invece all’interno delle virgolette quando la citazione o il discorso diretto (specie in narrativa) non è introdotto dai due punti, ovvero quando la citazione o la frase è preceduta da un punto. b) Si scrivono tra virgolette alte o doppi apici (“ ”): — le citazioni all’interno di citazioni. Esempio: Platone scrisse: «Un giorno Socrate disse: “Questo è un uomo”»; — le parti pensate quando vanno distinte dal discorso diretto. Esempio: “Devo andare via” pensò Luigi tra sé e sé mentre intanto le diceva: «Resta, parliamo ancora»; — le parole usate in senso ironico o comunque prescindendo dal loro significato letterale. Esempio: i “poveri” statunitensi possiedono soltanto un’automobile ciascuno; — i termini che esprimono un concetto particolare (il concetto di “rinascita”, l’idea del “bello”); — le parole di uso comune alle quali si vuole dare una particolare enfasi (da usare con moderazione, come per il corsivo); — le parole alle quali ci si riferisce in quanto tali. Esempio: nel brano compare due volte la parola “metamorfosi”; — le espressioni figurate o gergali (sciopero “a singhiozzo”); — le testate dei quotidiani (“la Repubblica”, mentre i periodici vanno tra caporali: «L’Espresso»); i titoli di capitoli o parti di libri citati (nel capitolo “Aristotele nel Medioevo” parleremo di…); i titoli di convegni, seminari, conferenze o interventi; — le denominazioni aggiunte a scuole, associazioni, musei, ecc. (il Conservatorio di Musica “Giuseppe Verdi”, il Circolo culturale “Cesare Pavese”, il liceo statale “Giacomo Leopardi”, l’ospedale “Sandro Pertini”, ecc.; ma: l’Accademia di Brera, il teatro alla Scala). c) Le virgolette singole o apici semplici (‘ ’) non si usano mai, a eccezione della citazione all’interno di un discorso già tra apici doppi o di una scelta specifica e coerente in se stessa da parte dell’autore, specie se esperto di italianistica o linguistica. d) Per esprimere minuti e secondi si usano le stanghette dritte (Bartali giunse a 1'45" da Coppi). e) Per gli apici doppi e l’apice singolo (quest’ultimo ricorrente prevalentemente come apostrofo o elisione) utilizzare quelli tipografici o aggraziati, e non le stanghette dritte (“ ” e non " "; ’ e non ').
2. Legature fi > fi fl > fl
3. Grassetto, corsivo a) Il grassetto non si usa mai nel corpo testo, ma eventualmente solo nei titoli. Una parola evidenziata o straniera va in corsivo. Il sottolineato non si usa mai; se c’è va sostituito con il corsivo. Non utilizzare mai insieme corsivo e sottolineato. b) Si scrivono in corsivo: — i titoli di: libri (italiani o stranieri), articoli di giornale e di rivista, brani poetici, racconti, opere d’arte, brani musicali, film, trasmissioni radiofoniche e televisive; — le parole e le frasi che si vogliono enfatizzare (da usare con la massima moderazione); — le parole o espressioni straniere o dialettali di uso non comune. Esempi: Weltanschauung, cherchez la femme; ma: film, festival, computer (da notare che la punteggiatura che segue il corsivo resta in tondo!); — le denominazioni scientifiche delle scienze naturali; — in alcuni contesti particolari, termini tecnici o specialistici; — in alcuni contesti particolari, termini tecnici o specialistici; — i titoli di brani musicali, tranne l’indicazione strumentale e il numero d’opera. Esempi: Sonata in la minore per pianoforte K. 310; Quinta Sinfonia in do minore op. 67; Sonata quasi una fantasia in do minore Al chiaro di luna per pianoforte n. 14 op. 27 n. 2 (N.B.: i vari elementi del titolo seguono sempre l’ordine indicato in questi esempi). I sottotitoli e le arie vanno in corsivo con l’iniziale maiuscola quando non sono quelli originali. Esempi: Patetica, La donna è mobile; — i segni dinamici in ambito musicale; — i nomi propri di aeroplani, navi e divisioni militari.
4. Segni di interpunzione a) Dopo p. e pp. va uno spazio. Tutti i segni di interpunzione, compreso il punto di abbreviazione, vogliono uno spazio dopo e mai prima. b) Non si usa mai il punto alla fine di titoli (di parti, di capitoli, di sottocapitoli). c) Le sospensioni del discorso prevedono l’uso di tre puntini (rigorosamente tre e digitati non con un triplice punto ma come un solo carattere tipografico); il testo che precede non è distanziato da spazi, mentre quello che segue è preceduto da uno spazio (es.: vorrei… volare). I tre puntini di omissis tra parentesi quadre indicano tagli o lacune nel testo che si sta citando; non vanno però messi né al principio né alla fine della citazione, la quale per natura è ovviamente incompleta! d) Quando si usano le parentesi, i segni di punteggiatura vanno dopo la chiusura della parentesi (eccettuati i punti esclamativi, interrogativi e di sospensione legati logicamente al testo dentro la parentesi). Le parentesi non sono mai precedute da segni di interpunzione. Qualora si apra una parentesi dopo il punto, il punto fermo alla fine della frase tra parentesi andrà dentro la parentesi stessa. e) Nelle elencazioni non si mette la virgola dopo l’ultimo termine (es.: la pinza, il martello, il cacciavite sono utensili). f) Davanti a “ecc.” di solito si mette la virgola. Se “ecc.” si trova a fine frase il punto fermo non va ripetuto. g) Attenzione alla posizione della virgola: è inaccettabile che cada tra soggetto e verbo o tra verbo e complemento oggetto, ma questo sfugge facilmente quando il soggetto è molto lungo. Esempio: Andare al mare con la mia fidanzata nelle calde giornate estive [soggetto] è una delle cose che preferisco. h) Nelle elencazioni introdotte dai due punti se ogni punto elenco va a capo inizia con la minuscola. Si può omettere il punto e virgola alla fine di ogni riga qualora i punti elenco siano brevi o non siano frasi. Va però messo il punto fermo alla fine di tutto l’elenco.
5. Parole accentate a) L’accento sulle vocali a, i, o, u è sempre grave. b) La vocale “e” in fine di parola ha generalmente l’accento acuto. Esempi: perché finché poiché alcunché benché acciocché sé (quando non precede “stesso” e “medesimo”) né (quando è negazione) poté combatté trentatre c) In alcuni casi la “e” in fine di parola ha l’accento grave: è (III persona singolare del verbo essere) cioè caffè tè (bevanda) piè (di pagina) ahimé Mosè le parole derivate dal francese (es.: lacchè). d) Si usa l’accento sui seguenti monosillabi: dì (quando vuol dire “giorno” e non l’imperativo del verbo dire) lì, là (quando sono avverbi; “qui” e “qua” vanno senza accento!) dà (III persona singolare dell’indicativo presente del verbo dare) sì (affermazione) e) Non è ammessa indicazione dell’accento tonico all’interno delle parole, salvo il caso, raro, in cui vi siano possibilità di equivoco. Esempio: i prìncipi della danza classica (Nijinski, Nurejev, Barishnikov, ecc.); i princìpi della danza classica (ritmo, coordinazione, ecc). f) Le parole straniere seguono l’uso della lingua originale (es.: école, équipe). Nello spagnolo esistono solo accenti acuti. g) Le lettere iniziali maiuscole hanno l’accento e non l’apostrofo. Esempi: «È andata via» e non «E’ andata via»; BONTÀ, e non BONTA’.
6. Apostrofo, elisione a) L’apostrofo, che indica l’elisione di una lettera o di una sillaba, si deve usare nei seguenti casi: da’ (quando è l’imperativo del verbo dare; la III persona singolare dell’indicativo presente si scrive “dà” per non confonderlo con la preposizione semplice “da”) di’ (quando è l’imperativo del verbo dire) fa’ (quando è l’imperativo del verbo fare) to’ (quando è l’imperativo del verbo tenere) va’ (quando è l’imperativo del verbo andare) po’ (quando sta per “poco”) mo’ (quando sta per “modo”). b) Non si apostrofano mai “tal” e “qual” (es.: tal è; qual è). c) Si usa l’apostrofo con la curva verso destra (’) e non verso sinistra (‘) nelle date in sostituzione del millennio o del secolo. Esempi: sono nato nel ’55; la guerra del ’15–18 (non si mette l’apostrofo prima della cifra preceduta dal trattino); la battaglia dell’84 (non dell’’84: evitare due apostrofi di seguito). d) Si usa l’apostrofo solo davanti a sigla che inizi per vocale (es.: l’ISTAT).
Fonte: www.territorisociologici.info/materiali/indicaz_aracne.pdf
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