David Foster Wallace

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    Confusione linguistica

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    Che la vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi.

    (Infinite Jest)

    CITAZIONE
    Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile.

    (Infinite Jest)

    CITAZIONE
    Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi dagli altri. Che questo non è necessariamente perverso.

    (Infinite JEst)

    CITAZIONE
    La televisione è ciò che è per il semplice motivo che la gente tende ad assomigliarsi terribilmente proprio nei suoi interessi volgari, morbosi e stupidi, e a essere estremamente diversa per quanto riguarda gli interessi raffinati, estetici e nobili.

    (Tennis, tv, trigonometria, tornado (e altre cose divertenti che non farò mai più))
     
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  2. littlecleo
     
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    se ti interessa, sull'inserto del sole 24 ore di domenica scorsa c'era un articolo sul suo romanzo postumo! se vuoi posso scannerizzarlo e mandartelo :)
     
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    DAVID FOSTER WALLACE, QUESTA È L’ACQUA
    Trascrizione del discorso per il conferimento delle lauree al Kenyon College, 21 maggio 2005

    Saluti, ringraziamenti e congratulazioni ai laureandi dell’anno accademico 2005. Ci sono due giovani pesci che nuotano e a un certo punto incontrano un pesce anziano che va nella direzione opposta, fa un cenno di saluto e dice: «Salve, ragazzi. Com’è l’acqua?». I due pesci giovani nuotano un altro po’, poi uno guarda l’altro e fa: «Che cavolo è l’acqua?».
    Negli Stati Uniti un discorso per il conferimento delle lauree non può prescindere dall’impiego di storielle d’impianto parabolico a scopo didascalico. Tra le convenzioni imposte dal genere, questa storiella è una delle migliori e con meno fronzoli... ma non temete: non sono qui nella veste del pesce anziano e saggio che spiega cos’è l’acqua ai pesci più giovani. Non io sono l’anziano pesce saggio. Il succo della storiella dei pesci è semplicemente che le realtà più ovvie, onnipresenti e importanti sono spesso le più difficili da capire e da discutere. Detta così sembrerà una banalità bella e buona, ma il fatto è che nelle trincee quotidiane dell’esistenza da adulti le banalità belle e buone possono diventare questione di vita o di morte, ed è su questo che vorrei soffermarmi in questa splendida mattinata tersa.
    Certo, un discorso come questo presuppone che vi parli in primo luogo del significato della vostra cultura umanistica, che cerchi di spiegarvi perché la laurea che state per prendere ha un effettivo valore umano e non solo un tornaconto materiale. Vediamo perciò di affrontare il cliché in assoluto più diffuso in questo genere di discorsi, e cioè che scopo di una cultura umanistica non è tanto rimpinzarvi di erudizione quanto «insegnarvi a pensare». Se siete come ero io ai tempi dell’università, sentirvi dire una cosa del genere non vi sarà mai piaciuto, e anzi troverete un po’ offensivo che qualcuno pretenda di insegnarvi a come si pensa, visto che il solo fatto di essere entrati in un’università così prestigiosa dimostra che ne siete capaci. Ma partirò dal presupposto che il cliché degli studi umanistici non ha niente di offensivo, perché la vera, fondamentale educazione a pensare che dovremmo ricevere in un luogo come questo non riguarda tanto la capacità di pensare, quanto semmai la facoltà di scegliere a cosa pensare. Se la vostra totale libertà di scegliere a cosa pensare sembra fin troppo ovvia per sprecare il fiato a parlarne, vi chiederei di pensare ai pesci e all’acqua mettendo da parte, solo per qualche istante, ogni scetticismo sul valore delle perfette ovvietà.
    Eccovi un’altra storiella didascalica. Ci sono due tizi seduti a un bar nel cuore selvaggio dell’Alaska. Uno è credente, l’altro è ateo, e stanno discutendo l’esistenza di Dio con quella foga tutta speciale che viene fuori dopo la quarta birra. L’ateo dice: «Guarda che ho le mie buone ragioni per non credere in Dio. Ne so qualcosa anch’io di Dio e della preghiera. Appena un mese fa mi sono lasciato sorprendere da quella spaventosa tormenta di neve lontano dall’accampamento, non vedevo niente, non sapevo più dov’ero, c’erano quarantacinque gradi sottozero e così ho fatto un tentativo: mi sono inginocchiato nella neve e ho urlato: “Dio, sempre ammesso che Tu esista, mi sono perso nella tormenta e morirò se non mi aiuti!”». A quel punto il credente guarda l’ateo confuso: «Allora non hai più scuse per non credere - dice -, sei qui vivo e vegeto». L’ateo sbuffa come se il credente fosse uno scemo integrale: «Non è successo un bel niente, a parte il fatto che due eschimesi di passaggio mi hanno indicato la strada per l’accampamento».
    È facile analizzare questa storiella secondo i criteri classici delle scienze umanistiche: la stessa identica esperienza può significare due cose completamente diverse per due persone diverse che abbiano due diverse impostazioni ideologiche e due diversi modi di attribuire un significato all’esperienza. Siccome diamo grande valore alla tolleranza e alla diversità ideologica, la nostra analisi di stampo umanistico non ci consente nel modo più assoluto di dire che l’interpretazione dell’uno è vera e quella dell’altro è falsa o disdicevole. Il che va benissimo, solo che così facendo trascuriamo puntualmente l’origine di tali impostazioni e credenze individuali, la loro origine, cioè, all’interno di quei due tizi. Quasi che l’orientamento di fondo di una persona rispetto al mondo e al significato della sua esperienza fosse cablato in automatico, come l’altezza o il numero di scarpa, o assorbito dalla cultura come la lingua. Quasi che il nostro modo di attribuire un significato non fosse questione di scelta personale e deliberata, di decisione consapevole.
    C’è poi la questione dell’arroganza. Il non credente liquida con estrema petulanza e sicumera l’eventualità che gli eschimesi avessero qualcosa a che fare con la preghiera di aiuto. D’altro canto i credenti che mostrano un’arrogante sicurezza nelle loro interpretazioni non si contano nemmeno. E forse sono anche peggio degli atei, almeno per la maggior parte di noi qui riuniti, ma il fatto è che il problema dei dogmatici religiosi è identico a quello dell’ateo della storiella: arroganza, convinzione cieca, una ristrettezza di idee che si traduce in una prigionia completa al punto che il prigioniero non sa nemmeno di essere sotto chiave. Il punto secondo me è che il mantra delle scienze umanistiche - «insegnami a pensare» - in parte dovrebbe significare proprio questo: essere appena un po’ meno arrogante, avere un minimo di «consapevolezza critica» riguardo a me stesso e alle mie certezze... perché un’enorme percentuale delle cose di cui tendo a essere automaticamente certo risultano, a ben vedere, del tutto erronee e illusorie. Io l’ho imparato a mie spese e altrettanto, ho il sospeso, toccherà a voi.
    Ecco un esempio dell’erroneità assoluta di una cosa di cui tendo a essere automaticamente certo. Tutto nella mia esperienza diretta corrobora la convinzione profonda che io sono il centro esatto dell’universo, la persona più reale, concreta e importante che esista. Affrontiamo raramente questa forma di naturale e basilare egocentrismo perché socialmente parlando è disgustosa anche se, sotto sotto, ci accomuna tutti. È la nostra modalità predefinita, inserita nei circuiti fin dalla nascita. Pensateci: non avete vissuto una sola esperienza che non vi vedesse al suo centro esatto. Per voi il mondo è una cosa che vi sta davanti o dietro, a sinistra o a destra, sullo schermo del televisore o su quello del computer. I pensieri e i sentimenti degli altri devono esservi comunque comunicati, i vostri invece sono così vicini, pressanti, reali. Insomma, ci siamo capiti. Ma state tranquilli, non mi preparo a tenervi una predica sulla compassione, l’eterodirezione o tutte le altre cosiddette «virtù». Non è questione di virtù quanto della scelta di impegnarmi a modificare o a tenere a freno la mia naturale modalità predefinita, che è per forza di cose profondamente e letteralmente egocentrica, e vede e interpreta tutto attraverso la lente dell’io. Le persone capaci di adattare a tal punto la loro modalità predefinita sono spesso considerate l’esatto opposto dei «disadattati», termine che, vi posso assicurare, non ha niente di casuale.
    Dato il contesto accademico è naturale domandarsi fino a che punto questo adattamento della modalità predefinita coinvolga il sapere o l’intelletto. La risposta, com’è prevedibile, è che dipende da che cosa intendiamo con sapere. La conseguenza forse più pericolosa di una cultura accademica, almeno nel mio caso, è che legittima la mia tendenza a essere cerebrale, a perdermi nelle astrazioni anziché prestare semplicemente attenzione a quello che mi succede davanti agli occhi. Anziché prestare attenzione a quello che mi succede dentro. Sono sicuro che ormai sapremo quanto sia difficile tenere alta la soglia di attenzione e non farsi ipnotizzare dall’ininterrotto monologo che si svolge dentro la testa. Quello che ancora non sapete è quanto sia alta la posta in gioco.
    Sono passati vent’anni da quando mi sono laureto e nel frattempo ho capito poco alla volta che il cliché secondo il quale le scienze umanistiche «insegnano a pensare» in realtà sintetizza una verità molto profonda e importante. «Imparare a pensare» di fatto significa imparare a esercitare un certo controllo su come e su cosa pensare. Significa avere quel minimo di consapevolezza che permette di scegliere a cosa prestare attenzione e di scegliere come attribuire un significato all’esperienza. Perché se non sapete o non volete esercitare questo tipo di scelta nella vita da adulti, sarete fregati. Un vecchio cliché vuole che la mente sia un ottimo servo ma un pessimo padrone. Questo, come molti altri cliché in apparenza fiacchi e banali, in realtà esprime una grande, terribile verità. Non è certo un caso che gli adulti che si suicidano con armi da fuoco si sparino quasi sempre... alla testa. E la verità è che erano quasi tutti già morti da un pezzo quando hanno premuto il grilletto. E date retta a me, il valore reale e schietto della vostra cultura umanistica dovrebbe essere proprio questo: impedire di trascorrere la vostra comoda vita da adulti da morti, inconsapevoli, schiavi della vostra testa e della vostra naturale modalità predefinita che vi impone una solitudine unica, completa e imperiale giorno dopo giorno.
    Potrà sembrare un’iperbole, o un’astrazione priva di senso. Perciò mettiamola sul piano pratico. Il fatto è che voi laureandi non avete ancora ben chiaro cosa significhi realmente «giorno dopo giorno». Ci sono interi aspetti della vita americana da adulti che vengono bellamente ignorati da chi tiene discorsi come questo. I genitori e i professori di una certa età qui presenti sanno benissimo a cosa mi riferisco. Mettiamo, per dire, che sia una normale giornata nella vostra vita da adulti: la mattina vi alzate, andare al vostro impegnativo lavoro impiegatizio da laureati, sgobbate per nove o dieci ore e alla fine della giornata siete stanchi, siete stressati e volete solo tornare a casa, fare una bella cenetta, magari rilassarvi un paio d’ore e poi andare a letto presto perché il giorno dopo dovete alzarvi e ripartire daccapo. Ma a quel punto vi ricordate che a casa non c’è niente da mangiare - questa settimana il vostro lavoro impegnativo vi ha impedito di fare la spesa - e così dopo il lavoro vi tocca prendere la macchia e andare al supermercato. A quell’ora escono tutti dal lavoro, c’è un traffico mostruoso e il tragitto richiede molto più del necessario e, quando finalmente arrivate, scoprite che il supermercato è strapieno di gente perché a quell’ora tutti gli altri che come voi lavorano cercano di ficcarsi nei negozi di alimentari, e il supermercato è orribile, illuminato al neon e pervaso da quelle musichette e canzoncine capaci solo di abbrutire, e voi dareste qualsiasi cosa per non essere lì, ma non potete limitarvi a entrare e uscire; vi tocca girare tutti i reparti enormi, iperilluminati e caotici per trovare quello che vi serve, manovrare il carrello scassato in mezzo a tutte le altre persone stanche e trafelate col carrello, e ovviamente ci sono i vecchi di una lentezza glaciale, gli strafatti e i bambini iperattivi che bloccano la corsia e a voi tocca stringere i denti e sforzarvi di chiedere permesso in tono gentile ma poi, quando finalmente avete tutto l’occorrente per la cena, scoprite che non ci sono abbastanza casse aperte anche se è l’ora di punta, e dovete fare una fila chilometrica, il che è assurdo e vi manda in bestia, ma non potete prendervela con la cassiera isterica, oberata com’è quotidianamente da un lavoro così noioso e insensato che tutti noi qui riuniti in questa prestigiosa università nemmeno ce lo immaginiamo… fatto sta che finalmente arriva il vostro turno alla cassa, pagate il vostro cibo, aspettate che una macchinetta autentichi il vostro assegno o la vostra carta di credito e vi sentite augurare «buona giornata» con una voce che è esattamente la voce della morte dopodiché mettete quelle raccapriccianti buste di plastica sottilissima nell’esasperante carrello dalla ruota che tira a sinistra, attraversate tutto il parcheggio intasato, pieno di buche e di rifiuti, e cercate di caricare la spesa in macchina in modo che non esca dalle buste rotolando per tutto il bagagliaio lungo il tragitto, in mezzo al traffico lento, congestionato, strapieno di Suv dell’ora di punta, eccetera, eccetera. Ci siamo passati tutti, certo: ma non rientra ancora nella routine di voi laureati, giorno dopo settimana dopo mese dopo anno. Però finirà col rientrarci, insieme a tane altre squallide, fastidiose routine apparentemente inutili.
    Ma non è questo il punto. Il punto è che la scelta entra in gioco proprio nelle boiate frustranti e di poco conto come questa. Perché il traffico congestionato, i reparti affollati e le lunghe file alla cassa mi danno il tempo per pensare, e se non decido consapevolmente come pensare e a cosa prestare attenzione, sarò incazzato e giù di corda ogni volta che mi tocca fare la spesa, perché la mia modalità predefinita naturale dà per scontato che situazioni come questa contemplino davvero esclusivamente me. La mia fame, la mia stanchezza, il mio desiderio di tornare a casa, e avrò la netta impressione che tutti gli altri mi intralcino. E chi sono tutti questi che mi intralciano? Guardali là, fanno quasi tutti schifo mentre se ne stanno in fila alla cassa come tanti stupidi pecoroni con l’occhio smorto e niente di umano; e che odiosi poi quei cafoni che parlano forte al cellulare in mezzo alla fila. Certo che è proprio un’ingiustizia: ho sgobbato tutto il santo giorno, muoio di fame, sono stanco e non posso nemmeno andare a casa a mangiare un boccone e a distendermi un po’ per colpa di tutte queste stupide, stramaledette “persone”. Oppure, se gli studi umanistici fanno propendere la mia modalità predefinita verso una maggiore coscienza sociale, posso trascorrere il tempo imbottigliato nel traffico di fine giornata a inorridire per tutti gli enormi, stupidi Suv, Hummer e pickup con motore da 12 valvole che bloccano la corsi bruciando tutti e centottanta i litri di benzina che hanno in quei loro serbatoi spreconi e egoisti, possono riflettere sul fatto che gli adesivi patriottici o religiosi sembrano sempre appiccicati sui veicoli più grossi e schifosamente egoisti, guidati dagli autisti più osceni, spericolati e aggressivi, che di norma parlano al cellulare mentre ti tagliano la strada per guadagnare sei stupidi metri nel traffico congestionato, e posso pensare che i figli dei nostri figli ci disprezzeranno per aver sperperato tutto il carburante del futuro, mandando in malora il clima, a quanto siamo viziati, stupidi, egoisti e ripugnanti, e a come fa tutto veramente schifo e chi più ne ha più ne metta...
    Guardate che se scegliete di pensarla così non c’è niente di male, lo facciamo in tanti, solo che pensarla così diventa talmente facile e automatico che non richiede una scelta. Pensarla così è la mia modalità predefinita naturale. È il modo automatico e inconsapevole di affrontare le prati noiose, frustranti e caotiche della mia vita da adulto quando agisco in base alla convinzione automatica e inconsapevole che sono io il centro del mondo, e che sono le mie sensazioni e i miei bisogni immediati a stabilire l’ordine di importanza delle cose. Il fatto è che in frangenti come questo si può pensare in tanti modi diversi. Nel traffico, con tutti i veicoli che mi si piazzano davanti e mi intralciano, non è da eludere che a bordo dei Suv ci sia qualcuno che in passato ha avuto uno spaventoso incidente e ora ha un tale terrore di guidare che il suo analista gli ha ordinato di farsi un Suv mastodontico per sentirsi più sicuro alla guida; o al volante dell’Hummer che mi ha appena tagliato la strada ci sia un padre che cerca di portare di corsa in ospedale il figlioletto ferito o malato che gli siede accanto, e la sua fretta è maggiore e più legittima della mia: anzi, sono io a intralciarlo. Oppure posso scegliere di prendere mio malgrado in considerazione l’eventualità che tutti gli altri in fila alla cassa del supermercato siano annoiati e frustrati almeno quanto me, e che qualcuno magari abbia una vita nel complesso più difficile, tediosa e sofferta della mia. Vi prego ancora una volta di non pensare che voglia darvi dei consigli morali, o che vi stia dicendo che «dovreste» pensarla così, o che qualcuno si aspetta che lo facciate automaticamente, perché è difficile, richieda forza di volontà e impegno mentale e, se siete come me, certi giorni non ci riuscirete proprio, o semplicemente non ne avrete nessuna voglia. Ma quasi tutti gli altri giorni, se siete abbastanza consapevoli da offrirvi una scelta, poterete scegliere di guardate in modo diverso quella signora grassa con l’occhio smorto e il trucco pesante in fila alla cassa che ha appena sgridato il figlio: forse non è sempre così; forse è stata sveglia tre notti di seguito a stringere la mano al marito che sta morendo di cancro alle ossa. O forse è quella stessa impiegata assunta alla Motorizzazione col minimo salario che soltanto ieri ha aiutato vostra moglie a risolvere un problema burocratico da incubo facendole una piccola gentilezza di ordine amministrativo. Non è molto verosimile, d’accordo, ma non è nemmeno da escludere: dipende solo da cosa volete prendere in considerazione. Se siete automaticamente certi di sapere cosa sia la realtà e chi e che cosa siano davvero importanti - se volete operare in modalità predefinita - allora anche voi, come me, probabilmente trascurerete tutte le eventualità che non siano inutili o fastidiose. Ma se avrete davvero imparato a prestare attenzione, allora saprete che le alternative non mancano. Avrete davvero la facoltà di affrontare una situazione caotica, chiassosa, lenta, iperconsumistica, trovandola non solo significativa ma sacra, incendiata dalla stessa forza che ha acceso le stelle: compassione, amore, l’unità sottesa a tutte le cose. Misticherie non necessariamente vere. L’unica cosa Vera con la V maiuscola è che riuscirete a decidere come cercare di vederla. Questa, a mio avviso, è la libertà che viene dalla vera cultura, dall’aver imparato a non essere disadattati; riuscire a decidere consapevolmente che cosa importa e che cosa no. Riuscirete a decidere che cosa venerare…
    Ecco un’altra cosa vera. Nelle trincee quotidiane della vita da adulti l’ateismo non esiste. Non venerare è impossibile. Tutti venerano qualcosa. L’unica scelta che abbiamo è che cosa venerare. È un motivo importantissimo per scegliere di venerare un certo dio o una cosa di tipo spirituale - che sia Gesù Cristo o Allah, che sia YHWH o la dea madre della religione Wicca, le Quattro Nobili Verità o una serie di principi etici inviolabili - è che qualunque altra cosa veneriate vi mangerà vivi. Se venerate il denaro e le cose, se è a loro che attribuite il vero significato della vita, non vi basteranno mai. Non avrete mai la sensazione che vi bastino. È questa la verità. Venerate il vostro corpo, la vostra bellezza e la vostra carica erotica e vi sentirete sempre brutti, e quando compariranno i primi segni del tempo e dell’età, morirete un milione di volte prima che vi sotterrino in via definitiva. Sotto un certo aspetto lo sappiamo già tutti benissimo: è codificato nei miti, nei proverbi, nei cliché, nei luoghi comuni, negli epigrammi, nelle parabole, è la struttura portante di tutte le grandi storie. Il segreto consiste nel dare un ruolo di primo piano alla verità nella consapevolezza quotidiana. Venerate il potere e finirete col sentirvi deboli e spaventati, e vi servirà sempre più potere sugli altri per tenere a bada la paura. Venerate l’intelletto, spacciatevi per persone in gamba, e finirete col sentirvi stupidi, impostori, sempre sul punto di essere smascherati. E così via.
    Guardate che l’aspetto insidioso di queste forme di venerazione non è che sono malvagie o peccaminose, è che sono inconsapevoli.
    Sono modalità predefinite. Sono il genere di venerazione in cui scivolate per gradi, giorno dopo giorno, diventato sempre più selettivi su quello che vedete e sul metro che usate per giudicare senza rendervi nemmeno bene conto di farlo. E il cosiddetto «mondo reale» degli uomini, del denaro e del potere vi accompagna con quel suo piacevole ronzio alimentato dalla paura, dal disprezzo, dalla frustrazione, dalla brama e dalla venerazione dell’io. La cultura odierna ha imbrigliato queste forze in modi che hanno prodotto ricchezza, comodità e libertà personale a iosa. La libertà di essere tutti sovrani dei nostri minuscoli regni formato cranio, soli al centro di tutto il creato. Una libertà non priva di aspetti positivi. Ciò non toglie che esistano svariati generi di libertà, e il genere più prezioso è spesso taciuto nel grande mondo esterno fatto di vittorie, con queste e ostentazione. Il genere di libertà davvero importante richiede attenzione, consapevolezza, disciplina, impegno e la capacità di tenere davvero agli atri e di sacrificarsi costantemente per loro, in una miriade di piccoli modi che non hanno niente a che vedere col sesso, ogni santo giorno. Questa è la vera libertà. Questo è imparare a pensare. L’alternativa è l’inconsapevolezza, la modalità predefinita, la corsa sfrenata al successo: essere continuamente divorati dalla sensazione di aver avuto e perso qualcosa di infinito.
    So che questa roba forse non vi sembrerà divertente, leggera o altamente ispirata come invece dovrebbe essere nella sostanza un discorso per il conferimento delle lauree. Per come la vedo io è la verità sfrondata da un mucchio di cazzate retoriche. Ovvio che potete prenderla come vi pare. Ma vi pregherei di non liquidarlo come uno di quei sermoni che la dottoressa Laura impartisce agitando il dito. Qui la morale, la religione, il dogma o le grandi domande non c’entrano. La Verità con la V maiuscola riguarda la vita prima della morte. Riguarda il fatto di toccare i trenta, magari i cinquanta, senza il desiderio di spararvi un colpo in testa. Riguarda il valore vero della vera cultura, dove voti e titoli di studio non c’entrano, c’entra solo la consapevolezza pura e semplice: la consapevolezza di ciò che è così reale e essenziale, così nascosto in bella vista sotto gli occhi di tutti da costringerci a ricordare di continuo a noi stessi: «Questa è l’acqua. Questa è l’acqua; dietro questi eschimesi c’è molto più di quello che sembra». Farlo, vivere in modo consapevole, adulto, giorno dopo giorno, è di una difficoltà inimmaginabile. E questo dimostra la verità di un altro cliché: la vostra cultura è realmente il lavoro di una vita, e comincia... adesso. Augurarvi buona fortuna sarebbe troppo poco.
     
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    Un paio di citazioni da Infinite Jest...

    Per Orin Incandenza, n. 71, il mattino è la notte dell'anima. Psichicamente, il momento peggiore della giornata. Durante la notte tiene sempre il condizionatore acceso al massimo, eppure quasi tutte le mattine si sveglia inzuppato di sudore, rannicchiato in posizione fetale, seppellito in quella specie di oscurità psichica nella quale si ha terrore di qualsiasi cosa si stia pensando.
    (...)
    Nelle notti che precedono gli incontri casalinghi della sua squadra, per quanto tenga alto il condizionatore e usi lenzuola sottili, Orin imprime sempre col suo sudore la forma nel letto, una forma scura che si asciuga poi lentamente per tutto il giorno fino a diventare un bianco contorno salato solo lievemente spostato rispetto ai contorni asciutti e sbiaditi della settimana prima, per cui la sua immagine fetale fossile si apre a ventaglio dalla sua parte del letto come un mazzo di carte, appena sovrapposta a tante altre, come una sbavatura da acido o una lunga posa fotografica.

    ---

    La persona che ha una così detta "depressione psicotica" e cerca di uccidersi non lo fa aperte le virgolette "per sfiducia" o per qualche altra convinzione astratta che il dare e avere nella vita non sono in pari. E sicuramente non lo fa perché improvvisamente la morte comincia a sembrarle attraente. La persona in cui l'invisibile agonia della Cosa raggiunge un livello insopportabile si ucciderà proprio come una persona intrappolata si butterà da un palazzo in fiamme. Non vi sbagliate sulle persone che si buttano dalle finestre in fiamme. Il loro terrore di cadere da una grande altezza è lo stesso che proveremmo voi o io se ci trovassimo davanti alla finestra per dare un'occhiata al paesaggio; cioè la paura di cadere rimane una costante. Qui la variabile è l'altro terrore, le fiamme del fuoco: quando le fiamme sono vicine, morire per una caduta diventa il meno terribile dei due terrori. Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme. Eppure nessuno di quelli in strada che guardano in su e urlano "No!" e "Aspetta!" riesce a capire il salto. Dovresti essere stato intrappolato anche tu e aver sentito le fiamme per capire davvero un terrore molto peggiore di quello della caduta.
     
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    Non vedo l'ora di avere il tempo mentale per iniziarlo... È un dizionario!
     
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    CITAZIONE (Don'tPanic @ 26/5/2014, 09:41) 
    Non è il desiderio di buttarsi; è il terrore delle fiamme.

    ... gesuddìo.
     
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    Ancora da Infinite Jest:

    CITAZIONE
    (...) ed era presto diventato un promettente giocatore juniores (...) che utilizzava la borsa di studio tennistica per finanziarsi un'educazione liceale privata poi universitaria in posti che fossero tanto lontani dal Sudovest Americano quanto è possibile andarvi senza annegare.

    CITAZIONE
    E negli spogliatoi, di pomeriggio, il tempo sembra di profondità illimitata; tutti i presenti sono già stati qui, nello stesso modo, e ci saranno di nuovo domani. La triste luce che viene da fuori, un'angoscia che si sente nelle ossa, il contorno tagliente delle ombre che si allungano.
     
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    Le ultime da IJ:

    La prima la metto sotto spoiler perché è davvero tanto lunga (che poi è la versione completa di alcuni estratti che ha già messo Baku).
    CITAZIONE
    Se in virtù di carità o disperazione doveste mai trovarvi a passare del tempo in una struttura statale di recupero da Sostanze come la Ennet House di Enfield MA, verrete a sapere molte cose nuove e curiose. Scoprirete che se il Dipartimento dei Servizi Sociali del Massachusetts ha portato via i figli a una madre per un qualunque periodo di tempo, questo dà loro il diritto di rifarlo di nuovo praticamente a loro piacimento, d'ufficio, autorizzati da un semplice foglio con firma prestampata. In altre parole, una volta dichiarata Interdetta - non importa perché o quando, o che cosa sia intervenuto nel frattempo - non c'è nulla che una madre possa fare.
    O, per esempio, che le persone dipendenti da una Sostanza che smettono all'improvviso di assumere quella Sostanza soffrono spesso di una forma perversa di acne papulosa che può durare mesi in attesa che gli accumuli di Sostanza abbandonino lentamente il corpo. Lo Staff vi farà sapere che questo accade perché la pelle è effettivamente il più grosso organo escretivo del corpo. O che il cuore degli alcolisti cronici - per ragioni che nessun medico sa spiegare - si dilata fino a due volte le dimensioni del cuore di un non alcolista, e non c'è verso che recuperi dimensioni normali. Che esiste una categoria di persone che porta la foto del proprio medico nel portafoglio. Che (un sollievo ma allo stesso tempo una delusione) i peni dei neri tendono ad avere misure nel complesso uguali a quelle dei peni bianchi. Che non tutti i maschi U.S. sono circoncisi.
    Che si riesce ad avvertire una specie di microsballo anfetaminico se si consumano in rapida successione tre Millennial Fizzy e una confezione di biscotti Oreo a stomaco vuoto. (Per avere il microsballo bisogna però riuscire a trattenerli nello stomaco, cosa che i vecchi residenti spesso non dicono ai nuovi.)
    Che l'inquietante termine Ispanico per ogni malessere interiore che fa ricadere il tossicomane nella schiavitù della Sostanza è tecato gusano, che sembra essere una specie di verme interiore psichico impossibile da saziare o uccidere.
    Che i neri e gli Ispanici possono essere razzisti quanto e più dei bianchi, e che possono diventare ancora più ostili e sgradevoli quando vi mostrate stupiti da questa cosa.
    Che alcuni riescono nel sonno a estrarre una sigaretta dal pacchetto sul comodino, accenderla, fumarla fino alla fine e poi spegnerla nel posacenere accanto al letto - il tutto senza mai svegliarsi, e senza dar fuoco a nulla. Sarete informati che questa abilità si acquisisce normalmente negli istituti penali, il che ridurrà la vostra inclinazione a lamentarvi della pratica. O che neppure i tappi per orecchie in polistirolo espanso Flents modello industriale possono risolvere il problema di un compagno di stanza che russa se il compagno in questione è così gigantesco e adenoideo che le sue russate creano vibrazioni subsoniche che arpeggiano lungo tutto il vostro corpo e la vostra branda tremola come quei vecchi letti di motel che vibravano a metterci dentro una moneta da un quarto di dollaro.
    Che riguardo alle funzioni sessuali ed escretive le persone di sesso femminile sanno essere volgari quanto quelle di sesso maschile. Che più del 60% di tutti gli arrestati per crimini connessi a droga e alcol dichiarano di essere stati oggetto di abusi sessuali da bambini, mentre i due terzi del restante 40% affermano di non riuscire a ricordare la propria infanzia con sufficiente precisione per dire qualcosa riguardo a eventuali abusi. Che se lo prevede la vostra Corvé anche voi potete mugugnare armonie ipnotiche tipo Madame Psychosis mentre passate l'aspirapolvere. Che alcune persone sembrano davvero dei roditori. Che certe prostitute tossicodipendenti hanno più difficoltà a smettere con la prostituzione che con la droga, fornendo poi una spiegazione che riguarda l'opposta direzione del flusso di denaro nelle due attività. Che esistono per l'organo sessuale femminile tante forme idiomatiche quante per quello maschile.
    Che un paradosso poco menzionato della dipendenza da una Sostanza è il seguente: una volta che siete così schiavi di una Sostanza da doverla abbandonare per salvarvi la vita, la Sostanza schiavizzante è diventata per voi così profondamente importante che uscirete di senno quando ve la porteranno via. Oppure che a volte, dopo che la vostra Sostanza vi è stata portata via per salvarvi la vita, mentre siete inginocchiati per le preghiere obbligatorie della mattina o della sera, vi troverete a pregare perché vi sia consentito di perdere letteralmente il senno, di avvolgere la vostra mente in un vecchio giornale e lasciarla in un vicolo a cavarsela da sola senza di voi.
    Che nell'area metropolitana di Boston l'espressione idiomatica preferita per designare l'organo maschile è: Unità, il che spiega come mai i residenti della Ennet House siano così maliziosamente divertiti dai nomi degli edifici dell'Enfield Marine.
    Che ci sono persone alle quali semplicemente non piacete, qualsiasi cosa facciate. E che la maggior parte dei civili non tossicodipendenti adulti ha già assimilato e accettato questo fatto, spesso in giovane età.
    Che nonostante pensiate di essere furbi, non lo siete molto.
    Che il "Dio" degli AA e dei NA e dei CA apparentemente non vi chiede di credere in Lui/Lei/Esso prima che Lui/Lei/Esso vi aiuti. Che, con buona pace delle stronzate maschiliste, il pianto maschile in pubblico non soltanto è molto mascolino ma può anche farvi sentire bene (riferito da terzi). Che condividere significa parlare, e fare l'inventario di qualcuno significa criticare quella persona, cui vanno aggiunti numerosi altri articoli di Gergo Recuperiale. Che un importante elemento nella prevenzione dell'HIV nelle case di recupero sta nel non lasciare rasoio e spazzolino da denti nei bagni comuni. Che, a quanto sembra, una prostituta esperta è in grado di inserire un preservativo sull'Unità di un cliente con tale destrezza che il cliente non se ne accorge nemmeno fino a quando non è acqua passata, per dirla così (riferito da terzi).
    Che un contenitore portatile d'acciaio ultraresistente a doppio strato dotato di serratura a triplo cilindro per il rasoio e lo spazzolino da denti si può comprare per meno di 35$ U.S./38,50$ O.N.A.N. alla Home-Net Hardware, e se fate abbastanza casino Pat M. o il Direttore della Casa vi faranno usare il vecchio TIP dell'ufficio sul retro per ordinarne uno.
    Che oltre il 50% delle persone con una dipendenza da Sostanza è contemporaneamente affetto da qualche altra forma di disturbo psichiatrico. Che alcuni prostituti maschi sviluppano una tale assuefazione ai clisteri da risultare incapaci di movimenti intestinali autonomi. Che una grossa fetta dei residenti della Ennet House ha almeno un tatuaggio. Che la rilevanza di questo dato è impossibile da analizzare. Che l'espressione di strada per non avere denaro a Boston città è: sfoggiare le garze. Che quello che da altre parti si dice Informare o Cantare o Spifferare o Vuotare il Sacco, sulle strade di Boston si dice "Mangiare il Formaggio" presumibilmente deriva dal nesso associativo con ratto.
    Che gli orecchini da naso, lingua, labbro e sopracciglio richiedono di rado un piercing veramente penetrativo. Questo grazie alla grande varietà disponibile di orecchini a clip. Che gli orecchini da capezzolo richiedono il piercing, e che degli orecchini da clitoride e da glande è meglio non conoscere certi dettagli. Che il sonno può essere una forma di fuga emozionale e che, seppure con un certo sforzo, si può abusarne. Che le donne dei chicanos non sono chiamate chicanas. Che costa 225$ U.S. ottenere una patente di guida del Massachusetts con la tua foto e il nome di qualcun altro. Che la privazione intenzionale del sonno può essere anch'essa una fuga dalla realtà di cui si può abusare. Che anche il gioco d'azzardo può essere una fuga abusabile, e così il lavoro, lo shopping, rubare nei negozi, e il sesso, e l'astinenza, e la masturbazione, e il cibo, e l'esercizio fisico, e la preghiera/meditazione, e lo stare seduti così vicini al vecchio cartuccia-visore D.E.C. del TP della Ennet House da avere il campo visivo interamente invaso dallo schermo e l'elettricità statica che ti pizzica il naso.
    Che non occorre amare qualcuno per imparare da lui/lei/esso. Che la solitudine non è una funzione dell'isolamento. Che è possibile arrabbiarsi al punto da vedere davvero tutto rosso. Che cos'è un "Catetere Texano". Che alcune persone rubano davvero - rubano cose che sono vostre. Che un mucchio di adulti U.S. non sanno proprio leggere, neppure un ipertesto fonico su ROM con funzioni di AIUTO per ogni parola. Che le alleanze tra pochi e l'esclusione degli altri e i pettegolezzi possono essere forme di fuga. Che la validità logica di un ragionamento non ne garantisce la verità. Che le persone cattive non credono mai di essere cattive, ma piuttosto che lo siano tutti gli altri. Che è possibile imparare cose preziose da una persona stupida. Che costa fatica dedicare più di pochi secondi di attenzione a un qualsiasi stimolo. Che improvvisamente puoi volerti fare della tua Sostanza così intensamente da essere sicuro di morire se non lo fai, ma che puoi anche rimanere seduto a torcerti le mani con la faccia fradicia di sudore da quanta voglia hai, che puoi volerti fare e restare seduto, volere ma non farlo, se vuoi, e che se riesci a resistere e a non farti quando ne hai una voglia pazzesca, questa voglia se ne andrà - almeno per un po'. Che è statisticamente più facile liberarsi di una dipendenza per le persone con un basso QI che per quelle con un QI più alto. Che il termine di strada a Boston per chiedere l'elemosina è: tamponare, e che tale attività è ritenuta da qualcuno un'arte o un'abilità; e che gli artisti del tamponamento professionale ogni tanto hanno come dei consulti, piccole convention, ai giardini o nei punti nevralgici dei trasporti pubblici, di notte, dove si riuniscono e formano gruppi di consulenza e si scambiano impressioni su tendenze e tecniche e pubbliche relazioni e così via. Che è possibile abusare fino all'assuefazione di antinfluenzali e antistaminici da banco. Che il NyQuil ha più di 50°. Che le attività noiose diventano perversamente molto meno noiose se ci si concentra molto su di esse. Che se un numero sufficiente di persone beve caffè in una stanza silenziosa, è possibile sentire il rumore del vapore che si leva dalle tazze. Che a volte agli esseri umani basta restare seduti in un posto per provare dolore. Che la vostra preoccupazione per ciò che gli altri pensano di voi scompare una volta che capite quanto di rado pensano a voi. Che esiste una cosa come la cruda, incontaminata, immotivata gentilezza. Che è possibile addormentarsi di botto durante un attacco d'ansia.
    Che concentrarsi intensamente su qualcosa è un lavoro duro.
    Che la dipendenza è un disagio o una malattia mentale o una condizione spirituale (quando si dice "poveri di spirito") o una forma di Disturbo Ossessivo-Compulsivo o un disturbo affettivo e del carattere, e che più del 75% dei veterani AA di Boston, quando vuole convincervi che si tratta di un disagio, vi fa sedere a guardarli mentre scrivono DISAGIO su un pezzo di carta e poi dividono la parola con un trattino così da farla diventare DIS-AGIO, poi vi fissano come se si aspettassero di vedervi colpiti da un'accecante consapevolezza epifanica quando in realtà (come G. Day non si stanca di far notare ai suoi operatori) trasformare DISAGIO in DIS-AGIO non fa che ridurre una definizione e una spiegazione alla semplice descrizione di una sensazione, e per giunta una descrizione penosamente insipida.
    Che la maggioranza delle persone con una dipendenza da Sostanza è anche dipendente dal pensare, nel senso che ha un rapporto compulsivo e insano con il proprio pensiero. Che fra gli AA di Boston il simpatico termine per l'assuefazione da pensiero è Analisi-Paralisi. Che il latte provoca ai gatti dei violenti attacchi di diarrea, contrariamente all'immagine popolare sui gatti e il latte. Che è semplicemente più piacevole essere felici che incazzati. Che il 99% dei pensieri di chi soffre di pensiero compulsivo è rivolto a se stessi; che il 99% di questo pensiero consiste nell'immaginare e poi prepararsi a qualcosa che sta per accadere loro; e che, stranamente, il 100% delle cose per le quali usano il 99% del loro tempo a prepararsi ad affrontarle in ogni possibile risvolto non sono mai positive. E che questo si connette in modo interessante con l'impulso nella prima fase di sobrietà a pregare per poter perdere il senno. In breve, che il 99% dell'attività del pensiero consiste nel cercare di terrorizzarsi a morte. Che è possibile preparare delle ottime uova in camicia in un forno a microonde. Che il termine di strada metropolitano per dire assolutamente meraviglioso è: tremendo. Che il rumore dello starnuto è diverso per ognuno. Che certe mamme non hanno mai insegnato ai loro figli a mettersi la mano davanti alla bocca o a voltarsi quando starnutiscono. Che chiunque sia stato in prigione non ritorna più quello di una volta. Che non è necessario fare sesso con qualcuno per prendersi le piattole. Che in una stanza pulita ci si sente meglio che in una sporca. Che le persone di cui avere più paura sono quelle che hanno più paura. Che ci vuole un grande coraggio per mostrarsi deboli. Che non è necessario picchiare qualcuno anche se lo si desidera tantissimo. Che nessun singolo momento individuale è in sé per sé insopportabile.
    Che nessuno che sia stato così schiavo di una Sostanza da aver dovuto smettere di prenderla e ci sia riuscito e ne sia stato senza per un po' ma che poi per una qualsiasi ragione sia tornato sui suoi passi e abbia ripreso la Sostanza, ha mai detto di esser stato contento di averlo fatto, cioè di aver ripreso di nuovo la Sostanza ridiventandone schiavo; mai. Che pezzetto è un termine di strada di Boston per definire la condanna al carcere, come nella frase "Don G. è stato a Billerica per un pezzetto di sei mesi". Che è impossibile uccidere le pulci a mani nude. Che è possibile fumare così tante sigarette da farsi delle piccole ulcerazioni bianche sulla lingua. Che gli effetti di troppe tazze di caffè non sono per niente piacevoli né intossicanti.
    Che praticamente tutti si masturbano.
    E tanto, a quanto sembra.
    Che il cliché "Non so chi sono" sfortunatamente si rivela più di un cliché. Che costa 330$ U.S. ottenere un passaporto con un nome falso. Che gli altri, anche se sono stupidi, riescono spesso a vedere cose di voi che voi non riuscite a vedere. Che è possibile ottenere per 1.500$ U.S. una carta di credito di un istituto primario con un nome falso, ma nessuno vi saprà dire se questo prezzo include un rapporto bancario e una disponibilità di denaro verificabili per quando la cassiera passa la carta falsa nel piccolo modem del registratore di cassa e voi siete accerchiati da guardie di ogni tipo e misura. Che il possesso di molto denaro non immunizza la gente dalla sofferenza e dalla paura. Che provare a ballare da sobri è tutto un altro paio di maniche. Che il termine vig è il gergo di strada per la commissione di un allibratore sulle scommesse illegali, normalmente del 10%, che viene sottratta alle vostre vincite o aggiunta al vostro debito. Che alcuni soggetti sinceramente devoti e spiritualmente maturi credono che il Dio nel quale credono li aiuti a trovare parcheggio e suggerisca loro i numeri giusti del Lotto.
    Che, entro un certo limite, si può vivere insieme agli scarafaggi.
    Che "accettazione" è in genere una questione di fatica, più che altro.
    Che persone differenti hanno un'idea radicalmente differente dell'igiene personale di base.
    Che per qualche perversa ragione, è spesso più divertente desiderare qualcosa che averlo.
    Che se fate una buona azione in segreto, anonimamente, senza far sapere alla persona per la quale l'avete fatta che siete stati voi, né che chiunque altro sappia qual era la buona azione e insomma non cercate in nessun modo di averne merito, la buona azione diventa quasi una forma autonoma di intossicazione.
    Che anche della generosità anonima si può abusare.
    Che fare sesso con qualcuno per cui non provate nulla lascia una sensazione di solitudine maggiore che non farlo affatto, dopo.
    Che è consentito volere.
    Che tutti sono identici nella segreta tacita convinzione di essere, in fondo, diversi da tutti gli altri. Che questo non è necessariamente perverso.
    Che è possibile che gli angeli non esistano, però ci sono persone che potrebbero essere angeli.
    Che Dio - a meno che non siate Charlton Heston, o fuori di testa, o entrambe le cose - parla e agisce interamente tramite degli esseri umani, ammesso poi che ci sia un Dio.
    Che Dio potrebbe inserire la questione se crediate nell'esistenza di un Dio o meno piuttosto in basso nella lista delle cose sul vostro conto che a lui/lei/esso interessano.
    Che l'odore del Piede d'Atleta è di un dolce nauseabondo mentre l'odore della Dermatomicosi Podiatrica è di un agro nauseabondo.
    Che una persona - una con il Disagio/-Agio - compie, sotto l'influsso della Sostanza, gesti che non commetterebbe mai da sobria, e che alcune conseguenze di questi gesti non si possono mai più cancellare o rimediare. I delitti sono un esempio.


    CITAZIONE
    E' come se un grosso mestolo di legno continuasse a spingerlo sotto la superficie del sonno e poi lo riportasse su per farlo assaggiare da qualcosa di enorme, continuamente.

    CITAZIONE
    Il cielo sembra così 3-D che è come se ci si potesse tuffare dentro.
     
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7 replies since 4/5/2011, 18:26   355 views
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