Nella colonia penale

Franz Kafka

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    NELLA COLONIA PENALE

    (1921)


    "E' una macchina veramente curiosa", disse l'ufficialeall'esploratore, abbracciando con uno sguardo quasi ammirato lamacchina che pure conosceva bene. L'esploratore aveva accettatosolo per cortesia l'invito del comandante ad assistereall'esecuzione di un soldato, condannato per indisciplina eoltraggio a un superiore. L'interesse per l'esecuzione non eraeccessivo neppure nella colonia penale. Nella valletta profonda esabbiosa, isolata da ogni parte da brulli pendii scoscesi, oltreall'ufficiale e al viaggiatore si vedeva il condannato, un uomodall'aria ottusa e dalla bocca larga, spettinato, con la barbaincolta; accanto a lui, un soldato teneva la pesante catena, sullaquale si saldavano una rete di catenelle che stringevano lecaviglie, i polsi e il collo del condannato. Questi sembrava cosìbestialmente rassegnato, da poter essere lasciato libero dicorrere lungo i pendii, bastando solo chiamarlo con un fischioperché tornasse, al momento dell'esecuzione.

    L'esploratore non si interessava molto alla macchina e, senzacurarsi di nascondere la sua indifferenza, camminava su e in giùdietro al condannato, mentre l'ufficiale compiva gli ultimipreparativi, ora infilandosi sotto l'apparecchio, profondamentepiantato nel suolo, ora salendo su una scala a pioli per esaminarele parti superiori. Erano lavori che, forse, si sarebbero potutilasciare a un meccanico: ma l'ufficiale li eseguiva con grandezelo, sia perché era un appassionato di quella macchina, siaperché non era possibile affidare quel compito ad altri.

    "Ora è tutto pronto!" esclamò infine, e scese dalla scala. Eraspossato, respirava a bocca spalancata e si era ficcati duefazzolettoni da donna tra la nuca e il colletto. "Queste uniformisono troppo pesanti per i tropici", disse l'esploratore invece dichiedere informazioni, come l'ufficiale si aspettava, sullamacchina. "Eh già", disse l'ufficiale lavandosi le mani sporched'olio e di grasso in un secchio d'acqua già pronto, "masignificano la patria, e noi non vogliamo dimenticarcene. Maguardi la macchina", aggiunse con un cenno, mentre si asciugava lemani. "Prima funzionava a mano, ora fa il suo lavoro da sola".

    L'esploratore assentì, e accolse all'invito dell'ufficiale. Perpremunirsi contro ogni possibile incidente, questi disse:

    "Naturalmente, possono capitare dei guasti: mi auguro che oggi nonavvengano, ma non si sa mai. La macchina deve restare in moto perdodici ore consecutive. Se capita qualche guasto, si tratta, ingenere, di roba da poco, a cui si rimedia presto".

    "Non si vuole sedere?" chiese poi, porgendo all'esploratore unasedia di vimini tirata fuori da una catasta. L'esploratore nonpoté rifiutarsi, e si trovò a sedere sull'orlo di una fossa, nellaquale gettò un'occhiata. Non era molto profonda. Da un lato erastata ammucchiata la terra scavata, dall'altro c'era la macchina.

    "Non so se il comandante", disse l'ufficiale, "le ha spiegato comefunziona l'apparecchio". Il viaggiatore, per risposta, abbozzò ungesto con la mano: l'ufficiale non chiedeva di meglio, così potevafornire lui le spiegazioni. "Questa macchina", disse afferrandouna manovella e appoggiandovisi sopra, "è un'invenzione del nostrovecchio comandante. Io ho collaborato ai primi esperimenti e poipresi parte a tutti i lavori, fino alla fine. Il meritodell'invenzione, però, spetta solo a lui. Ha sentito parlare delvecchio comandante? No? Ebbene, non credo di esagerare, affermandoche l'organizzazione di tutta la colonia penale è opera sua. Noi,i suoi amici, cui è nota la complessa organizzazione dellacolonia, ci rendemmo conto, alla sua morte, che il successore,anche con mille nuovi piani in testa, per parecchi anni nonavrebbe potuto cambiare nulla di ciò che era stato fatto. Lenostre previsioni si sono avverate: il nuovo comandante ha dovutoriconoscerlo. Peccato che lei non abbia conosciuto il vecchiocomandante! Ma io chiacchiero", s'interruppe, "quando la suamacchina ci sta davanti. E' formata, come vede, da tre parti. Perogni parte, con il passare del tempo, sono stati coniati nomi, percosì dire, popolari. La parte inferiore si chiama il letto, quellasuperiore è il disegnatore, e quella sospesa in mezzo, l'erpice".

    "L'erpice?" chiese l'esploratore. Non aveva ascoltato con troppaattenzione; il sole batteva violento su quella valle senz'ombra, eera difficile raccogliere le idee. Tanto più ammirevole glisembrava l'ufficiale che, nell'attillata giubba da parata, caricadi spalline e di cordoni, dava con tanto zelo le sue spiegazioni,pur badando a stringere questa o quella vite. Il soldato sembravatrovarsi nelle stesse condizioni dell'esploratore. Dopo essersiavvolto ai polsi la catena del condannato, si era appoggiato alsuo fucile e, a testa bassa, non sembrava curarsi di nulla.

    L'esploratore non se ne stupì, l'ufficiale parlava in francese eil francese non era capito né dal condannato né dal suo guardiano.

    Strano, invece, era vedere come il condannato si sforzasse diseguire le spiegazioni dell'ufficiale. Con una specie di assonnatatenacia, continuava a guardare verso il punto indicatodall'ufficiale, e quando questi era interrotto da una domandadell'esploratore, anche lui rivolgeva il suo sguardosull'esploratore.

    "Sì, l'erpice", disse l'ufficiale, "il nome è appropriato. Gliaghi sono disposti come quelli di un erpice e l'insieme funzionacome un erpice, anche se da fermo e con molto di più a regolad'arte. Se ne renderà subito conto. Il condannato viene distesoqui, sul letto... Mi interrompo, per precisare che primadescriverò la macchina, poi procederò alla sua messa in opera,così potrà seguire meglio. Nel disegnatore, poi, una ruotadentata, ormai vecchia, fa un tale rumore, quand'è in moto, dacoprire le voci. Purtroppo i pezzi di ricambio, qui, è difficileprocurarseli. Dicevo, dunque, che questo è il letto. E'completamente ricoperto da uno strato di ovatta, e la ragione lavedremo in seguito. Su questa ovatta viene disteso, nudo, ilcondannato; queste cinghie sono per tenerlo fermo, per le mani,per i piedi, per il collo. A questa estremità del letto, su cuil'uomo giace con la faccia in giù, c'è un piccolo tampone difeltro, facilmente regolabile, in modo che penetri di misura nellabocca del condannato. Serve a impedire che quello urli e si mozzila lingua con i denti. L'uomo è costretto a prendere il tampone inbocca, altrimenti le cinghie del collo gli spezzano le vertebrecervicali".

    "Questa è ovatta?" chiese l'esploratore, sporgendosi. "Sì",rispose con un sorriso l'ufficiale, "provi a toccare". Prese lamano del viaggiatore e la posò sul letto. "E' un'ovatta preparatain modo speciale; parlerò dopo del suo scopo". L'esploratore avevacominciato a interessarsi alla macchina; facendosi ombra con lamano per proteggere gli occhi dal sole, guardò quanto era alta.

    Era un grande apparecchio. Il letto e il disegnatore avevano lestesse dimensioni, e sembravano due cofani dipinti di scuro. Ildisegnatore era fissato due metri circa sopra il letto, e i dueelementi erano collegati fra loro agli angoli da quattro sbarre diottone, che sotto il sole lampeggiavano. Tra i due cofani,sostenuto da un nastro d'acciaio, oscillava l'erpice.

    Se l'ufficiale prima non aveva fatto caso all'indifferenzadell'esploratore, ora si accorse del suo interesse crescente.

    Affinché l'esploratore avesse tempo di guardare ogni cosa,interruppe quindi le sue spiegazioni. Il condannato imitaval'esploratore, strizzando gli occhi poiché non poteva farsi ombracon la mano.

    "L'uomo, dunque, è disteso lì", disse l'esploratore ributtandosiindietro e accavallando le gambe.

    "Sì", disse l'ufficiale spostando un po' il suo berretto verso lanuca e passandosi la mano sul viso accaldato. "Ora ascolti bene.

    Letto e disegnatore sono provvisti di batterie elettricheautonome: il letto ne ha bisogno per sé, il disegnatore perl'erpice. Quando l'uomo è ben legato, il letto viene messo inmovimento. Esso vibra rapidamente in senso ondulatorio esussultorio. Avrà visto apparecchi simili nelle cliniche: ma nelnostro letto tutti i movimenti sono esattamente calcolati, perchési devono svolgere in perfetta sincronia con i movimentidell'erpice. All'erpice, in ogni modo, è riservata la vera epropria esecuzione della condanna".

    "Ma cosa dice la condanna?" chiese l'esploratore. "Ma come, non sanemmeno questo?" disse stupito l'ufficiale, mordendosi le labbra.

    "Mi scusi, se le mie spiegazioni possono sembrarle disordinate: lechiedo mille volte scusa. Prima era il comandante a spiegaretutto, ma il suo successore si è sottratto a questo compitoonorifico. Che però non abbia informato un visitatore tantoillustre" - l'esploratore fece un gesto con le mani per respingerel'omaggio, ma l'ufficiale insisté - "un visitatore tanto illustrenemmeno sulla formula della nostra sentenza, ecco un'altra novitàche..." E qui stava per uscirsene in un'imprecazione, ma sicontenne e disse: "Nessuno mi ha detto nulla, quindi nulla mi sipuò rimproverare. Io sono particolarmente autorizzato a spiegarele modalità delle nostre sentenze, perché ho qui", e si battésulla tasca del petto, "i disegni di mano del vecchio comandante".

    "Disegni dello stesso comandante?" chiese il viaggiatore. "Avevadunque tante qualità? Soldato, giudice, costruttore, chimico edisegnatore?""Proprio così", disse l'ufficiale assentendo, lo sguardo fisso epensoso. Esaminate le sue mani e visto che non erano abbastanzapulite per toccare i disegni, si avvicinò di nuovo al secchio e lelavò ancora. Poi estrasse una piccola busta di pelle e disse: "Lanostra condanna non è severa. Al condannato viene scritto sulcorpo il comandamento che ha trasgredito. A questo condannato, peresempio", e l'ufficiale indicò l'uomo, "verrà scritto sul corpo:

    'Onora il tuo superiore'"L'esploratore diede un'occhiata all'uomo. Quando l'ufficialeaccennò a lui, quello, a testa china, sembrò tendere tutte leforze del suo udito per capire qualche cosa: ma i movimenti dellasua bocca imbronciata mostrarono chiaramente che non ci riusciva.

    L'esploratore, pur volendo chiedere diverse cose, in presenzadell'uomo, si limitò a domandare: "Conosce la sua condanna?" "No",disse l'ufficiale; e si accingeva a riprendere le sue spiegazioni,quando l'esploratore lo interruppe: "Non conosce la sua condanna?""No", disse ancora l'ufficiale. Aspettò un momento, come seaspettasse dal viaggiatore una motivazione più circostanziatadella domanda, poi aggiunse: "Inutile comunicargliela, laconoscerà sul suo stesso corpo". L'esploratore sarebbe rimastozitto, ma lo sguardo del condannato, fisso su di lui, sembròchiedere se approvava quello che aveva sentito. L'esploratore, chegià si era appoggiato allo schienale della sedia, si piegò dinuovo in avanti, e chiese: "Ma saprà almeno che è statocondannato!" "Neppure questo", disse l'ufficiale con un sorriso,come se si aspettasse dall'esploratore altre curiose uscite. "No!"disse il viaggiatore, passandosi la mano sulla fronte. "Dunquel'uomo non sa neppure com'è stata accolta la sua difesa?" "Non haavuto nessuna possibilità di difendersi", disse l'ufficialeguardando da una parte, come se parlasse a se stesso e non volesseumiliare l'esploratore raccontando cose tanto ovvie. "Ma dovrà puraver avuto modo di difendersi", disse l'esploratore alzandosidalla sedia.

    L'ufficiale si rese conto che rischiava di rimandare a chissàquando la spiegazione del funzionamento della macchina. Siavvicinò perciò all'esploratore, lo prese sotto braccio e,accennando al condannato, irrigidito sull'attenti sia perchél'attenzione era puntata su di lui in modo così palese, sia perchéil soldato aveva pensato di dare uno strappo alla catena, disse:

    "La cosa sta così. Nella colonia penale, nonostante la mia giovaneetà, svolgo le funzioni di giudice, perché ho sempre collaboratocol vecchio comandante in tutte le questioni disciplinari, econosco la macchina meglio di ogni altro. Il principio secondo ilquale io giudico, è questo: la colpevolezza è sempre indubbia.

    Altri tribunali non possono seguire a questo principio, perchésono composti da diverse persone, e sono sottoposti a istanzesuperiori. Ciò non avviene qui o almeno non avveniva quando c'erail vecchio comandante. Quello nuovo ha provato a intervenire nellamia attività di giudice, ma finora sono riuscito a tenerlolontano, e spero di riuscirci anche in seguito. Quanto al caso dioggi, è sempre come gli altri. Un capitano, stamattina, hadenunciato che quest'uomo, assegnatogli come attendente e chedorme davanti alla sua porta, ha dormito durante le ore diservizio. Il suo obbligo è, infatti, quello di alzarsi ad ognibattere d'ora e di salutare davanti alla porta del capitano.

    Obbligo non pesante e d'altra parte necessario, al fine dirimanere sveglio per la guardia e per il servizio. Stanotte ilcapitano ha voluto controllare se l'attendente faceva il suodovere: alle due in punto ha aperto la porta e lo ha trovato chedormiva, tutto rannicchiato su se stesso. Prese dunque la suafrusta e lo colpì al viso. Invece di alzarsi e di chiedereperdono, l'uomo afferrò il suo padrone per le gambe, lo scosse egridò: 'Butta via quella frusta o ti mangio!' Questi i fatti. Ilcapitano, un'ora fa, è venuto da me, io ho messo per iscritto lesue dichiarazioni e subito ho steso la sentenza. Poi ho fattoincatenare l'uomo. Tutto molto semplice. Se l'avessi fattochiamare e l'avessi interrogato, ne sarebbe nata una granconfusione: avrebbe mentito, se mi fosse riuscito di provare lesue bugie ne avrebbe tirate fuori di altre e così via. Invece oralo tengo e non me lo lascio scappare più. Tutto chiaro, adesso? Mail tempo passa, l'esecuzione sarebbe già dovuta essere cominciata,e non ho ancora finito di spiegare il funzionamento dellamacchina". Costrinse l'esploratore a sedere, si avvicinò allamacchina e riprese: "Come vede, l'erpice ha una sagoma umana:

    questa è la parte per il tronco, questa per le gambe. Per la testac'è soltanto questo piccolo punteruolo. Tutto chiaro?" E si chinòcortesemente verso il'esploratore, pronto a fornire le descrizionipiù circostanziate.

    L'esploratore guardò l'erpice, con la fronte aggrottata. Iragguagli sulla procedura non lo avevano soddisfatto. Doveva,tuttavia, riconoscere che si trattava di una colonia penale, cheerano necessarie speciali misure, che bisognava procedere in tuttocon rigidezza militare. Sperava, inoltre, nel nuovo comandante,che aveva intenzione di introdurre, anche se lentamente, un nuovoprocedimento che non riusciva a entrare nella testadell'ufficiale. Seguendo questi pensieri, l'esploratore chiese:

    "Il comandante assisterà all'esecuzione?" "Non è certo", dissel'ufficiale, contrariato dalla domanda brusca, mentre gli sparivadal viso l'espressione cortese: "per questo dobbiamo fare infretta. Purtroppo, sono costretto ad abbreviare le miespiegazioni. Ma domani quando l'apparecchio sarà ripulito - già, èun suo difetto quello di sporcarsi tanto - potrò darle altriparticolari. Ora, mi limiterò solo l'indispensabile. Dunque,quando l'uomo è disteso sul letto e questo è in movimento, siabbassa l'erpice. Esso scende da solo fino a sfiorare il corpo conle punte: raggiunta la posizione voluta, il cavo d'acciaio assumela rigidezza di una sbarra. A questo punto, comincia il gioco. Unprofano non nota differenza tra una e l'altra. L'erpice sembralavorare sempre allo stesso modo: immerge, vibrando, le sue puntenel corpo, che vibra, a sua volta, sul letto. Per consentire atutti di accertarsi dell'esecuzione della condanna, l'erpice èstato fatto di vetro. La messa in opera degli aghi ha comportatoalcune difficoltà tecniche, ma dopo qualche prova ci siamoriusciti. Non ci siamo arresi di fronte a nessuna difficoltà.

    Attraverso il vetro, oggi, tutti possono vedere come l'iscrizioneviene eseguita sul corpo. Non vuole avvicinarsi per vedere gliaghi?"L'esploratore si alzò lentamente, avanzò e si piegò sull'erpice.

    "Vede", disse l'ufficiale, "ci sono due tipi di aghi, disposti inmodo diverso: quello lungo è accoppiato a quello corto. L'agolungo scrive, quello corto sprizza acqua per eliminare il sangue emantenere chiara l'iscrizione. L'acqua sporca confluisce incanaletti, per finire in questo condotto e quindi nella fossa".

    Con il dito teso, l'ufficiale fece un'esatta descrizione delpercorso che l'acqua doveva seguire. Quando, per dare al movimentola massima evidenza, afferrò a due mani l'estremità del tubo discarico, l'esploratore alzò la testa e iniziò a indietreggiareverso la sedia, annaspando, con una mano, dietro la schiena. Conorrore si accorse che il condannato aveva seguito a sua volta,l'invito dell'ufficiale a esaminare da vicino il funzionamentodell'erpice. Aveva tirato per la catena il soldato intontito, e siera piegato anche lui sul il vetro. Con aria perplessa, fissavaquello che i due signori avevano esaminato, ma inutilmente, perchénon aveva avuto spiegazioni. Si chinava da una parte e dall'altra,senza staccare gli occhi dal cristallo. L'esploratore fu tentatodi tirarlo indietro, perché si comportava certo in modo nonconsentito. Ma l'ufficiale lo trattenne con una mano, con l'altraafferrò una zolla di terra dal tumulo vicino e la scagliò controil soldato. Questi spalancò gli occhi, vide quello che ilcondannato si era permesso di fare, lasciò cadere il fucile,piantò i tacchi nella sabbia e diede un tale strappo alla catena,che il condannato crollò a terra; rimanendo poi a guardarlo,mentre si agitava tra un tintinnio d'acciaio. "Rialzalo!" gridòl'ufficiale, che si era accorto che il condannato attirava troppol'attenzione dell'esploratore. Questi stava chinato sopral'erpice, solo per vedere ciò che accadeva al condannato.

    "Trattalo con riguardo!" gridò ancora l'ufficiale. Quindi girò dicorsa intorno alla macchina, afferrò il condannato sotto leascelle e, con l'aiuto del soldato, dopo non pochi tentativi,riuscì a rimetterlo in piedi.

    "Ora so tutto", disse l'esploratore quando l'ufficiale fu tornatoda lui. "Tutto, meno l'essenziale", disse quello, prendendo ilviaggiatore per un braccio e indicando qualcosa in alto. "Neldisegnatore c'è il meccanismo che mette in movimento l'erpice, equesto meccanismo viene regolato secondo il disegno stabilitodalla sentenza. Io uso ancora i disegni del vecchio comandante.

    Eccoli", disse, tirando fuori alcuni fogli dalla busta di pelle.

    "Non oso farglieli nemmeno toccare, sono la cosa più preziosa chepossiedo. Si sieda, glieli mostro da qui, potrà vederliugualmente". Di fronte al primo foglio, il viaggiatore avrebbevoluto dire qualche parola di complimento: ma vide solo un ammassodi linee che si incrociavano in ogni senso, così fitte che ilfondo bianco quasi non si distingueva più. "Legga", dissel'ufficiale. "Non ci riesco", disse l'esploratore. "E' molto benfatto", disse l'esploratore, evasivo, "ma non sono in grado didecifrare nulla". "Eh sì", fece l'ufficiale, riponendo di nuovo labusta, "non si tratta di un modello di calligrafia per scolaretti.

    Bisogna studiarlo parecchio. Anche lei, alla fine, ci riuscirebbe.

    Naturalmente, non possono essere lettere semplici, perché nondevono uccidere subito, ma nello spazio di dodici ore circa: ilpunto culminante, viene calcolato per la sesta ora. Ogni letteradeve essere circondata da una quantità di arabeschi: le letteredisegnano come una fascia sottile intorno al corpo, il resto èdestinato agli arabeschi. E' in grado, ora, di apprezzare illavoro dell'erpice e di tutta la macchina? Stia attento!" Saltòsulla scala, girò un volante, gridò: "Attenzione, si sposti!" - etutto si mise in movimento. Non ci fosse stato lo stridio dellaruota, sarebbe stato splendido. Come sorpreso da quella ruotamolesta, l'ufficiale la minacciò con un pugno, allargò le bracciaverso l'esploratore in atto di scusa, e scese in fretta, persorvegliare i movimenti dal basso. Qualcosa, visibile solo a lui,non andava. Si arrampicò di nuovo in alto, ficcò tutte e due lemani all'interno del disegnatore, e per fare più in fretta ascendere, invece di servirsi della scala, si lasciò scivolarelungo una delle sbarre e infine urlò, con tutte le sue forze,nell'orecchio dell'esploratore, per farsi sentire: "Capisce ilfunzionamento? L'erpice comincia a scrivere; compiuto il primotratto d'iscrizione sul dorso, lo strato di ovatta scorre e giraadagio il corpo sul fianco, per offrire nuovo spazio all'erpice.

    Intanto le parti trafitte posano sull'ovatta, la quale, grazie auna preparazione speciale, blocca subito l'emorragia, rendendopossibile una nuova e più profonda incisione. Questi denti, lungol'orlo dell'erpice, strappano l'ovatta dalle ferite quando ilcorpo viene girato una seconda volta, e la gettano nella fossa, inmodo da consentire all'erpice nuovo lavoro. Le lettere vengonoincise sempre più profondamente nel corso di dodici ore. Durantele prime sei il condannato vive, più o meno, come prima, pursoffrendo, si capisce. Dopo due ore, il tampone viene rimosso,perché l'uomo non ha più la forza di gridare. Dentro questaciotola riscaldata elettricamente si versa una pappa di risocalda, che l'uomo può arrivare a sfiorare con la lingua. Nessunorinuncia a questa possibilità: nessuno, almeno, che io sappia, ela mia esperienza è ampia. Dopo circa sei ore, il condannato non èpiù attratto dal cibo. Di solito, mi inginocchio lì davanti estudio il fenomeno. Quasi mai l'uomo ingoia l'ultimo boccone, perlo più lo rigira in bocca, e poi lo sputa nella fossa. Devopiegarmi, altrimenti mi arriva in faccia. Come diventa silenzioso,l'uomo, dopo sei ore! Anche ai più ottusi si schiudel'intelligenza. Comincia dagli occhi, e da lì si irradia. E' unavista che mi fa venire voglia di mettermi sotto l'erpice. Dopo nonsuccede più niente, l'uomo comincia a decifrare l'iscrizione,stringe le labbra e le sporge, come se fosse in ascolto. Non èfacile, lei l'ha visto, decifrare l'iscrizione con gli occhi; mail nostro uomo la decifra con le sue ferite. Non è un lavoro dapoco: per finirlo, gli ci vogliono sei ore. Alla fine, l'erpice lotrafigge da parte a parte e lo scaraventa nella fossa, dove piombanell'acqua insanguinata e nell'ovatta. Allora la giustizia haesaurito il suo compito e noi, io e il soldato, lo seppelliamo".

    L'esploratore tendeva un orecchio verso l'ufficiale e, con le maniin tasca, seguiva il lavoro della macchina. Anche il condannatoguardava, ma senza capire. Piegato in avanti, era intento aseguire le vibrazioni degli aghi, quando il soldato, a un cennodell'ufficiale, con un colpo di coltello gli spaccò camicia ecalzoni sul dorso, facendoli cadere a terra: quello provò araccogliere le vesti cadute e riparare così la sua nudità, ma ilsoldato lo sollevò dal suolo e gli sfilò di sotto i piedi gliultimi brandelli. L'ufficiale arrestò la macchina e nel silenziosopraggiunto l'uomo fu adagiato sotto l'erpice. Al posto dellecatene, vennero fissate le cinghie; il condannato sembrò quasisollevato. L'erpice si abbassò ancora, perché l'uomo era magro;quando le punte lo sfiorarono, si vide la sua pelle rabbrividire.

    Mentre il soldato gli legava la mano destra, allungò la sinistra,senza rendersene conto, in direzione dell'esploratore. L'ufficialenon abbandonava più l'ospite con lo sguardo, come se cercasse dileggergli in viso l'impressione prodotta dall'esecuzionesommariamente descritta.

    La cinghia destinata al polso si strappò: il soldato doveva averlatirata troppo. Il soldato alzò il pezzo strappato, per far capireche era necessario l'intervento del suo superiore. Ma l'ufficialesi era già mosso e, con il viso rivolto all'esploratore disse: "Lamacchina è molto complicata, ogni tanto qualche parte si strappa osi spezza; ma questo non può influire sul giudizio complessivo. Lacinghia è presto sostituita, userò una catena, pur sapendo chequesto pregiudica la leggerezza delle vibrazioni al bracciodestro". Mentre sistemava la catena, disse ancora: "I mezzi per lamanutenzione dell'apparecchio sono ora molto limitati. Al tempodel vecchio comandante, disponevo liberamente di fondi destinati aquest'unico scopo. C'era un magazzino in cui si conservavamo tuttii possibili pezzi di ricambio. Confesso che quasi ne facevospreco, intendo dire prima, non adesso, come pretende il nuovocomandante, che si serve di ogni pretesto per combattere levecchie istituzioni. Ora amministra lui il fondo destinato allamacchina, e quando mando a chiedere una nuova cinghia, si pretendequella strappata come prova, la nuova arriva solo dopo diecigiorni, è di cattiva qualità e non serve molto. Come posso fare amandare avanti, nel frattempo, la macchina senza cinghie, è cosache non interessa a nessuno".

    L'esploratore pensava: è sempre pericoloso mischiarsi nellefaccende degli altri. Lui non era un cittadino né della coloniapenale né dello stato al quale questa apparteneva. Se avessevoluto condannare o addirittura impedire l'esecuzione, avrebberopotuto dirgli: sei uno straniero, stai zitto. Lui non avrebbeavuto niente da replicare, al massimo avrebbe potuto dire che noncapiva come gli era successo, perché viaggiava per vedere il mondoe non per trasformare le procedure giudiziarie nei vari paesi. Inquel caso, però, la tentazione era grande: l'illegalità delprocedimento e l'inumanità dell'esecuzione erano indiscutibili.

    Nessuno poteva supporre un interesse nell'intervento delviaggiatore: non conosceva il condannato, che non era uomo daattirare la pietà in modo particolare, non era neppure un suoconnazionale. Il viaggiatore aveva poi illustri raccomandazioni,era stato accolto con grande cortesia e forse era stato invitato aquell'esecuzione perché ci si aspettava un suo giudizio: ilcomandante, a quanto aveva sentito, non era un entusiasta di quelprocedimento, e nei confronti dell'ufficiale si comportava in modoquasi ostile.

    A questo punto, il viaggiatore sentì un urlo di rabbia.

    L'ufficiale aveva appena introdotto, non senza fatica, il tamponedi feltro nella bocca del condannato, quando questi chiuse gliocchi e, preso da una nausea irresistibile, vomitò. L'ufficiale siaffrettò ad alzargli la testa dal tampone e girarla verso lafossa: troppo tardi, il vomito già colava lungo la macchina.

    "Tutta colpa del comandante!" gridò l'ufficiale, scuotendofrenetico le sbarre d'ottone. "Mi riducono l'apparecchio come unastalla!" E con le mani tremanti mostrò al viaggiatore quello cheera successo. "Ho impiegato ore per far capire al comandante cheil condannato, alla vigilia dell'esecuzione, non deve ingerirenessun cibo. Ma la nuova corrente dei mollaccioni è di un altroparere. Le signore del comandante rimpinzano il condannato didolciumi prima che sia portato via. Uno che per tutta la vita si ènutrito di pesce marcio, deve mangiare i dolciumi! Ma lasciamoperdere, non è questo che conta: perché non mi danno, piuttosto,un feltro nuovo, quando lo sto chiedendo da tre mesi? Come si puòprendere in bocca, senza ripugnanza questo feltro, succhiato emorso da più di cento uomini nell'agonia?"Il condannato aveva lasciato ricadere la testa e sembravatranquillo, il soldato cercava di ripulire la macchina con lacamicia buttata via. L'ufficiale avanzò verso l'esploratore;questi indietreggiò di un passo, come se temesse qualche cosa, mal'ufficiale gli prese la mano e lo tirò in disparte. "Vorrei dirleuna parola in confidenza", disse. "Posso?" "Certo", dissel'esploratore, e si fermò ad ascoltarlo, con gli occhi bassi.

    "Il processo e l'esecuzione che lei ha l'occasione di ammirare,non trovano più, nella nostra colonia, un solo aperto sostenitore.

    Io sono il loro unico difensore, e insieme l'unico legatariodell'eredità del vecchio comandante. Non posso nemmeno pensare aun ulteriore perfezionamento del processo, mentre mi occorronotutte le mie forze per mantenere le cose come stanno. Quandoviveva il vecchio comandante, la colonia era piena dei suoipartigiani. Io ho una parte della sua facoltà di persuasione, manon la sua forza: di conseguenza i partigiani sono scomparsi,cioè, ce ne sono parecchi, ma nessuno osa confessarlo. Se leioggi, giorno di esecuzione, entrasse nel caffè e tendessel'orecchio, sentirebbe soltanto, forse, parole ambigue. Sono tuttipartigiani del sistema; ma con questo comandante e le sue idee,non mi servono a niente. Ora, io le chiedo: è' possibile che percolpa di questo comandante, e delle donne che lo influenzano,l'opera di una vita" - indicò l'apparecchio - "debba finire inniente? Si può permettere questo, anche se si rimane solo pochigiorni sulla nostra isola? Non c'è tempo da perdere, stannotramando contro la mia giurisdizione. Nella sede del comando, sisvolgono riunioni alle quali io non sono invitato; persino la suavisita mi sembra che abbia un significato particolare: non avendoil coraggio di fare altro, si manda avanti lei, uno straniero.

    Com'erano diverse le esecuzioni di una volta! Già alla vigilia, lavalle era piena di gente che veniva a vedere. La mattina dibuon'ora arrivava il comandante con le sue signore, le fanfaresvegliavano l'intero accampamento, io annunciavo che tutto erapronto, la società - nessun funzionario importante poteva mancare- si disponeva intorno alla macchina: quel mucchio di poltroncineè un misero residuo di quei tempi. La macchina, appena finita dipulire, brillava; a ogni esecuzione, quasi, cambiavo dei pezzi.

    Sotto centinaia di sguardi - gli spettatori si alzavano sullapunta dei piedi, tutto intorno - il condannato veniva distesosotto l'erpice dal comandante in persona. Quello che oggi fa unsemplice soldato, era allora compito mio, in qualità di presidentedi tribunale, e me ne consideravo onorato. A questo puntocominciava l'esecuzione! Non una stonatura disturbava il lavorodella macchina. C'era chi non guardava nemmeno più, preferendosdraiarsi, a occhi chiusi, sulla sabbia. Tutti sapevano: ora sicompie la giustizia. Nel silenzio si sentivano soltanto i sospiridel condannato, smorzati dal tampone. Oggi l'apparecchio strappaal condannato sospiri che il tampone riesce sempre a soffocare;allora, gli aghi del disegnatore stillavano un liquido corrosivo,di cui poi venne proibito l'impiego. Lasciamo perdere. Ma cos'erala sesta ora! Impossibile accontentare tutti quelli che volevanovedere più da vicino. Il comandante, nella sua saggezza, avevadisposto che la precedenza venisse data ai bambini; io, in ragionedel mio compito, dovevo rimanere sempre lì vicino; spesso mirannicchiavo con due bambini sulle braccia, uno per parte. Checosa provavamo negli istanti in cui, su quel viso martirizzato,appariva un'espressione estatica! Come protendevamo le nostreguance al rifulgere di quella giustizia finalmente raggiunta e giàsvanente! Che tempi, amico!".

    L'ufficiale sembrava dimenticare chi era la persona che gli stavadavanti: aveva abbracciato l'esploratore e aveva posato la testasulla sua spalla. L'esploratore, imbarazzato al massimo, guardavaimpaziente davanti a sé. Il soldato aveva finito di pulire e da unbarattolo aveva versato la pappa di riso nella ciotola. Non appenail condannato, che sembrava completamente rimesso, se ne accorse,cominciò a tendere la lingua verso la pappa. Il soldato cercava diallontanarlo, la pappa era riservata a più tardi: ma a sua voltacacciava nella ciotola le sue mani sporche e mangiava davanti alcondannato bramoso.

    L'ufficiale si riprese subito. "Non volevo cercare diconvincerla", disse, "so che è impossibile oggi, far capire queitempi. Ma l'apparecchio continua a funzionare e parla da solo.

    Parla di per sé, anche se è isolato in questa valle. E il cadaverepiomba sempre, alla fine, dopo un volo indicibilmente lieve, nellafossa, anche se intorno a questa non sciamano più, come un tempo,centinaia di mosche. Fummo costretti a recintare la fossa con unsolido parapetto, ormai divelto da un pezzo".

    L'esploratore, che voleva sottrarre il suo viso allo sguardodell'ufficiale, si guardava in giro distratto. L'ufficialecredette che considerasse lo squallore della valle; gli prese lemani, e, girandogli intorno per incontrare i suoi occhi, disse:

    "Vede che vergogna?"L'esploratore non rispose. L'ufficiale si allontanò da lui; agambe aperte, le mani sui fianchi, fissava il suolo, senza direuna parola. Poi rivolse all'esploratore un sorriso che volevaessere di incoraggiamento e disse: "Ieri le ero vicino, quando ilcomandante la invitò. Sentii le parole d'invito. Conosco ilcomandante, capii subito a cosa mirava. Benché abbia autoritàsufficiente per agire contro di me, ancora non ha avuto ilcoraggio di farlo. Vuole invece sottopormi al suo giudizio, algiudizio di un illustre straniero. Il calcolo è sottile: lei sitrova nell'isola da due giorni, non conosceva il vecchiocomandante né il suo modo di pensare; ragiona secondo i princìpieuropei, magari è un deciso avversario della pena di morte ingenerale e di simili esecuzioni meccaniche in particolare; vedràche l'esecuzione avviene senza presenza di pubblico, in modotriste, su una macchina malandata... Considerato tutto questo,pensa il comandante, è molto probabile che lei non approvi il mioprocedimento. E se non l'approva, continua a pensare ilcomandante, non passerà la cosa sotto silenzio, perché lei è unuomo che ha il coraggio delle sue opinioni. Ha visto e imparato arispettare i costumi di molti popoli, non si esprimerà controquesto procedimento con la violenza di cui darebbe prova nel suoPaese: ma il comandante non chiede tanto. Basta lasciarsi andareuna parola di sfuggita. Non è necessario che risponda alle sueconvinzioni, basta che sembri favorire la sua tesi. Sono sicuroche l'interrogherà ricorrendo ad ogni astuzia. Le sue signore,sedute intorno, tenderanno l'orecchio. Lei dirà, mettiamo: 'Da noila procedura è diversa' oppure 'Da noi si usa interrogarel'accusato, prima di condannarlo' oppure 'Da noi ci sono altrepene oltre a quella di morte' oppure 'Da noi le torture sonoesistite solo nel medioevo'. Considerazioni, ai suoi occhi, tantorispondenti a verità quanto naturali, considerazioni inoffensive,che non toccano il mio sistema. Ma come le interpreterà ilcomandante? Mi sembra di vederlo, il buon comandante, respingerela sedia e correre al balcone, mentre le signore gli siprecipitano dietro, mi sembra di sentire la sua voce: 'Un grandeesploratore dell'Occidente, incaricato di studiare l'ordinamentogiudiziario dei vari paesi, ha detto un momento fa che i nostriprovvedimenti giudiziari sono inumani. In seguito al giudizio diuna tale personalità non mi è più possibile, naturalmente,tollerare questa procedura. Da oggi in avanti ordino... eccetera'.

    Lei vorrebbe precisare che non ha detto quello che lui proclama,che non ha chiamata inumana la mia procedura, è convinto, anzi,che essa è la più nobile e la più umana, inoltre ammiral'apparecchio. Niente da fare, troppo tardi: lei non arrivanemmeno al balcone affollato di signore: vuole richiamarel'attenzione, vuole gridare, ma una mano di donna le chiude labocca - e io e l'opera del vecchio comandante siamo perduti".

    L'esploratore dovette reprimere un sorriso: così facile eral'impresa che gli era sembrata tanto difficile. Disse evasivo:

    'Lei esagera la mia influenza. Il comandante ha letto la mialettera di raccomandazione, sa che non sono un esperto diprocedimenti giudiziari. Se esprimessi un'opinione, questa sarebbel'opinione di un privato cittadino, non più importante diqualsiasi altra persona e, in ogni caso, assai meno importante diquella del comandante stesso, il quale, credo, ha poteri moltoampi su questa colonia. Se il comandante la pensa come lei dice,temo che la fine della procedura sia vicina, anche senza bisognodel mio modesto concorso".

    L'ufficiale capiva? No, ancora non capiva. Scosse vivacemente ilcapo, si girò un attimo a guardare il condannato e il soldato, chesussultarono e smisero di mangiare il riso, si fece addossoall'esploratore e, fissando non il suo viso ma un punto della suagiacca, disse ancora con voce ancora più bassa di prima: "Lei nonconosce il comandante: non si rende conto, scusi la franchezza, diquanto lei può, in confronto a lui e a noi: la sua influenza, micreda, supera ogni possibile valutazione. Fui beato nel sentireche lei solo avrebbe assistito all'esecuzione. Quest'ordine delcomandante avrebbe dovuto danneggiarmi, io invece lo volgo a miofavore. Senza essere turbato da insinuazioni e da occhiate didisprezzo, inevitabile se un pubblico numeroso fosse statopresente, lei ha ascoltato le mie spiegazioni, ha vistol'apparecchio e si prepara ora ad assistere all'esecuzione. Il suogiudizio si è di certo già formato: dovesse nascere ancora qualcheincertezza, lo spettacolo dell'esecuzione la farà scomparire.

    Arrivati a questo punto, le chiedo: mi appoggi nei confronti delcomandante!"L'esploratore non lo fece continuare. "E come potrei?" gridò. "E'impossibile. Non posso né aiutarla né recarle danno".

    "Lei può", disse l'ufficiale. Con qualche apprensione,l'esploratore si accorse che l'ufficiale stringeva i pugni. "Leilo può", ripeté l'ufficiale con veemenza ancora maggiore. "Io houn piano che deve riuscire. Lei crede che la sua influenza nonbasti: io so che basta. Ma ammettiamo che lei abbia ragione: nonbisogna tentare di tutto, anche, faccio per dire, l'inutile, percercare di salvare la procedura? Ascolti, ora, il mio piano. Perla sua attuazione è indispensabile che lei oggi, nella colonia,eviti di pronunciarsi sulla procedura. Se nessuno le chiede nulla,non si lasci scappare parola. In ogni modo, le sue dichiarazionisiano brevi e vaghe, dia l'impressione che le riesce difficileparlare della cosa, che è amareggiato, che, se dovesse parlare,dovrebbe uscire in imprecazioni. Io non le chiedo di mentire,nemmeno per idea. Basta che lei risponda con poche parole, peresempio: 'Sì, ho visto l'esecuzione' oppure 'Sì, ho ascoltatotutte le spiegazioni'. Solo questo, niente di più. Questo puòspiegare, anche se non nel senso auspicato dal comandante, il suoaspetto contrariato. Il comandante, naturalmente, capirà arovescio e interpreterà quanto lei ha detto a modo suo. Su questoequivoco si fonda il mio piano. Domani, sotto la presidenza delcomandante, ci sarà nella sede del comando una grande riunione ditutti gli altri funzionari. Il comandante ha provveduto,naturalmente, a trasformare queste riunioni in uno spettacolo. E'stata costruita una galleria, che è sempre piena di spettatori. Ionon posso fare a meno di prendere parte al consiglio, ma tremo peril disgusto. Lei sarà certo invitato alla seduta. Se oggi sicomporta secondo il mio piano, l'invito sarà fatto in forma diinsistente preghiera. Se invece, per qualche motivo, non fosseinvitato, chieda l'invito, lo otterrà sicuramente. Domani, dunque,lei siede in mezzo alle signore nel palco del comandante. Quelloalza gli occhi di continuo, per accertarsi della sua presenza.

    Dopo la discussione di diversi argomenti, indifferenti e ridicoli,calcolati per il pubblico - quasi sempre si tratta di opereportuali! - si passa a trattare la procedura giuridica. Se ilcomandante non proponesse l'argomento o tardasse a farlo, cipenserò io. Mi alzerò e farò il mio rapporto sull'esecuzione dioggi. Poche parole, l'annuncio puro e semplice. Non è quella lasede per rapporti del genere, ma non importa. Il comandante miringrazierà, come sempre, con un sorriso cordiale, poi, incapacedi trattenersi, approfitterà della buona occasione. 'Abbiamoappena ascoltato', dirà press'a poco, 'il rapportosull'esecuzione. Da parte mia vorrei aggiungere che l'illustreesploratore, a loro tutti noto per l'onore eccezionale reso con lasua visita a questa colonia, ha assistito all'esecuzione;l'odierna riunione, aggiungo, acquista un significato particolaregrazie alla sua presenza. Non vogliamo chiedere al grandeesploratore cosa pensa dell'esecuzione tradizionale e dellaprocedura relativa?' Naturalmente, grandi applausi, il consenso ègenerale, io faccio più chiasso di tutti. Il comandante si inchinadavanti a lei, e dice: 'In questo caso, le porgo il quesito a nomedi tutti'. Lei, allora, si affaccia al parapetto. Vi appoggi soprale mani, che siano visibili, altrimenti le signore glieleprenderanno e giocheranno con le dita. A questo punto, ha laparola. Non so come farò a resistere per tante ore. Nel suodiscorso non abbia riguardo di nulla, urli la verità, si sporga infuori, gridi, ma sì, gridi la sua opinione, la sua incrollabileopinione in faccia al comandante! Forse non è d'accordo, questimodi non convengono al suo carattere, nel suo Paese, incircostanze simili, ci si comporta diversamente: non importa,andrà bene lo stesso, rimanga pure a sedere, dica solo qualcheparola, la mormori appena, basta che arrivi all'orecchio deifunzionari. Lasci andare la mancanza di pubblico, la ruota chestride, la cinghia strappata, il feltro schifoso, a questo penseròio; mi creda, se il mio discorso non farà scappare il comandantedalla sala, lo costringerà a inginocchiarsi e a balbettare:

    'Vecchio comandante, mi inchino davanti a te'. Questo è il miopiano: vuole aiutarmi ad attuarlo? Ma certo che lei vuole, leideve, anzi". L'ufficiale prese l'esploratore per le braccia e lofissò negli occhi, ansimando. Aveva pronunciato le ultime frasi avoce così alta da richiamare l'attenzione del condannato e delsoldato: quelli, anche se non potevano capire niente, smisero dimangiare e guardarono, masticando, l'esploratore.

    L'esploratore non aveva mai dubitato sulla risposta da dare.

    Sapeva troppo bene il fatto suo per avere dubbi, in quellasituazione: era una persona leale e coraggiosa. Esitò un istante,alla vista del soldato e del condannato; poi, com'era suo doveredisse: "No". L'ufficiale batté più volte, rapidamente, lepalpebre, continuando a fissarlo. "Desidera una spiegazione?"chiese l'esploratore. L'ufficiale annuì, in silenzio. "Sono unavversario di questa procedura", disse il viaggiatore. "Primaancora che lei mi provasse la sua fiducia, fiducia di cui nonabuserò in nessun caso, mi ero chiesto se avevo diritto diintervenire contro questa procedura, e se il mio intervento avevauna probabilità, sia pur minima, di successo. Non avevo dubbisulla persona alla quale dovevo prima rivolgermi: era ilcomandante, naturalmente. Lei mi ha solo confermato nel mioconvincimento, ma, ripeto, ero deciso in precedenza: l'onestàdelle sue idee mi tocca, anche se non può distogliermi dal mioproposito".

    L'ufficiale non disse una parola, si volse verso l'apparecchio,afferrò una delle sbarre di ottone e, chinandosi indietro,cominciò a guardare il disegnatore, quasi volesse verificare setutto era in ordine. Il soldato e il condannato sembravano averfatto amicizia; il condannato fece dei cenni al soldato,divincolandosi sul letto, il soldato si chinò verso di lui eaccolse con un cenno di assenso alcune parole che quello glimormorò.

    L'esploratore si avvicinò all'ufficiale, e disse: "Lei non sa cosafarò. Dirò al comandante il mio pensiero sulla procedura, non inuna riunione, ma a quattr'occhi. Tra l'altro, non ho tempo diassistere a sedute: partirò o almeno mi imbarcherò domanimattina".

    L'ufficiale non sembrò aver sentito. "Dunque la procedura non l'haconvinto", disse tra sé con un sorriso, come un vecchio sorridealle sciocchezze di un bambino, pur continuando, dietro il suosorriso, a seguire i suoi pensieri.

    "Via, è l'ora", disse poi, fissando all'improvviso il viaggiatorecon uno sguardo limpido, che sembrava contenere un nascostoappello.

    "Ora di che?" chiese inquieto l'esploratore; ma non ebbe risposta.

    "Sei libero", disse l'ufficiale al condannato, parlandogli nellasua lingua. Questi, sulle prime, non ci credette. "Andiamo, ti hodetto che sei libero!" disse l'ufficiale. Per la prima volta, sulviso del condannato apparve un'espressione di autentica vita. Eraproprio vero? O era un capriccio momentaneo dell'ufficiale? Ilviaggiatore straniero gli aveva ottenuto la grazia? Cos'erasuccesso? Sul suo viso passarono tutte queste domande: ma non duròa lungo. Qualunque cosa fosse, visto che poteva, voleva esserelibero. Cominciò a dimenarsi, per quanto glielo consentival'erpice.

    "Mi strappi le cinghie!" gridò l'ufficiale. "Sta' buono! Ora tisleghiamo". Fatto un cenno al soldato, si mise al lavoro. Ilcondannato, senza dire una parola, rideva piano tra sé, girandoora il viso a sinistra verso l'ufficiale, ora a destra verso ilsoldato, senza dimenticare l'esploratore.

    "Tiralo fuori!" ordinò l'ufficiale al soldato. L'operazione eradelicata, a causa dell'erpice; per l'impazienza, il condannato siera già graffiato le spalle.

    Da questo momento, l'ufficiale non si curò più di lui. Si avvicinòall'esploratore, tirò fuori la piccola busta di pelle, vi frugòdentro, trovò il foglio che cercava e lo mostrò all'esploratore.

    "Legga", disse. "Non ci riesco", disse l'esploratore. "Ho giàdetto che non posso leggere questi fogli". "Osservi il foglio conattenzione", disse l'ufficiale stringendosi all'esploratore, perleggere insieme con lui. Quando ebbe visto che neppure questoserviva, con il mignolo cominciò a disegnare delle lettere soprail foglio, come se non potesse neppure sfiorarlo, per facilitarela lettura. Il viaggiatore fece del suo meglio per compiacere,almeno in questo, l'ufficiale, ma non riuscì a niente. Alloral'ufficiale cominciò a sillabare l'iscrizione, poi la rilessetutta. "'Sii giusto!', c'è scritto", disse. "Ora potrà leggerlo".

    Il viaggiatore si chinò tanto che l'ufficiale, temendo glitoccasse la carta, gliel'allontanò; non diceva niente, ma eraevidente che non riusciva a leggere. "'Sii giusto!', c'è scritto",ripeté l'ufficiale. "Può darsi", disse il viaggiatore, "lo credo".

    "Bene", disse l'ufficiale, in parte almeno soddisfatto. Con ilfoglio in mano salì sulla scala, stese il foglio, con grandiprecauzioni, nell'incisore, e sembrò cambiare completamente ladisposizione del meccanismo. Era un lavoro faticoso, gliingranaggi dovevano essere estremamente piccoli, se la testadell'ufficiale a volte, durante il lavoro, spariva dentro ilcofano.

    L'esploratore, dal basso, seguiva ogni fase del lavoro: alla fineil collo si irrigidì e gli occhi, sotto il cielo saturo di luce,cominciarono a fargli male. Il soldato e il condannato sioccupavano dei fatti loro. Con la punta della baionetta il soldatoaveva estratto dalla fossa la camicia e i calzoni del condannato.

    La camicia era sporca da far paura, e il condannato la lavò nelmastello. Quando ebbe indossato la camicia e i calzoni, sia lui,sia il soldato dovettero ridere, perché gli indumenti eranospaccati, dietro, da cima a fondo. Il condannato, che forse sisentiva in obbligo di divertire il soldato, girava su se stesso,mentre il compagno, accovacciato, rideva, dandosi colpi sulleginocchia. Se non eccedevano, era per riguardo ai due signori.

    Quando l'ufficiale, in alto, ebbe finito, guardò ancora una volta,con un sorriso, il meccanismo, poi abbassò il coperchio fino aquel momento rimasto aperto, scese a terra, guardò nella fossa epoi verso il condannato, sembrò contento che quello avesserecuperato i suoi abiti, si accostò al mastello per lavarsi lemani e si accorse, troppo tardi, dell'acqua sudicia, si rattristòperché non poteva lavarsi, infine, sebbene non fosse la stessacosa, cacciò le mani nella sabbia, doveva adattarsi, poi si misein piedi e incominciò a sbottonarsi la giubba. Gli capitarono trale mani i due fazzoletti da donna che aveva introdotto tra nuca ecolletto. "Ecco i tuoi fazzoletti", disse, gettandoli alcondannato. E rivolto all'esploratore, come per spiegare: "Omaggiodelle signore".

    Nonostante la fretta con cui si tolse la giubba e poi si spogliòcompletamente, trattò ogni capo con grande attenzione, a un certopunto lisciò gli alamari d'argento e fece andare a posto, con unascossa, una nappina. Ma quando un indumento era ripiegato, conmossa sdegnosa lo gettava, nonostante tante precauzioni, nellafossa. Infine gli rimase solo la corta sciabola, con le suecinghie. La sguainò, la spezzò, raccolse i due monconi, il fodero,le cinghie e scagliò via ogni cosa con tanta violenza, che sisentì il tintinnio in fondo alla fossa.

    Ora era nudo. Il viaggiatore si morse le labbra, e non dissenulla. Sapeva quello che sarebbe accaduto, ma non aveva il dirittodi fermare in nessun modo l'ufficiale. Se la procedura penale dicui l'ufficiale era davvero sul punto di essere revocata, forseper l'intervento che il viaggiatore sentiva il dovere di compiere,la condotta dell'ufficiale era perfetta: il viaggiatore, al suoposto, non si sarebbe comportato diversamente.

    Soldato e condannato, sulle prime, non capirono nulla, nonbadarono, anzi, neppure a quello che succedeva. Il condannato erastato felice di avere riavuto i fazzoletti, ma la sua gioia non fulunga, perché il soldato glieli tolse con una mossa rapida eimprevista. Ora cercava di sfilarglieli di sotto il cinturone, mal'altro teneva gli occhi aperti. Litigavano dunque, un po' perscherzo, un po' sul serio, e si scossero solo quando l'ufficialefu completamente nudo. Il condannato, in particolare, sembròpresentire un grande, repentino cambiamento. Quello che eracapitato a lui, accadeva all'ufficiale. Forse le cose sarebberoarrivate fino in fondo. Forse l'ordine era partito dal viaggiatorestraniero. Si trattava, dunque, di una vendetta. Sarebbe statovendicato fino in fondo. Sul suo viso apparve, per non scomparirepiù, un largo, silenzioso sorriso.

    L'ufficiale si era rivolto all'apparecchio. Se anche era evidentela pratica che ne aveva, ora c'era da sbalordire, nel vedere comelo trattava e come quello obbediva. Appena accostata la manoall'erpice, questo prese ad alzarsi e ad abbassarsi, fino aprendere la posizione giusta per riceverlo. Toccò appena l'orlodel letto e quello cominciò a vibrare; il tampone di feltro mosseverso la sua bocca, l'ufficiale sembrò esitare un attimo aprenderlo, ma poi lo imboccò. Tutto fu pronto: le cinghiependevano dalle parti, ma erano inutili, l'ufficiale non avevabisogno di essere legato. Il condannato, viste le cinghie sciolte,dovette pensare che l'esecuzione non era perfetta se non venivanofissate, accennò vivacemente al soldato, e tutti e due corsero alegare l'ufficiale. Questi aveva allungato un piede per urtare ilvolante che doveva mettere in movimento il disegnatore; nel vederesopraggiungere i due, lo ritirò e si lasciò legare. Ma così nonpoteva più raggiungere il volante: il soldato e il condannato nonl'avrebbero trovato, e il viaggiatore, da parte sua, era deciso anon muoversi. Non importa: appena le cinghie furono fissate,l'apparecchio cominciò a lavorare, gli aghi danzarono sulla pelle,l'erpice si alzò e si abbassò. Il viaggiatore stava guardando daun pezzo, quando si ricordò che una ruota del disegnatore avrebbedovuto stridere: ma il silenzio era perfetto, non si sentiva ilminimo fruscio.

    Con il suo silenzioso lavoro l'apparecchio si sottraeva,letteralmente, all'attenzione. Il viaggiatore guardò il soldato eil condannato. Dei due, il più vicino era l'ultimo. Tutto lointeressava, nella macchina: si chinava, si allungava, avevasempre qualcosa da indicare al soldato. Il viaggiatore si seccò.

    Era deciso a rimanere fino alla fine, ma non poteva più sopportarela vista di quei due. "Tornate a casa", disse. Il soldato, forse,sarebbe stato d'accordo, ma il condannato prese l'ordine come unapunizione. Supplicò, a mani giunte, di rimanere, e quandol'esploratore, scuotendo la testa, non mostrò di cedere, arrivò ainginocchiarsi. L'esploratore capì che gli ordini non servivano, esi accingeva a passare dall'altra parte per allontanare i due,quando sentì in alto, nel disegnatore, un rumore. Alzò la testa:

    dunque la ruota non si era quietata? Non era la ruota. Ilcoperchio del disegnatore si sollevò adagio, si spalancò. Emerseroi denti di una ruota, divennero visibili, apparve la ruota intera,come se una possente forza comprimesse il disegnatore e per quelpezzo non ci fosse più posto, la ruota rotolò sull'orlo deldisegnatore, precipitò, rotolò per un pezzo sulla sabbia, si fermòrovesciandosi. Su in alto ne emerse un'altra, seguita da grandi,piccole, addirittura invisibili - e si ripeté la stessa cosa.

    Quando si pensava che il disegnatore, ormai, dovesse essere vuoto,appariva un nuovo, complesso ingranaggio, saliva, ricadeva,rotolava sulla sabbia, giaceva immobile. In seguito a questoincidente, il condannato dimenticò l'ordine del viaggiatore: leruote dentate lo affascinavano, avrebbe voluto prenderne una,incitava il soldato ad aiutarlo, ma ritirava impaurito la manoquando appariva una seconda ruota.

    Il viaggiatore era molto inquieto: l'apparecchio si stavasfasciando, il suo tranquillo movimento era solo un'apparenza. Glisembrò suo dovere occuparsi dell'ufficiale, poiché questi non erapiù in grado di provvedere a se stesso. Tutto preso dalla cadutadelle ruote, aveva trascurato il resto dell'apparecchio. Quandol'ultima ruota ebbe abbandonato il disegnatore, nel curvarsi sopral'erpice provò una nuova e peggiore sorpresa: l'erpice nonscriveva, incideva, il letto non faceva rotolare il corpo, ma losollevava, vibrando, contro gli aghi. L'esploratore volleintervenire, per cercare di fermare l'apparecchio: quello non eraun supplizio come lo intendeva l'ufficiale, era un assassinio.

    Allungò le mani... E l'erpice si alzò di fianco, con il corpotrafitto, come faceva soltanto nella dodicesima ora. Il sanguescorreva attraverso un'infinità di rivoli, e era sangue puro,perché le piccole condutture dell'acqua non funzionavano. Ma ilmovimento conclusivo non riuscì, il corpo non si staccò dai lunghiaghi; il sangue continuava a fluire, e quello rimaneva sospesonella fossa, senza cadere. L'erpice sembrò voler tornare nella suaposizione normale, poi, quasi sentisse di non essere ancoraliberato del suo carico, rimase sopra la fossa. "Aiutatemi!" gridòl'esploratore al soldato e al condannato, mentre afferrava i piedidell'ufficiale. Egli avrebbe tenuto fermi i piedi, gli altriavrebbero afferrato la testa, fino a liberare il corpo dagli aghi.

    Ma i due rifiutarono di avvicinarsi, il condannato giròaddirittura le spalle. Il viaggiatore li dovette spingere a forzaverso la testa dell'ufficiale; di cui poté, quindi, vedere ilviso. Era rimasto com'era in vita, non mostrava neppure un segnodella redenzione promessa. Non aveva trovato nell'apparecchioquello che avevano trovato tutti: le labbra erano serrate, gliocchi aperti sembravano vivi, e esprimevano una tranquillapersuasione, sulla fronte c'era il foro del gran puntale di ferro.

    Quando il viaggiatore, seguito dal soldato e dal condannato,arrivò alle prime case della colonia, il soldato ne indicò una edisse: "Ecco il caffè".

    Un locale profondo e basso come una caverna, con le pareti e ilsoffitto anneriti dal fumo, si apriva sulla strada per tutta lalarghezza della casa. Sebbene questa si distinguesse poco dallealtre della colonia - tutte, tranne il palazzo del comando, assaimalridotte - il viaggiatore, di fronte a essa, sentì comel'impressione di un ricordo storico, sentì la presenza delpassato. Si avvicinò, seguito dai due passò tra i tavoli postisulla strada, respirò l'aria fresca e intanfita che venivadall'interno. "Il vecchio è sepolto qui", disse il soldato, "ilprete gli ha negato un posto al cimitero. Rimasero un pezzoindecisi su dove seppellirlo, infine lo seppellirono qui.

    L'ufficiale le ha taciuto questo, perché se ne doveva vergognare amorte. Fece persino dei tentativi per disseppellire, di notte, ilvecchio, ma fu sempre respinto". "Dov'è la tomba?" chiese ilviaggiatore, che non poteva credere al soldato. Il soldato e ilcondannato si allontanarono correndo, e indicarono il punto in cuidoveva trovarsi la tomba. Portarono l'esploratore fino alla paretedi fondo, dov'erano sedute alcune persone: forse scaricatori diporto, uomini robusti, dalle barbe corte, di un nero brillante.

    Erano senza giacca e mostravano le camicie strappate, povera,umile gente. Mentre l'esploratore si avvicinava, alcuni sialzarono e, addossati alla parete, rimasero a fissarlo. "E' unostraniero", si sussurrava intorno a lui, "vuole vedere la tomba".

    Spostarono un tavolo, e sotto comparve davvero una pietra tombale.

    Era una semplice pietra, abbastanza bassa per sparire sotto iltavolo. I caratteri dell'iscrizione erano tanto minuti, che ilviaggiatore dovette inginocchiarsi. L'epitaffio diceva: "Quiriposa il vecchio comandante. I suoi seguaci, che non possono oradichiarare il loro nome, gli hanno scavato questa fossa e dedicatoquesta lapide. Una profezia dice che il comandante, tra un certonumero di anni, resusciterà, e da questa casa guiderà i suoiseguaci alla conquista della colonia. Abbiate fede e attendete!"Quando il viaggiatore si rialzò, vide che gli uomini locircondavano sorridendo, come se avessero letto con luil'iscrizione, l'avessero trovata ridicola, e lo invitassero a farealtrettanto. Il viaggiatore diede a vedere di non accorgersi diniente, distribuì alcune monete, aspettò che il tavolo venisse dinuovo posto sopra la tomba, lasciò il caffè e si avviò al porto.

    Il soldato e il condannato furono trattenuti nel caffè da alcuniconoscenti. Ma si liberarono in fretta: il viaggiatore era appenaa metà della lunga scala che lo portava alla barca, che quelli giàlo rincorrevano. Forse volevano costringerlo, all'ultimo momento,a prenderli con sé. Mentre il viaggiatore, in basso, discuteva conun barcaiolo il prezzo del passaggio fino al piroscafo, i due siprecipitarono in silenzio per la scala. Ma quando furono in fondo,il viaggiatore era già sulla barca, e il barcaiolo stavasciogliendo l'ormeggio. Quelli avrebbero ancora potuto saltarenella barca, ma il viaggiatore alzò una pesante gomena piena dinodi e, minacciandoli, li fece desistere.

     
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    letto un paio di anni fa, forse qualcosa in più. Forse uno di quelli che più mi ha colpito. Anche se ad essere sincero ricordo più il contesto che non la conclusione
     
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1 replies since 26/8/2009, 18:25   68 views
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