Posts written by Nebularina

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    ahahaha oddio nooo!!!
    Questo è quello che ho percepito io, però considera che nessuno mi aveva detto niente, ne ero all'oscuro!
    Magari, però, se lo vedi sapendo che più che altro è un prequel, che è più un polpettone, che lo puoi vedere così tanto per...magari lo strovi anche adatto per l'intrattenimento....no?

    ....
    sto cercando una via per redimermi! ahaahahhaahha
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    ahahahaha è verooo!!! la voce non era niente male!
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    :uah: ok, va benissimo!
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    ahahahahaha sì bhè i recensionisti di solito son piuttosto pacuti con ste cose! ahahahaha è che spiega bene alcune cose che non riuscivo a definire granchè nella mia testolina, cmq ora cerco di fare un riassunto dalle varie conversazioni che ne ho fatto e cerco di fornire anche una mia versione più soft del Rango! :uah:

    Il personaggio migliore è il pesce rosso, quando l'ho visto sono andata in delirio! Il topino mi faceva troppo: "io tapinoooo io tapinooo, ma bestiaaa" ahahahaha tipo il gatto con gli stivali si Shrek! XD

    La scena emulatrice....non saprei alcune son state carine, sia quella di Apocalipse Now sia quella di Paura e delirio alla Svegas
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    Produzione: U.S.A.
    Anno: 2011
    Genere: Animazione
    Durata: 107'
    Diretto da: Gore Verbinski
    Interpreti: Johnny Depp, Isla Fisher, Abigail Breslin, Ned Beatty, Alfred Molina, Bill Nighy, Stephen Root, Harry Dean Stanton, Timothy Olyphant, Ray Winstone
    Sceneggiatura: John Logan
    Montaggio: Craig Wood
    Scenografia: John Bell
    Colonna Sonora: Hans Zimmer

    TRAMA
    Un camaleonte domestico si ritrova nella città di Dirt, nel selvaggio West, dove guarda caso c'è bisogno di un nuovo sceriffo...


    Visto che altrimenti mi ritrovo a scivere un poema ho trovato una recensione che, oltre a delucidarmi alcuni pensieri poco chiari che mi son fatta sul film, ha anche quel pizzico professionale in più che nel mio caso si sarebbe svaccato in abbozzo pseudologico! ahahahah
    E' tratta sempre da un articolo del sito de "Gli spietati" dove molto spesso trovo cose e rilessioni molto interessanti, bravi ragazzi!
    CITAZIONE
    Basso Rango
    Rango ce la mette tutta per dimostrarci la sua arguta strange-itudine autoreferenziale e meta-citazionista riuscendoci per, diciamo, quattro-cinque minuti. Il teatro dell’assurdo inscenato da Rango nel suo terrario è foriero di momenti di genuino straniamento (Verbinski aveva già dato prova di onirico talento in una mini-sequenza del terzo Pirati), la rivelazione che rompe la metarappresentazione è efficace (l’incidente), il rimando che chiude la sequenza è di quelli che non si esita a definire intelligente (il camaleonte spalmato sul parabrezza della Chevrolet Impala di Paura e Delirio a Las Vegas). Da lì, però, quando il film dovrebbe iniziare e farsi film, iniziano i problemi. Rango non riesce mai a crearsi una identità definita, autonoma e autosufficiente. Diremmo quasi che è un “film senz’anima”, se l’espressione non ci ripugnasse così profondamente.

    C’è la proliferazione citazionista, che accumula e accomuna Paura e Deliro a Las Vegas, El Topo, Chinatown, i mariachi “narranti” di Cat Ballou, il bestiario moseisleyano di Gerre Stellari (con la guest star Jabba The Hutt), Apocalypse Now, ovviamente Django, ovviamente Per un pugno di dollari e Sergio Leone tutto e lo Spaghetti Western tutto e magari mettiamoci dentro altre Depp-ate come Dead Man o C’era una volta in Messico e magari frulliamo anche Mezzogiorno e mezzo di fuoco e altre parodie western varie (The shakiest gun in the west?) e otteniamo… un film per appassionati cinéphile? Ammesso e non concesso, il meccanismo citazionista è però notoriamente un’arma a doppio taglio: attiva nello spettatore una serie di feedback positivi e gratificanti (senso di familiarità, inclusione nel processo creativo, componente ludica del riconoscimento, intimità coltivata all’interno di una comunità) ma, in parallelo, rischia da una parte di generare una vuota e asettica catalogazione se non c’è adeguata contestualizzazione (ossia: 1. una sceneggiatura brillante che crea contesti adeguati per i testi citati) e dall’altra di innescare un meccanismo distruttivo se 2. il riconoscimento è in qualche modo ciccato da parte del fruitore e se, di nuovo, intorno ai para-testi manca un testo “forte”, con le idee chiare.

    1.In Rango non ci è pervenuta la brillantezza dello script. Tutta l’intelligenza e l’arguzia che vengono quasi unanimemente riconosciute al lavoro di John Logan sono decisamente più dichiarate che effettive. Rango è un film che si presenta sfacciatamente convinto delle proprie doti, così convinto che sembra dotato. Ma se ci fermiamo ad analizzarlo, non lo è. Lo humour, con sporadicissime eccezioni, è affatto ordinario e in massima parte legato a fossilizzati cliché (l’antieroe per caso): Rango che si finge coraggioso e vince per sbaglio (o quasi), Rango che dice sicuro - ho un piano - e poi grida aiuto terrorizzato, e così via. E anche da un punto di vista narrativo, abbiamo una scrittura approssimativa che fa acqua da tutte le parti: alla “storia” difettano fluidità e chiarezza (cosa succede di preciso e perché) così come una chiave di lettura più o meno iperbolica e/o metaforica efficace (l’agnizione LasVegas-iana arriva tardi, cade dal nulla e finisce nel pochino pochino).

    2.Sulla questione della capacità del fruitore di cogliere l’armamentario referenziale del film, invece, conviene aprire una parentesi: chi è il fruitore elettivo di Rango? E’ la vecchia storia del “film per grandi e piccini”, vecchia come il film di animazione stesso, ma in qualche modo svecchiata dal post-postmodernismo in poi, quando il cartone (diciamo, per comodità, a partire dai Simpson) ha iniziato a stratificarsi ed embricarsi con rinnovata consapevolezza e inedite modalità. E’ un discorso ovviamente complesso, impossibile da affrontare con la dovuta serietà/esaustività in questa sede, ma insomma, almeno a grandi linee, andava in qualche modo accennato. Perché è piuttosto ovvio che “i bambini” non coglieranno nessuna delle citazioni di Rango né i momenti di mimesi compositiva. Ed è altrettanto palese che tutto l’impianto estetico/iconografico non è kids-oriented (né kids-friendly), con una fauna esteticamente ripugnante e poco simpatica (oltre che piattamente omogenea, pur nella teorica eterogeneità), mancanza di mascotte esplicitamente comiche e un’impostazione registica che riproduce il riferimento privilegiato (lo spaghetti western). Gli adulti appassionati avranno invece pane per i loro denti, e potranno magari compiacersi – momentaneamente - di ritrovare Corbucci e Jodorowsky in questo ambizioso cartoon, ma poi? Come la mettiamo con la debolezza, la goffaggine, l’indeterminatezza d’insieme, riscontrabile sia, come detto, a livello macro che, quasi sineddoticamente, a livello di singola sequenza? – un esempio per tutti: quando si leva lo stormo di pipistrelli, e parte il Wagner coppoliano, ci si aspetta uno scontro epico tra mammiferi volanti e Rattlesnake Jake, ma tutto quello che si ottiene è, per l’appunto, un’inadeguata e frettolosa (para)contestualizzazione del rimando che precipita nel vuoto, allorquando la sequenza stessa si risolve in un nulla di fatto di una manciata di secondi destinati all’immediato oblio-.

    Un pasticcio irrisolto, questo Rango, che col doppiaggio perde anche il forte legame divistico con Johnny Depp (per quel che possa comunque valere…) ma che sta inopinatamente raccogliendo consensi un po’ ovunque. Personalmente, mi limito a stupefarmene e ribadisco che mi pare invece un perfetto exemplum di film d’animazione completamente fuori fuoco, moderno in senso deteriore quanto emblematico, teoricamente destinato a scontentare tutti. Grandi e piccini.

    Gianluca Pelleschi
    (14/03/2011)
    Voto: 4

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    Lette ieri le prime 80 pagine, per ora fila via bene, sono molto ammaliata dal modo di scrivere, dalla costruzione (se così si può chiamare) quasi assurda delle idee-pensiero fattesi periodi! C'è un abisso con "Da un castello all'altro" dove il modo di scrivere è molto più sincretico-su-se-stesso (sempre se si può partorire una terminologia del genere aahahahah), svincolato da ogni regola comune, legato solo alla mente di Celine!

    Già potrei inserire svariate citazioni ma vi risparmio la cosa, altrimenti alla fine delle 600circa pagine c'è il forum intasato!! ahahaahha
    Temo di essere ormai sempre più convinta della mia totale affinità con certe tematiche ma soprattutto con certi modi di scrivere dove riesco a entrare (a volte con dovuta difficoltà) in un ritmo di lettura molto sciolto se pur complesso e a tratti segmentato nella comune logicità, ci sogno così tanto che mi sembra a volte, speranzosamente, di avere dei punti di contatto e delle sintonie con la mente dell'autore che ha scritto il tutto!

    Per ora, per Ellen e Marco N., son sempre più convinta che Bukowki non posso assolutamente aver scopiazzato Celine, nonostante l'amore del primo per il secondo!
  7. .
    Eccomiiii!
    Siccome la cosa si faceva un po' lunghetta ho aperta la scheda qui mi dispiace che sia così lunghetta :-s ho inserito il materiale che avevo spulciato per curiosità dopo la visione.
    Finisco di inserire un'ultima cosa e via.
    Vedete un po' voi ^_^
  8. .
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    Titolo: Robin Hood
    Titolo originale: Robin Hood
    Regista: Ridley Scott
    Cast: Russell Crowe, Cate Blanchett, William Hurt, Mark Strong, Mark Addy
    Anno: 2010
    www.imdb.it/title/tt0955308/

    Che dire?
    ...bha!
    :@:
    Cerco di essere breve anche perchè vorrei inserire altre recensioni che ho trovato un po' qua e là e che possono risultare interessanti e soprattutto più complete e ben strutturate di quello che sto per andare a scrivere. Il tutto quindi alla fine risulterà un po' lunghetto ma la speranza è che possa anche ritornare utile per la sezione "lente di ingrandimento" dove sta prendendo piede uno special sul leggendario personaggio di Robin Hood!
    Cerco anche di non inserire troppi spoiler...ma personalmente non so se ci riuscirò quindi siete comunque avvisati! :uah:

    Parto precisando che quando sono entrata al cinema non avevo avuto nessun tipo di informazione su quello che avrei visto, nè un trailer, nè commenti o altro, quindi sapendo che il titolo fosse Robin Hood mi aspettavo di vedere proprio Robin Hood, sicuramente a discapito di questo va considerato il fatto che il personaggio di Robin Hood è ormai mito e leggenda e come tale un qualcosa dalla connotazione forte e ormai consolidata, che poi penso che sia lo stesso consolidamento che tutti hanno, tuttti bene o male se pensano a Robin Hood pensano alle medesime cose, è il risultato della personalizzazione del mito credo.
    Poi, tornando alla serata al cinema, man mano che i minuti e le mezz'ore se ne andavano, ci si interrogava su quando la storia effettivamente sarebbe cominciata, ma poi il film è finito, dopo 140 minuti, quindi dopo 2 ore e mezzo, e la storia non è mai cominciata. Ovviamente questo si ricollega alla mia precisazione di partenza, il risultato è che il Robin Hood di Scott non è effettivamente il Robin Hood dell'immaginario consolidato, blasonato, rintronato, quanto piuttosto un prequel, dove a mio avviso il pre Robin Hood ne risulta un po' svilito, non mollaccione, ma un altro individuo che poi va a cozzare con l'immaginario di quel mito Hoodiano di cui sopra dicevo.
    A livello di scenografie, fotografie, ricostruzioni storiche il film è molto molto buono, lo trovo girato bene, non troppo estremizzato nella gloria (a parte qualche cosa qua e là), cosa che invece accade molto spesso nelle ricostruzioni di questi film-romanzati-epici-storici (Il gladiatore, Re Artù, ecc..).
    Ora, il film l'ho visto qualche tempo fa quindi potrei fare un po' cilecca, ma: Lady Marion è più una Giovanni D'arco che un'effettiva Lady Marion, ero abituata alla donzella piuttosto benestante e tranquilla nella vita agiata, qua invece mi trovo una donna con "due pelotas così" poichè manda avanti il "ranch" da sola perchè il marito sembra morto, disperso (non me ricordo bene), con il suocero in casa più di là che di qua, niente merletti, niente ori, niente diventare fuorilegge per amore del Robin e solo secondariamente della giusta causa delle buone azioni e dello stare dalla parte dei poveri. Qua c'è una donna pratica, di terra e fatica...bellissima donna un buon personaggio, classico e abbastanza stereotipato, ma un buon personaggio...è solo che, secondo me, non è la Lady Marion, tutto qui.
    I ragazzini ladri dei boschi, senza padri, che per campare rubano ovunque, anch'essi mi sembrano troppo epici, tra un po' più presenze burlone-scellerate della foresta che altro. Nessun bimbo disperato, nessun bimbo che ritorna sui suoi passi, tutti eroi uniti e compatti che lottano contro i grandi per farli svegliare...mah! Forse un po' troppo folto sto numero di bambini va bhè!
    Poi l'immensa vaccata (scusate l'estrema sincerità) della Marion che si mette momentaneamente a capo di suddetti bambini per aiutare robin e guidarli nella grande battaglia. Alla fine Marion è quasi la copia di Robin solo che stereotipaticamente femminile.
    Ma arriviamo a lui: Robin.
    La prima parte del film vede lui che ritorna dalla guerra, è incentrata sullo sviluppo di questa cosa, su come lui riesce a tornare a casa, non tanto a quella sua quanto a quella di sta Marion che le coincidenze le fanno incontrare, lui viene ospitato e tenuto in casa di lei e del suocero e farà pure una specie di doppia parte-gioco, ma non dico oltre per non spoilerizzare troppo.
    Nalla tenuta di Marion lui lavora la terra, fa l'uomo di casa, ogni tanto ha questi momenti dove rievoca il passato, ma avendo una specie di trauma da bambino non si ricorda bene le cose, il motivo per cui lui è lì, cosa sta cercando, ecc...(le solite storie esistenziali dell'essere uomo) poi ecco che si ricorda della carta dei diritti, ora sa tutto, e quindi sù ad impostare sta rivoluzone, sta battaglia: affiancare il despota nel respingere gli invasori in cambio della firma de sta benedetta carta. Vincono la battaglia, salvano il desposta con il regno, ma il desposta in quanto desposta straccia la carta e annuncia che Robin dal quel momento sarà considerato fuorilegge. Finisce il film con già le basi per il sequel...che a sto punto non so come si intitolerà...forse "Robin Hood Robin Hood"?
    Ovviamente la "grande" battaglia dove tutti son molto eroi, dove le leggi della fisica vengono sfidate, dove Robin brandisce l'ascia a capo di tutti i guerrieri-soldati che lo seguono uhh uhhhh è molto epica, colorata, già si vede che la vittoria sarà schiacciante, evvai così!
    Infine appunto fondamentale: Robin ci mostrà le sue ottime qualità di arciere, di quello che je piace l'arco e lo sa usare benissimo solo nella prima parte del film, perchè alla fine sembra che gradisca più sta benedetta ascia che l'arco...però io ci tenevo di più all'arco, ve lo dico, Robin Hood e l'arco so na cosa sola! Quindi per me l'ascia non va proprio bene.
    Insomma penso sarebbe stato un buon film e meno deludente se si fosse chiamato "William e la lotta per la carta dei diritti", in pratica se non ci fosse stato propinato come Robin Hood (cinicamente e complosticamente parlando per catturare più pubblico grazie alla semplice accoppiata Robin-Scott), come un personaggio dal bagaglio immaginativo ormai più che conosciuto e al quale difficilmente ci si separa.

    Lo so, son pessima, non dovevo aspettarmi tanto, dovevo essere aperta alle revisioni...ma anche no dai! ahahaahahahahahah :uah:

    Vai!

    Ora qua ci saranno molti più soiler quindi ocio!
    Prima recensione, un articolo dal sito de "Gli Spietati"
    CITAZIONE
    Così è iniziata la leggenda

    Blockbuster d’autore con urla in ralenti, flashback sfocati e musiche tonitruanti, Robin Hood si riallaccia da una parte al corrusco medioevo delle Crociate e dall’altra ai combattimenti a otturatore veloce del Gladiatore: Sir Ridley Scott, spalleggiato in sede di sceneggiatura da Brian Helgeland, si mostra più interessato a raccontare come abbia avuto inizio la leggenda di Robin Hood che a descriverne le furfantesche gesta nella foresta di Sherwood. Sono i retroscena e gli eventi che precedono le attività clandestine dell’ex arciere di Riccardo Cuor di Leone a tenere banco per tutto il film. Più un prequel basato sui torbidi antefatti, insomma, che un nuovo adattamento delle leggendarie gesta del “Principe dei ladri”.

    Preceduto da didascalie in Middle Age Style con tanto di maiuscole per le parole Legge, Fuorilegge e Storia, Robin Hood si apre con l’assedio del 1199 al Castello di Châlus (episodio nel quale perde la vita il sovrano inglese di ritorno dalla terza crociata) e procede descrivendo le peripezie del valoroso Robin Longstride (Russell Crowe) nel nord della Francia prima e sul suolo albionico poi. Assunta proditoriamente l’identità di Sir Robert Loxley, cavaliere incaricato di riportare in patria la corona del re, Robin consegna il prezioso cimelio nelle mani di Eleonora d’Aquitania (Eileen Atkins), assiste all’incoronazione dello scapestrato Giovanni (Oscar Isaac) e si mette in marcia per Nottingham, dove consegnerà la spada di Loxley al padre Walter (Max von Sydow). Seguono intrallazzi vari che porteranno Longstride a rivestire ufficialmente il ruolo del cavaliere trapassato, innamorarsi della di lui moglie Marion (Cate Blanchett) e scavare nella propria memoria di figlio abbandonato dal padre alla tenera età di cinque anni.

    Meglio sorvolare sull’assurdità di una sceneggiatura secondo la quale è possibile spacciarsi per uno dei cavalieri più fidati del re e presentarsi a corte senza essere smascherati, farsi passare per il figlio di un nobile di Nottingham senza che gli abitanti del luogo si accorgano dell’impostura e diventare uno degli uomini più influenti del paese con una sola orazione pubblica (demagogica per giunta). O conquistare una vedova combattiva facendosi sfilare la cotta di maglia e mostrandole il torace, oppure ricordarsi eventi rimossi semplicemente chiudendo gli occhi o tastando il terreno di un villaggio. Quello di Helgeland è uno script che avanza impunemente con sentenze apodittiche quali “Non possiamo ripagare la fortuna con la malagrazia, sarebbe un invito alle tenebre”, “Non so da dove vengo, solo dove sono stato”, “Se è illegale per un uomo provvedere a se stesso, come può restare nel giusto?”. That’s entertainment.

    Eppure anche sotto il profilo del divertimento spensierato Robin Hood non brilla certo per scioltezza e godibilità: passaggi di greve simbolismo (mentre prepara l’invasione dell’Inghilterra, Filippo II di Francia si ferisce aprendo un’ostrica e sibila: “Anche un animale morente può essere ostinato”), doppiogiochismi sviluppati a fatica (la cospirazione di Sir Godfrey è trattata lacunosamente) e dialoghi tronfi (avvisato dell’arrivo dell’ex cancelliere Guglielmo, Sir Walter Loxley esclama: “Nel momento del bisogno arriva l’uomo giusto, il momento di fingere è finito”) intralciano l’andatura del film, cercando di salvare la capra della complessità storica e i cavoli della progressione drammatica. Il culmine della grossolanità è tuttavia raggiunto nell’epilogo, durante il quale la voce narrante di Marion declama la morale della storia: “Una giusta parte per tutti alla tavola della natura”. Sequenze di battaglia girate con “nove macchine da presa normali, una steadicam, una Wescam e un elicottero” (pressbook dixit) e fotografia serica di John Mathieson (già al fianco di Scott nel Gladiatore e nelle Crociate). Titoli di coda pennellati da Gianluigi Toccafondo.
    Alessandro Baratti
    (19/05/2010)
    Voto: 5

    CITAZIONE
    Non un cappa e spada come il successo anni Trenta con Errol Flynn, né una celebrazione glamour del mito di Robin Hood come Il principe dei ladri con Kevin Costner. Piuttosto un film di guerre medievali, con intrighi di potere e contrapposizione tra nemici interni ed esterni.
    Sì, come nel Gladiatore: stesso progetto.
    Grandi scene di battaglia ad alta spettacolarità, finto realismo a sporcare i protagonisti, meno patinati della media hollywoodiana ma più machi.
    Rispetto al modello (Il gladiatore) Robin Hood è però meno divertente e meno "epico": ciò significa meno guitto, sicuramente, ma anche meno furbescamente efficace.
    La leggenda di Robin Hood sfugge alla trama - clamorosa la presenza in sordina e quasi impercettibile del "togliere ai ricchi per dare ai poveri" - come reso evidente dal ruolo marginale dello sceriffo di Nottingham (quasi una comparsata la sua) in un film in cui il vero villain è un doppiogiochista che apre la porta d'Inghilterra al nemico francese. E' su questo piano che si sviluppa il plot.
    Del resto si era capito fin dal principio che a Ridley Scott non andava di occuparsi del mito classico di Robin Hood, aveva infatti iniziato la lavorazione della pellicola col titolo "Nottingham", immaginando come protagonista proprio lo sceriffo (interpretato da Crowe), poi relegato in un cantuccio. Visto che la cosa non funzionava si è poi preferito passare direttamente ad un terreno più familiare e virile, i grandi campi di battaglia, gli assedi e gli scontri a cavallo.
    Risultato: ben girato, dignitoso, niente di nuovo. Con quel pizzico d'humor e sentimento a diluire azione e drammi che ne fanno dichiaratamente intrattenimento professionale senza grandi pretese.
    Essendo un progetto Crowe-Scott abbiamo un Robin Hood fuori fascia d'età (specie considerando che si tratta delle vicende che precedono le vere avventure del fuorilegge Hood), ciò consente però di beneficiare di Cate Blanchett nel ruolo di Lady Marion. Un valore aggiunto (altro che Sienna Miller), cui sarebbe stato giusto risparmiare la caduta di stile dell'arruolamento volontario in guerra (non siamo nel fantasy tolkeniano).
    Cast di contorno di tutto rispetto tra William Hurt (sempre più trasformista), Max von Sydow, Danny Houston ed Eileen Atkins. Resta da capire perché Matthew Macfadyen - il patetico Nottingham - continui ad essere pervicacemente ingaggiato per parti che necessitano un laborioso imbruttimento.
    Raffaella Saso
    (20/05/2010)
    Voto: 6

    CITAZIONE
    La prima parte è magnifica, fa impallidire qualsiasi versione precedente: Scott e lo sceneggiatore Brian Helgeland (o, più verosimilmente, non accreditati autori dello script quali Tom Stoppard e Paul Webb) rileggono la leggenda in modo realistico, ancorandola, da un lato, alla Storia e, dall’altro, ricostruendo puntigliosamente un’epoca attraverso usi e costumi, ambienti, strutture gerarchiche, canti popolari, curiosità e, non ultima, una fotografia grigio/sanguigna che non può che rappresentare odori e umori dell’Inghilterra. Il finale rivela la natura da Genesi, confermando un approccio coraggioso, curato e inventivo. In mezzo, purtroppo, la “leggenda” rientra dalla porta di servizio, sotto mentite spoglie, rinnegando gli intenti: non la leggenda di Robin Hood, ma quella di Hollywood con la sua “filosofia di massa”, dove il popolaresco diventa arringa populista. Robin “deve” diventare il simbolo della democrazia, dell’uguaglianza, delle genti oppresse dai tiranni. Da particolare, l’eroe si fa universale senza soluzione di continuità, con la scorciatoia di imbarazzanti scene madri (la concione durante la riunione di Re e nobili del nord): emblematica, in questo senso, la differenza fra la spettacolarità “credibile” dell’assedio iniziale e quella artificiosa della battaglia finale, fra l’entrata fosca degli orfani della foresta e la loro risibile uscita sui pony. Robin mette piede a Nottingham e il film cambia veste, smette l’epica tragica de Il Gladiatore, si fa più guascone, commedia sentimentale (l’incontro erotico con Marian, spogliando la maglia), ridicolo (la donna-con-i-pantaloni cara a Scott è qui terribilmente fuori luogo), manichea (il villain di Godfrey) quando, prima, s’era fatto apprezzare per i chiaroscuri (né Riccardo solo cuor di leone, né Giovanni solo vigliacco capriccioso). Non è più un problema di forzatura della Storia (Robin e la “Carta dei Diritti”), ma di inverosimiglianza drammaturgica dove si privilegia l’enfasi ammiccante allo studio psicologico: l’eroe, dall’oggi al domani, si reinventa leader politico e ha, da subito, l’Inghilterra ai propri piedi.
    Niccolò Rangoni Machiavelli
    (21/05/2010)
    Voto: 6.5

    Altra recensione per completare il tutto, questa volta si tratta di un post tratto dal blog "c'era una volta il cinema 2.0".
    Questa è più tranquilla rispetto a queste che ho appena inserito :uah: anche qua ci sono spoiler, attenzione!
    CITAZIONE
    Devo dire che sono sempre stato molto attratto da questo personaggio chiamato Robin Hood, un vero ganzo sciupafemmine e un po’ comunista che nella mia mente di bambino stava più o meno dalle stesse parti di Indiana Jones e Han Solo. I lunghi pomeriggi della mia infanzia sono stati profondamente segnati dalla ripetuta visione – e conseguente consumo dei relativi vhs – di tre versioni della storia del fuorilegge di Nottingham: quella a cartoni animati della Disney del 1973 (davvero mediocre, posso dire ora a due decenni di distanza), quella con Kevin Costner del 1991 (che non vedo da un po’ ma ritengo invero sottovalutata) e un’altra sempre della Disney ma con attori in carne e ossa intitolata Robin Hood e i compagni della foresta, del 1952 (ho perso la videocassetta e non la rivedo da non so quanti lustri, ma credo che si tratti di un film assolutamente sciatto e prescindibile, sebbene all’epoca mi esaltasse tantissimo). Colpevolmente non ho invece mai visto la versione più famosa e apprezzata dai critici, quella del 1938 interpretata da Errol Flynn, ma prometto che rimedierò e vi farò sapere.

    Che dire invece di questo ennesimo remake, firmato stavolta da Mr. Polpettone In Costume Ridley Scott? Remake per modo di dire, dal momento che si tratta piuttosto di un prequel della classica storia dell’arciere fuorilegge che abita nella foresta di Sherwood e combatte le angherie dello sceriffo di Nottingham: siamo sul finire del XII secolo, il plebeo Robin Longstride sta tornando in patria dopo dieci anni di crociate e viene coinvolto nella morte di re Riccardo e nelle conseguenti lotte di potere tra Francia e Inghilterra. Lotte che lo portano a riscoprire il proprio passato e a combattere la stupidità e la prepotenza di re Giovanni, successore di Riccardo. Solo alla fine di mille peripezie (e alla fine del film), che lo portano a guidare la vittoriosa resistenza antifrancese, Robin prende la decisione – obbligata – di andare nelle foreste e trasformasi in un hippy-brigatista ante litteram.

    Non male, devo dire, non male. Sarà che dopo le ultime esperienze con Ridley Scott sono andato al cinema senza troppe aspettative, o sarà che quando si tratta di Robin Hood divento improvvisamente di bocca buona, ma questo film mi ha discretamente convinto: lontano, per fortuna, dalle patetico-soporifere atmosfere delle Crociate, ma anche dalla retorica del Gladiatore (film di cui ancora non riesco a capire l’enorme e durevole successo), Robin Hood è un buon film di cappa e spada, senza troppe pretese ma forte di un ritmo incalzante (sebbene non manchino le solite scene strappalacrime o sentimentaloidi), di una vicenda coinvolgente che mischia leggenda e Storia con la S maiuscola (siamo più o meno dalle parti di Braveheart) e, soprattutto, di una certa sobrietà di fondo, condita con qualche spruzzo di ironia, che riesce a rendere più che sopportabili i 148 minuti di proiezione.

    Ottimo – ovviamente: stiamo parlando di una megaproduzione hollywoodiana – il cast, che comprende Russel Crowe, attore feticcio di Scott (non sarà Orson Welles, ma è un interprete che ho sempre apprezzato), la splendida Cate Blanchett, Wiliam Hurt, l’eterno Max von Sydow e Oscar Isaac, giovane promessa già vista nel recente Agora. Bellissime le scenografie, in cui è davvero difficile scorgere i presumibilmente abbondanti ritocchi digitali, apprezzabili alcune trovate, come quella dello sbarco in Normandia (al contrario) dei francesi lungo le coste di Dover, ma esecrabile, come sempre, il doppiaggio: questa volta persino le canzoni sono ricantate in italiano. Siamo tornati agli anni Cinquanta.

    Alberto Gallo

    I commenti a questo post sul blog sono altrettanto interessanti! ahahahaha
    CITAZIONE
    Rigoni
    Argh! Sei riuscito a parlar male del cartone della Disney, questa me la lego al dito…

    albertogallo
    be’ dài, tra tutti i classici della disney è veramente uno dei più scarsi. tranne le canzoni del cantagallo, che sono molto fighe.
    alberto

    marco1946
    i primi due terzi del film scorrono bene e l’interpretazione di Cate è maiuscola
    poi cominciano le americanate; l’intervento di Robin all’incontro tra il re e i baroni NON STA NE’ IN CIELO NE’ IN TERRA (il suo discorsetto sa molto di Barack Obama) e la battaglia sulle spiagge di Dover SFIORA IL RIDICOL: c’è anche un drappello di ragazzini che cavalcano senza sella (sembrano gli hobbit della Contea); e come li hanno percorsi i 300 Km che separano la loro foresta da Dover, con le strade di allora?

    albertogallo

    sì be’ che sia un film inattendibile è più che vero, ma diciamo che lo si può apprezzare a cervello spento. è fatto bene, poi ovvio che se andiamo a vedere i particolari le cazzate non mancano.
    alberto

    alessandra
    Oscar Isaac è stato davvero insopportabile in questa interpretazione. Molto meglio in Agora…del resto molto meglio Agora…

    socmel
    Robin Hood della Disney secondo me invece è uno dei più riusciti. Quella genialità dei titoli iniziali e la scazzottata alla festa davvero storia del cinema d’animazione.
    Questo Robin Hood sceso in patria (nostrana) come se dovesse essere il seguito del Gladiatore (film mediocre ugualmente), è un po’ una lagna….tanto parlato, la storia tocca i classici punti.
    Interpretazioni così così (ma nessuno dice qualcosa mai contro la Blanchett???) ….insomma emozioni zero.
    Bella fotografia finale sotto quella scogliera…. comunque il verdetto è che Ridley Scott non fa più capolavori. Quasi preferisco il fratello Tony (esagerando un po’).

    albertogallo
    che R.S. non faccia più capolavori è ormai evidente (e comunque se non avesse girato “i duellanti” e “blade runner” oggi penseremmo a lui più o meno come a un michael bay, un james cameron o poco più. e comunque michael bay è meglio), però a me in fondo questo “robin hood” non è dispiaciuto, anche se penso di essere l’unico a pensarla così perché tutti ne parlano male!
    alberto



    Edited by Nebu - 28/3/2011, 14:33
  9. .
    Chomet è qualcosa di magico!
    Devo ancora vedere "L'illusionista"! Questo invece non lo conoscevo per niente!
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    Spero di riuscire a vederlo tra poco così poi inserisco qualche commento ^_^
    Son molto molto fiduciosa!..spero :uah:
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    uhhhhh!! Fosse la volta buona che li leggo????
    Almeno sicuro la mia bella Ellen ne sarebbe felice
    Mercoledì o il primo di Aprile dovrei riuscire a comprarlo da qualche parte ;-)
    Con tutta la mia buona volontà dico: ci sto!!!! se poi riesco a terminare a breve Celine ci sto anche con più convinzione! uhuhuhuhuhuh
    so emozionata!
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    Corruzione corruzione!!
    ahahahaha
    misà che io sto mese passo, bho, aiuto! XD
    E' che già sto leggendo "viaggio al termine della notte" se mi metto a leggere anche Battle Royale me tajo le vene!
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    We aspèèèè, aggiornatemi che tocca fare?
    ahahaahha
    Cioè ho capito che tocca fare, ma quindi va in parallelo hai libri ufficiali dei mesi o li sostituiscono?
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    interessanteee....
    avendo un ancora-non-lavoro da casa potrebbe comunque funzionare abitare a Venezia uhhuhuh chissà!
    E in Eurpoa? dove hai girovagato?
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    Dracula Dra- Dra-
    ...scusate ^_^
    Non l'ho letto moltissimo tempo fa, ma quei 4 o 5 anni mi son bastati per ricordarne oggi pochissimo....e penso che sia un peccato, quando lo leggevo mi ricordo che le sensazioni che ho provato son state tutte positive, forse lo reputo uno dei libri più completi che abbia letto.
    Magari se lo rileggessi mi ridimensionerei quell'attimino?
    Posso concordare con la rilettura di Maggio, credo :)
382 replies since 4/7/2005
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