"Nessuno legge?"

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    Boh, sono comunque cose che ho già sentito da altre parti. Che si dia più spazio a fenomeni del momento del tutto dimenticabili a scapito di lavori più meritevoli. Che in una mare di novità a causa dell'enfasi pubblicitaria è difficile riconoscere ciò che potrebbe interessare. Che oramai chiunque possa pubblicare qualcosa e dunque ci si ritrova libri superpubblicizzati di gente che vende solo per il nome e probabilmente non li ha neanche scritti. Che la critica stia scomparendo e dunque manca un punto di riferimento quando vuoi farti un'idea su nuovi titoli. Che la scuola contribuisce sì a far leggere certi testi, ma quasi sempre sono obblighi e forzature che fanno passare la voglia agli studenti di leggere classici. Insomma, tutte problematiche che più o meno avevo già sentito e che non mi sembrano del tutto campate per aria. Poi ho già detto che non è piaciuto neanche a me il modo di porsi dell'autore e che ci ha inserito considerazioni personali opinabili e sconclusionate. Ma da qui a dire che è tutto falso mi sembra ugualmente un'esagerazione.
    Adesso, io non sono molto informato, mi sembrava che l'articolo sollevasse spunti interessanti, se lui non ha alcun dato a sostegno non mi sembra che ne abbiate forniti altri che lo smentiscano (il fatto che si trovi La Città del Sole a cinque euro non credo sia sufficiente). Volevo sentire se qualcuno aveva qualcosa da aggiungere su questi aspetti della letteratura di questi tempi ma pare che dobbiate a tutti i costi fare debunking sulle singole affermazioni dell'articolo anziché sviluppare una discussione costruttiva.
     
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    MA cosa vuoi aggiungere: se si stampano , in Italia 200 libri al giorno, chi vuoi che li legga.
    Io ho il mio metodo.
    Una volta trovavo "perle" sulle bancarelle: Un semicapolavoro come i "seni piu' belli del mondo" di Topor e' stato un colpo fortunato.
    Fortunato sì, ma almeno sapevo chi era Topor !
    Altri botte di culo e basta, come la triologia dei Babu' di Blanc e Furax.
    Un altro libro"pescato" ma non a caso nelle casette, nelle casette di scambio, perche' mi pare ci siano delle cose molto piu' interesanni che sulle bancarelle.
    Nelle casette forse ci sono dei libri comprati e forse letti.
    Nelle bancarelle per lo piu' scarti e invenduti.
    Dunque ha pescato " Le brave ragazze vanno in paradiso, le cattive ovunque " .
    Slogan famosissimo ma non credo che alcuno ne sapeva l' origine.
    Sapro' dire .
    In biblioteca tra gli "scarti" ho visto "La storia infinita" di Ende.
    Bellissimo che non ho preso perche' ce l' ho e l' avevo gia' letto.
    Poi ci sono le liste, gli elenchi, i vostri commenti .
    Resta il problema delle nuove uscite.
    Faccio passare almeno 15 anni e poi se c'e' ancora traccia nel ricordo forse lo raccatto da qualche parte.
    Il resto online.
    Per ora solo carta.
     
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    CITAZIONE (absolute @ 1/9/2019, 09:28) 
    Volevo sentire se qualcuno aveva qualcosa da aggiungere su questi aspetti della letteratura di questi tempi ma pare che dobbiate a tutti i costi fare debunking sulle singole affermazioni dell'articolo anziché sviluppare una discussione costruttiva.

    È che, nell'articolo, non dice cose nuove o originali... sono sempre gli stessi argomenti, conditi con una visione personale (terrificante o troppo paradisiaca) della realtà.
     
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    Io continuo a pensare che il problema dell'editoria sia il business. Non esistono vie di mezzo, o si produce cultura o si fa business. Se il fine di un editore non è quello di influenza la società, di indirizzare le masse, di annaffiare le idee, di creare il futuro, ma semplicemente di ottenere il massimo guadagno con il minimo costo, non c'è alcuna speranza per la letteratura. Il resto, i sette punti dell'articolo e mille altri punti, non sono che una conseguenza della ricerca di plusvalore a tutti i costi, dell'idea di trattare il settore come se fosse vendita di carne in scatola.
     
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    se lui non ha alcun dato a sostegno non mi sembra che ne abbiate forniti altri che lo smentiscano (il fatto che si trovi La Città del Sole a cinque euro non credo sia sufficiente)

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    pare che dobbiate a tutti i costi fare debunking sulle singole affermazioni dell'articolo anziché sviluppare una discussione costruttiva

    1) A me sembra che l'onere della prova spetti a chi ha scritto l'articolo. L'ipotesi nulla (come si suol dire nel linguaggio scientifico) è che non ci siano differenze tra fenomeni. E' lui che deve mostrare che ci sono differenze; in assenza di prove di differenze si accetta che non ci siano differenze (un po' come si è innocenti fino a prova contraria). Di solito funziona così.
    2) Non posso fare "debunking sulle singole affermazioni" perché non sono asserzioni fattuali, ma punti di vista privi di qualsiasi supporto. Se viene fornito un supporto, magari vediamo se è vero o no.
    Nel complesso, per me l'articolo è un cumulo di affermazioni personali, prive di qualsiasi dato oggettivo, guidate da evidenti pregiudizi reazionari e da un palese sessismo (per altro neanche necessario alle sue argomentazioni, e messo lì così, tanto per non frasi mancare nulla)
    Comunque, sto pensando a un qualche metodo per poter testare se la proporzione di spazzatura si mantiene costante o è incrementata. Ma mi ci vorrà un po'.... Giuro che se riesco a farlo ve lo dico!
     
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    Boh alla fine Don Chisciotte è nato come (fra le varie cose) un j'accuse nei confronti della letteratura trash cavalleresca che non è molto diversa dalla robaccia odierna. Cervantes sciorina una lista di romanzucoli non indifferenti, di autori in cerca di fama e vendite, alla fine questo importa. Anche gli Harmony hanno venduto sempre tantissimo, e di certo non si può parlare di alta letteratura. Non dico che la mole di cattiva letteratura sia rimasta costante, ma magari segue delle "mareggiate" corrispondenti a... qualcosa. Tipo nuovi mezzi di diffusione, o qualcosa legato all'economia e ai soldi. La storia dell'ipotesi nulla ha molto senso. Magari, se c'è una differenza con un certo passato, ci ha detto semplicemente sfiga che son nati meno scrittori bravi e più capre. O forse, come dice Panic, le grandi case editrici se la giocano sul terreno del profitto, da qui l'offerta grande ma qualitativamente infima, e le altre si sono magari parcellizzate, dal momento che devono comunque tirare a campare, settorializzandosi molto su specifici argomenti o autori o parti del mondo. Per dire, prima Mondadori o Garzanti tiravano fuori bella roba scientifica; adesso ... c'è Codice Edizioni, per esempio. Raffaello Cortina, che costa un botto.
    Comunque io vedo ancora buone offerte editoriali fra i piccoli, che tutto sommato campano non malissimo.
     
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    Certo, può essere che ci siano flussi e riflussi... sensu Lyl3_Z.
    Ma non è mai esistita una età dell'oro.
    Visto che si è parlato di scuola, che farebbe disamorare gli studenti ... beh, allargherei la critica a questa idea.
    In tutta la mia vita, ho sempre sentito i docenti lamentarsi degli studenti, dicendo che "quelli di una volta erano molto meglio".
    Leggendo la corrispondenza di un lontano parente si scopre che costui, a fine Ottocento, si lamentava che gli studenti non erano più bravi come una volta.
    Quindi, andando a ritroso, si dovrebbe giungere a qualche momento primigenio in cui gli studenti erano tutti meravigliosi.
    Beh, nei Carmina Burana, ignoti poeti si lamentano che l'università non è più quella di un tempo, che gli studenti sono sempre più indisciplinati e ignoranti. Ma è difficile immaginare quale potesse essere questo tempo, visto che le università erano state fondate (anche le più antiche) non molto tempo prima...
    E' la solita mitologia della decadenza della razza pura. Non è mai esistita una razza pura di studenti, di autori, di editori o di lettori.
     
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    Ecco, quello che speravo era leggere considerazioni di questo tipo. Non ho postato l'articolo perché lo ritenevo verità assoluta ma mi sembrava potesse dare buoni spunti di discussione, come sto vedendo. Capisco che era un articolo infelice ma quello ho trovato. Mi ha incuriosito più che altro per il commento finale sull'entrata in una moderna libreria che piazza la spazzatura in bella vista e se cerchi qualcosa di interessante o devi cercarle con impegno o devi conoscerle a priori (e la critica aiuta poco). Che in tutti i tempi sia esistita spazzatura siamo tutti d'accordo, che in proporzione ora sia più, meno o uguale non saprei dirlo neanche io (l'autore dell'articolo dà per scontato che sia di più), ad ogni modo è anche vero che l'editoria è cambiata nell'era del capitalismo e delle multinazionali e dunque è difficile fare un paragone col passato.
    Sul discorso che la scuola fa amare poco la lettura ne so pochissimo e sarei curioso di verificare come stanno le cose, d'altronde mi stupisco sempre di quanto sia lacunoso il sistema scolastico moderno che a fronte di un'alfabetizzazione mai vista in passato ogni tanto sfocia in fenomeni imbarazzanti (cito giusto il terrapiattismo che per me è una bufala perché non ci voglio credere che ci sia gente che ci crede davvero).
    Si torna sempre allo stesso discorso, ogni mezzo è utile, lettura compresa, ma dipende da come viene usato. Se tutti leggessimo, però solo titoli spazzatura, magari sarebbe meglio che leggesse solo una piccola nicchia, però titoli culturalmente validi? Se non ci fossero lettori potrebbero estinguersi anche gli scrittori? Fermo restando che sono ipotesi per assurdo, comunque un po' mi preoccupo, sarà colpa del film Idiocracy.
     
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    Se tutti leggessimo, però solo titoli spazzatura, magari sarebbe meglio che leggesse solo una piccola nicchia, però titoli culturalmente validi?

    Quindi vorresti una aristocrazia di lettori che leggano solo titoli validi perché il volgo legge spazzatura non sapendo distinguere? Mi sembra un programma un tantino antidemocratico. Vogliamo fare l'eugenetica della letteratura? E chi lo decide chi fa parte della nicchia dei lettori e a chi sarà vietato leggere? Si va per censo? E chi stabilisce quali titoli sono culturalmente validi? Chi mette il timbro Nihil obstat quominus legatur? Più che ipotesi per assurdo, mi sembra esattamente quello che vorrebbe l'autore dell'articolo; che non è una cosa assurda, ma nefanda: è esattamente ciò che succedeva in quel passato che lui sembra tanto rimpiangere.
     
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    Evidentemente non so comunicare, vedo sempre che partite dal presupposto che sto dicendo una cosa che a voi non piace e interpretate di conseguenza. Ammetto che era ambiguo ma non intendevo mettere alcun obbligo né su chi legge né su cosa si legge. Era solo una domanda ipotetica in cui per assurdo immaginavo due realtà, una in cui ci sono solo libri "scadenti" ma tutti leggono almeno un libro al mese; un'altra in cui ci sono in maggioranza libri culturalmente validi ma solo una piccola percentuale delle persone legge più di un libro all'anno. Non è che sono distopie da imporre, sto ipotizzando, per assurdo (lo ripeto perché pare che linkare l'articolo significa per forza che io sia allo stesso livello del suo autore), che se si dovesse scegliere tra una delle due quale sarebbe la "meno peggiore"? (Se avessi scritto migliore sono sicuro che sarei stato ulteriormente frainteso).
    Era così, per discutere, per quanto mi riguarda io auspico che la gente legga di sua iniziativa, senza alcuna imposizione, spaziando dai libri leggeri ai classici. Semmai, la mia paura potrebbe essere che un'editoria che punta quasi solo a fare soldi facili arrivando ad oscurare titoli validi se ne trova altri che gli consentono di vendere di più, possa significare che si andrà verso una di queste distopie, per assurdo ipotizzate. Quindi non era un suggerimento, al contrario, era un discorso ipotetico che mi era venuto in mente a causa di alcune riflessioni, per quanto esagerate e opinabili, lette nel suddetto articolo.

    Adesso, volete continuare a darmi contro dicendo che sono il lupo cattivo o possiamo proseguire senza dare per scontato che sostenete il contrario di quello che secondo voi penso io?
     
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    CITAZIONE (absolute @ 5/9/2019, 16:46) 
    Adesso, volete continuare a darmi contro dicendo che sono il lupo cattivo o possiamo proseguire senza dare per scontato che sostenete il contrario di quello che secondo voi penso io?

     
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    Non so quale delle due distopie sarebbe la peggiore... tutti leggono solo cose leggere, pochi leggono solo cose impegnative.

    Io temo che, indipendentemente dalle cose lette, è quello che resta al lettore che importa.
    Se uno legge solo harmony, ma poi si fa millemila viaggi per visitare i luoghi dove si svolgono e scoprire nuove culture, vale forse di più rispetto a quello che legge cose ultra complesse ma che, una volta chiuso il libro, non ha il minimo briciolo di curiosità sui temi proposti dall'autore.

    Purtroppo l'editora preferisce il libro che vende tanto, anche se dal valore intrinseco pari alla carta straccia, che non il testo metafisico con uno zoccolo duro di lettori, ma che oltre quelle poche copie non venderà mai.

    Del resto i classici arrivati fino a noi erano i best sellers della loro epoca.
     
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    Ok, sono ipotesi distopiche, ma non capisco perché porsi il problema e quindi cadere nel rischio di una "profezia che si autoadempie". A forza di pensare che questi scenari siano possibili poi si finisce col muoversi COME SE fossero qualcosa di prossimo a verificarsi o già in atto.
    Sicuramente "la gente" legge poco, ma non vi è alcun elemento per dire che legga meno di prima.
    Sicuramente c'è tanta spazzatura, ma nulla suggerisce che ve ne sia più che in passato.
    Quanto alle leggi del mercato, a meno di sovvertire il sistema capitalistico, è ovvio che quello che vende più si stampa di più. Ma non è che nel passato andasse diversamente... I libri di Liala hanno venduto più di dieci milioni di copie solo in Italia, perché piacevano, ma erano giustamente etichettati come mondezza (che ha fatto scuola, ma mondezza era e mondezza resta, a mio parere). Mimì Bluette fiore del mio giardino, di Guido da Verona, vendette nel 1922 oltre 300.000 copie, pur essendo considerato spazzatura (ma oggi dell'autore cogliamo aspetti interessanti che all'epoca non si vollero o seppero mettere in luce). Insomma, le cose vanno così. Ma poi come si fa a stabilire cosa è bene e cosa è male che si legga? Ed è vero che ciò che vende di più è cattivo? Sicuramente c'è tanta mondezza che vende molto, ma le cataste di roba invenduta sono pure queste belle ricche di mondezza. E opere di primissimo livello hanno venduto tantissimo e in modo inaspettato. Basti pensare ad Umberto Eco. Io credo che se uno oggi entra in libreria e pensa "mala tempora currunt" sta sulla strada sbagliata e non è un buon punto di partenza per affrontare il problema dello scarso interesse alla lettura.
     
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    Ribah...
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    Leggo roba buona, roba interessante, roba sorprendente e non spendo quasi nulla.
    Se volete qualche libro aggratis andate nella discussione apposita che ve lo spedisco.
    Approposito ho appena preso Chrètien de Troyes: tutta la storia di Tristano , Isotta, Lancilloto e Ginevra ecc...
    Sono per caso le "porcherie" schifate da Cervantes?
     
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    La questione non è quanto vende un libro, né se sia "monnezza" o meno. La questione è il motivo per cui viene pubblicato, il modo in cui viene pubblicizzato e il target a cui si rivolge. Quando per individuare le risposte a questi quesiti vengono utilizzate le leggi di marketing significa che l'editore non sta facendo il suo lavoro. Se l'idea dell'editore è che i libri vendono poco perché "la gente non legge" significa che non sta facendo il suo lavoro. Il lavoro dell'editore è di creare hype attorno a un prodotto che lui ha giudicato come di buona qualità, non di analizzare il mercato e tirare fuori il prodotto che con meno sforzo possibile possa diventare un caso da cui tirare fuori soldi. È l'intenzione che fa la differenza: il pubblico non è stupido, a dispetto di quanto vogliamo raccontarci, il pubblico è affamato di contenuti, il pubblico capisce quando un "prodotto" è artefatto. Accodarsi alla richiesta del mercato non fa altro che sminuire il "prodotto" e il pubblico conseguentemente si sposta verso supporti artistici o di intrattenimento più vicini alla realtà.
     
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