Ma gli androidi sognano le pecore elettriche?

~ Philip K. Dick

« Older   Newer »
 
  Share  
.
  1. Fa}
     
    .

    User deleted


    ma gli androidi sognano le pecore elettreiche?
    philip k. dick

    9788834707364g
    *****
    ~ Leggi la scheda approfondita
    Biblioteca Galattica


    CITAZIONE
    www.terrediconfine.eu/ma-gli-androi...elettriche.html

    San Francisco - Gennaio 2021
    Rick Deckard è un cacciatore di taglie. La sua è una vita squallidamente ordinata, in una città affondata nella polvere radioattiva di un pianeta ormai semi-deserto e coperto di macerie. Dopo il disastro atomico, chi vuole sopravvivere deve emigrare su altri pianeti, e chi resta è condannato ad una lenta morte da radiazioni.
    Emigrate o Degenerate, è l'appello impietoso delle autorità. I sintomi sono l'alterazione delle capacità intellettive, che rende "chickenhead" (cervello di gallina), seguita dalla deviazione genetica, spettro di possibili mutazioni della specie. La sorte di chi viene colpito, nonostante l'uso della Braghetta in Piombo Montybank, è la sterilizzazione e la conseguente cancellazione dalla società; poi, inesorabile, sopravviene la totale disgregazione fisica e mentale. Rick Dekard vive in un mondo inchiostro e cenere, in cui il sole non è più visibile e il genere umano è ormai alla fine, destinato a scomparire sotto i rifiuti, la "palta" che giorno dopo giorno implacabilmente soffoca ogni cosa. Il suo bersaglio sono gli androidi, costruiti per rendere accettabile ai coloni la vita su altri pianeti, il cui capostipite è naturalmente un soldato-robot figlio del conflitto di cui nessuno ricorda più il vincitore. Questi "mecha" sono nient'altro che sofisticati congegni bio-elettronici sempre più perfetti, dotati di esistenze plausibili e falsi ricordi, il cui desiderio è tuttavia tornare clandestinamente sulla Terra. Rick Deckard ha il compito di individuare e "ritirare" questi scomodi figli della tecnogia umana, troppo simili ai loro creatori e quindi pericolosamente indistinguibili; l'unico particolare che li differenzia è la mancanza di empatia, cioè di consapevolezza e di partecipazione emotiva verso qualsiasi cosa. Almeno così sembra. Ma ad un certo punto questo equilibrio si spezza, quando Deckard riceve l'incarico di ritirare, "terminare" si potrebbe dire, un gruppo di replicanti particolarmente evoluti e... praticamente umani.
    In un mondo in cui tutto muore, l'unico valore a cui quel che resta dell'umanità rimane tenacemente attaccato è proprio il senso empatico di condivisione dei sentimenti, ricreato e rafforzato artificialmente mediante le scatole del Predicatore Wilbur Mercer. Oppure attraverso la cura di animali elettrici, copie robotizzate di quelli veri ormai quasi del tutto estinti. Quello che l'Agente Deckard non può prevedere, che nessuno può prevedere, è la odd ratio del fattore umano: se una pecora elettrica è sufficiente per affermare il proprio stato sociale o per ricreare artificialmente quello che prima dell'armageddon era un normale e comune sentimento dell'uomo, allora è possibile affezionarsi e forse amare anche un androide.
    È una lunga giornata quella che aspetta il protagonista di questo romanzo (scritto da Dick nel 1968, in piena guerra fredda e neo-sviluppo tecnologico), giornata in cui la realtà sembra disgregarsi in un mosaico confuso all'interno del quale i replicanti sembrano più umani, per certi versi, degli uomini veri e propri. Deckard perde a poco a poco la sua capacità di distinguere ciò che è reale da ciò che è artificiale, compresa la sua stessa natura: l'incontro con Rachael, androide senza saperlo, lo porterà alla scoperta di un nuovo e angosciante modo di essere "vivi", tema che compare anche in un altro racconto assai vicino a questo, "La formica elettrica", in cui il protagonista, un confuso presagio di The Matrix, scopre di non essere un uomo ma un androide.
    L'interrogativo di fondo è, infatti: "se Dio ha creato l'uomo a sua immagine, cosa succede quando è l'uomo a creare sé stesso?" O meglio: "cosa significa essere umani?" La confusione di ruoli che ne deriva provoca nel protagonista di D.A.D.O.E.S. una catena di pensieri secondari, in cui la sua stessa umanità viene messa in discussione: androidi che hanno paura ammirando per l'ultima volta l'Urlo di Munch; umani incattiviti e schiavi dei modulatori d'umore, senza i quali la sopravvivenza nervosa è impossibile; replicanti che, in una delle scene più crudeli del libro, si mettono a mutilare per curiosità un preziosissimo ragno vero; impiegati statali che sognano di arrivare a possedere una pecora viva al posto di quella elettrica, finta, che hanno sul tetto di casa. E, accanto a questi, la tenera figura di Isidore, contaminato, cervello di gallina e subumano, tuttavia con una sua altissima dignità; forse l'unico capace ancora di provare sentimenti come simpatia, compassione, amicizia. Isidore è il solo che ha il coraggio di ascoltare il "rumore del silenzio", la voce del vuoto sconsolato che lo circonda come un'infinita scarica elettrostatica, in cui nulla è in grado di opporsi all'entropica avanzata della palta, del disordine indifferenziato che tutto inghiotte; ed è l'unico che cerca, disperatamente, di combattere per il proprio spazio di vita. Disprezzato dagli stessi androidi, Isidore rappresenta l'ultimo esempio di umanità perduta, capace di spegnere il televisore e cercare, faticosamente, un contatto reale.
    I livelli di lettura di questo romanzo sono molteplici, da quello avventuroso-futuristico, perfetto per la trasposizione hollywoodiana di Blade Runner, passando dal cyberpunk fino a quello mistico religioso. Il denominatore comune, nell'universo sgretolato di Dick, è che tutto è falso, diverso da quello che sembra e che dovrebbe essere: gli androidi sono l'imitazione fasulla dell'uomo, a metà tra una nuova forma di schiavitù e una minaccia disumana per i loro stessi costruttori; il conduttore dell'unico e onnipresente programma televisivo, Buster Friendly and his Friendly Friends, è in realtà un androide, e rivela l'inganno che lui stesso rappresenta; gli uomini, i poliziotti, come Phil Resch, appaiono più freddi e cinici dei loro "obiettivi" da ritirare, e anche l'identità umana di Deckard, in un passo del libro, viene messa in discussione. Anche la religione è un trucco, o meglio un trucco nel trucco, perché il predicatore virtuale Mercer e la sua rassegnazione cosmica sono in realtà il frutto di un vecchio STUDIO Cinematografico ormai inghiottito dalla palta, e tuttavia l'attore-Mercer esiste ed ha una sua verità religiosa da rivelare:
    "Questa è la condizione della vita: essere costretti a violare la propria identità. Prima o poi, ogni creatura vivente deve farlo. È l'ombra finale, la sconfitta della creazione."
    Leggendo il romanzo, sembra di affondare in sabbie mobili fatte di specchi, dove le cooordinate sfuggono e cambiano in continuazione. Fantascienza, sicuramente, ma la componente fantascientifica è, in ultima analisi, superficiale, un vestito duttile per rendere corporee le incertezze della psiche. Le ingegnose tecnologie non vengono spiegate, hanno il loro senso solo nell'evocazione della non-realtà dickiana, di cui l'androide costituisce l'esempio più ricorrente, il lato più oscuro, il simbolo della definitiva perdita d'identità.
    È curioso come gli aspetti marcatamente tecnologici del romanzo di Dick, antecedente all'era del computer, ne preannuncino alcuni aspetti verosimili e inquietanti: la empathy box (con schermo e manopole) - per connettersi in rete si potrebbe dire - la televisione che si insinua ad occupare il vuoto lasciato dalla vita tangibile, la creazione di un vero e proprio mondo alternativo virtuale che implacabilmente si fonde con quello reale fino a prenderne il posto. In Modello Due, l'androide ha come obiettivo crudele e immotivato la spietata estinzione della razza umana, e in Impostor ne è l'inconsapevole strumento, ma in D.A.D.O.E.S. si osserva una svolta: le "intelligenze artificiali" capiscono di essere tali pur sognando di essere umane, tuttavia rimangono comunque e sempre un'imitazione della Creazione. Se in Asimov troviamo un positivismo tecnologico che prevede comunque un progresso, il futuro di Dick non concede scampo: con i suoi androidi e i loro sogni artificiali, egli descrive i lati più oscuri della psiche umana, l'intrusione sempre più pressante di altre realtà parallele. In un saggio del 1976, l'autore californiano scrive: "...l'intero universo è una sorta di enorme laboratorio, da cui provengono scaltre e crudeli entità, che ci sorridono tendendoci la mano. Ma la loro stretta è quella della morte, e il loro sorriso è di un gelo tombale."
    Si perde quindi il contatto con il mondo "vero " (come viene detto angosciosamente ne Il mondo di Jon), le visioni diventano sempre più tangibili e rendono la realtà un universo di ombre vaghe e indistinte, offuscato da qualcosa di "altro" che, inesorabilmente, cresce.
    Nel momento in cui Deckard si rende conto di provare pietà (e non solo) per gli androidi che deve eliminare, l'empatia esclusivamente umana si è dilatata e il salto è compiuto: il senso stesso dell'amore ne viene contaminato, e il possesso della donna androide, in uno slancio disperato e "contro natura" che lo porterà a tradire la sfinita e nevrotica moglie, rappresenta il culmine di questo processo.
    I simulacri moriranno tutti, come vuole la legge, tranne Rachael, che sparirà nel nulla dopo aver ucciso la tanto agognata pecora nubiana del suo amante-persecutore. Ma, quando la lunga giornata di Rick Dekard arriverà alla fine, la sua unica possibile consolazione sarà la ricerca di una qualsiasi forma di vita, reale o elettrica forse non importa, nella solitudine del deserto. La condivisione empatica della sua sofferenza con il resto del mondo è perduta, assieme alla certezza della propria identità e dei propri sentimenti e anche di un ultimo contatto umano con chi ne è stato escluso: persino Isidore, inorridito dal massacro finale, lo rifiuta. All'Eroe non rimane che tornare a casa, e quel che resta dell'umanità proverà ancora a sognare.


    Edited by Fa} - 29/1/2013, 11:02
     
    Top
    .
  2.  
    .
    Avatar

    Biting's excellent.
    It's like kissing.
    Only there's a winner.

    Group
    Amministratori
    Posts
    24,459
    Location
    Bologna

    Status
    offline
    A me non piace Dick... ho provato a leggere più libri, in diversi momenti della mia vita, ma non sono mai riuscita ad apprezzarlo.

    Credo che la trasposizione cinematografica di "Do androids..." sia una delle poche che batte nettamente la forma cartacea.

    Il libro è molto più caotico e confuso, oltre che cupo e privo di speranza (come ho trovato quasi tutti i libri di Dick)... con un finale che sembra tirato via rispetto alla complessità della trama.

     
    Top
    .
  3.  
    .
    Avatar
    Group
    Amministratori
    Posts
    5,527

    Status
    offline
    Io amo philip dick, e amo blade runner
    ma non ho mai letto questo libro.
     
    Top
    .
  4. Fa}
     
    .

    User deleted


    Riletto per il GDL!
     
    Top
    .
  5.  
    .
    Avatar

    Lascio che le cose mi portino altrove

    Group
    Amministratori
    Posts
    21,961

    Status
    offline
    Letto anche io per la prima volta.................
    Concordo con Taksya:
    CITAZIONE (taksya @ 28/9/2010, 15:38) 
    Credo che la trasposizione cinematografica di "Do androids..." sia una delle poche che batte nettamente la forma cartacea.

    A breve un commento più sostanzioso
     
    Top
    .
  6.  
    .
    Avatar

    Lascio che le cose mi portino altrove

    Group
    Amministratori
    Posts
    21,961

    Status
    offline
    Allora, eccoci.
    Il libro mi è piaciuto.... ni.
    Mi è piaciuta l'atmosfera tetra, angosciante, mi è piaciuta la caratterizzazione dell'ambiente, della Terra nei suoi giorni sotto la polvere radioattiva, mi è piaciuta la città di San Francisco, abbozzata nei suoi infiniti palazzi vuoti e decadenti.... L'atmosfera che è resa perfettamente nel film, direi. Per il resto, come scritto sopra, trovo il film nettamente superiore al libro, penso che sia la seconda volta che mi capita in assoluto =)
    Nel libro ho trovato delle scene "insolute", un po' grossolane, che mi hanno sorpreso.
    una, ad esempio, è quando J R Isidore va da Pris per la prima volta e le nomina il tipo della tv, Buster, ma lei non lo conosce e poi invece c'è la scena del suo annuncio...
    Altra cosa è che Rachel all'inizio sembra che non sappia di essere un androide, dopo invece si capisce che ne era consapevole da sempre però questa cosa l'ho trovata un po' insoluta.
    Infine la faccenda del test Bonelli: dove, come è stato sviluppato? perché non lo sa nessuno di quelli che lavorano con Deckard?

    A parte queste cose, che non sono minuzie, mi è piaciuto tutto il discorso sull'empatia... sugli animali, sull'importanza della loro cura.
    Certo, tante cose sono appena accennate, anche il Mercerismo e la figura di Mercer, o l'egira su Marte eppure nonostante la brevità riescono a delineare un quadro piuttosto completo e coerente.
    Per quanto riguarda i personaggi forse Deckard l'ho trovato abbastanza profondo perché gli ho sovrascritto i caratteri filmici, e difatti Rachel, che è così diversa, non mi ha convinto affatto, così come gli altri androidi....
    senza contare che nel libro manca la scena della lotta con Roy Baty, ahime!

    Sì, temo che la visione ripetuta, continua e adorante di Blade Runner mi abbia influenzato troppo in questa lettura non permettendomi di godermela pienamente in maniera autosufficiente....

    Se v'interessa su questo libro google books)c'è un approfondimento fighissimo....

    Edited by taksya - 7/2/2019, 09:22
     
    Top
    .
  7. Elianto782
     
    .

    User deleted


    tra l'altro Roy Baty non è il figaccione del film reso celebre da quella frase fighissima?


    CITAZIONE
    Io ne ho viste cose che voi umani non potreste immaginarvi. Navi da combattimento in fiamme al largo dei bastioni di Orione... e ho visto i raggi B balenare nel buio vicino alle porte di Tannhäuser. E tutti quei momenti andranno perduti nel tempo come lacrime nella pioggia. È tempo di morire

    Concordo con i vostri commenti e credo che Dick non farà mai breccia nel mio cuore libresco ^^

    Mi sono piaciute molto le descrizioni dei palazzi decadenti, dei luoghi desertici e anche a me è piaciuta molto la parte riguardante l'empatia. Insomma: rispetto al primo Dick che lessi c'è forse una fantascienza che finalmente si appalesa ma che comunque non riesce a conquistarmi; nonostante ciò è stata una lettura molto piacevole e scorrevole ^_^

    Gli daremo un'ulteriore chance con Ubik, che ho cartaceo
     
    Top
    .
  8. editmanivan
     
    .

    User deleted


    Letto poco fa, molto bello, anche se non al livello di Ubik o de Le tre stimmate di Palmer Eldritch. I temi sono sostanzialmente gli stessi ( e questo è un aspetto positivo :D )
    Per quanto riguarda il film a me non è piaciuto per niente, probabilmente perchè dopo aver letto il libro mi aspettavo qualcosa di simile.
     
    Top
    .
  9. MagentaLips
     
    .

    User deleted


    L'ho riletto da poco, per quanto adori Dick sinceramente non ho capito bene cosa volesse dire. Alla prima lettura è bastato poco perché mi venissero molto in antipatia gli androidi, e con questo pregiudizio sono andata avanti per tutto il libro, tifando loro contro e prendendo per scemo Deckard che mostrava per loro una certa empatia, così come Isidore.
    Nella rilettura sono partita con l'idea di non farmi condizionare e cercare di immedesimarmi in uno degli androidi ma è impossibile. Nonostante abbia raffinato un po' la mia sensibilità nei loro confronti, sono delineati in maniera anche contraddittoria, con un'ansia di provare ciò che provano gli umani
    (fuggono, si ribellano, si nascondono insieme, costruiscono società per la loro salvaguardia
    ma al contempo indicibilmente freddi ed egoisti e anche stupidi. Mi sono sorpresa invece a simpatizzare molto per il povero Isidore, forse il personaggio che mi è piaciuto di più. Il tormento interiore di Deckard è intrigante ma comunque non mi convince. Mi chiedo come faccia invece a non odiare a morte quei cosi. Nonostante tutta la mia buona volontà io non riesco non detestarli, in un modo o nell'altro.
    Poi effettivamente è molto cupo, non me lo ricordavo così tremendamente pessimista e rassegnato, molto più di Eldritch e Ubik che comunque rimangono sempre "aperti" a mille ribaltamenti di prospettive. Mi è piaciuto l'aspetto mistico delineato dal Mercerianesimo
    e anche il fatto che sia una patacca, ma nonostante questo il suo culto non cesserà mai, che è forse l'unico elemento di speranza che c'è nel libro... anche se il fulcro del Mercerianesimo è che speranza non ce ne è :D

    Quello che mi salta all'occhio avendo riletto di fila Ubik, le Stimmate e gli Androidi, è una cosa che avevo già notato nei primi due e qui ritorna, ovvero che gli elementi "malvagi" non lo sono praticamente mai per vera e propria cattiveria. Il compiere azioni che la morale umana normalmente condannerebbe perché ci riscopriamo esseri empatici, è qualcosa di cui i surrogati non si rendono quasi conto, lo fanno candidamente e sembra quasi per loro natura. È come se fosse proprio una specie diversa da quella degli esseri umani, un po' come un leone che azzanna un poppante e se lo mangia semplicemente perché ha fame e non per cattiveria. Questo elemento c'era pure negli altri due libri.

    Blade Runner mi è piaciuto molto, ma è parecchio distante dall'opera scritta, lì è anche più chiaro dove voglia andare a parare, nel libro no. Al contempo però è più "mainstream" (diciamo), insomma doveva essere più godibile del libro per esigenze di mercato e questo dal paragone risulta palese.
     
    Top
    .
8 replies since 28/9/2010, 13:11   252 views
  Share  
.